La facciata absidale prima del crollo del tetto e della cupola
Si tratta di un monastero costruito nel 984 da un gruppo di monaci basiliani, guidati da San Vitale da Castronuovo, che trovarono nella grotta di monte Raparo - già dedicata al culto dell'Arcangelo Michele - circondata da vegetazione rigogliosa, una dimora stabile e sicura per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste che vessarono molti nuclei di monaci bizantini, costretti a cercare rifugio nelle zone più interne e impervie della Calabria, della Puglia e della Basilicata (come la zona del Raparo), considerata a quei tempi inaccessibile.
La facciata absidale come si presenta attualmente dopo i lavori di restauro non ancora ultimati.
Il katholikon del monastero, edificato al di sopra della grotta, presenta una pianta a navata unica voltata a botte e incrociata da un transetto rudimentale anch'esso voltato a botte. Lateralmente si aprono delle piccole cappelle, le cui volte, simili alle precedenti, si elevano fino al livello della botte centrale. Nel mezzo, su quattro mensoloni ad angolo, s' innalza il tamburo cilindrico, su cui poggia la cupola. All'esterno il tamburo della cupola e l'abside aggettante all'esterno sono decorati con archetti leggermente rilevati. La cupola a calotta è ricoperta da un tetto a gradini.
Della decorazione a fresco si distinguono oggi a malapena alcune figure di santi vescovi disposte in fila nel registro inferiore dell'abside. I santi tengono in mano dei lunghi cartigli che recano scritti in greco salmi in lode dell'Onnipotente. Alcuni sono vestiti con le cappe ornate dalle croci nere dei monaci basiliani e tutti indossano l'omophorion che ne attesta la dignità vescovile.
Secondo le scarse notizie reperibili nelle fonti scritte nell'abside era raffigurata la Comunione degli Apostoli, mentre sul muro a sinistra prima dell'innesto dell'abside, al di sopra dell'altare della prothesis, era raffigurato San Lorenzo, uno dei diaconi della Chiesa, che aveva il compito di assistere il sacerdote ed aiutarlo a distribuire l'eucarestia.
La grotta sottostante è ricca
di stalattiti e stalagmiti, con numerose gallerie e vasche a più
gradini, bagnate dalle acque della fonte Trigella (dal latino trigelida =
molto fredda). Questa ha la particolarità di produrre acqua solo in
primavera e in estate, per poi essiccarsi completamente in inverno.
L'umanista Giovanni Pontano nel poema Meteore (1505)
narra che la fonte è legata alla leggenda della ninfa Ripenia
che, per sfuggire al fauno Crapipede, si rifugiò nelle vasche della
Trigella. Il fauno per vendicarsi fece prosciugare la sorgente e rese
l'acqua non potabile.
Poco dopo l'ingresso si aprono, scavate nel tufo, delle celle, e su una delle pareti dell'angusto corridoio, per cui si accede all'interno, si vede dipinto un religioso inginocchiato davanti alla figura dell'arcangelo Michele rappresentato in abiti regali e con il globo crucigero nella mano sinistra databile all'XI secolo.
Poco dopo l'ingresso si aprono, scavate nel tufo, delle celle, e su una delle pareti dell'angusto corridoio, per cui si accede all'interno, si vede dipinto un religioso inginocchiato davanti alla figura dell'arcangelo Michele rappresentato in abiti regali e con il globo crucigero nella mano sinistra databile all'XI secolo.
Dopo il progressivo
abbandono, probabilmente nel corso del XVI secolo, dell'insediamento
monastico – trasformato in abbazia con il subentrare dei monaci
benedettini tra il 1291 ed il 1308 – alcuni dei suoi pregevoli
arredi furono trasferiti nella chiesa matrice del paese di San
Chirico, dedicata ai SS. Pietro e Paolo, dove ancora si trovano.
Il polittico attribuito a
Simone da Firenze: attualmente collocato nel presbiterio a
sinistra dell'altare maggiore, fu eseguito nel 1531 circa. Nella
predella – opera probabilment di mani d'aiuto - è raffigurata
l'Ultima cena. Nel registro sovrastante, da sinistra a destra:
San Benedetto, San Michele Arcangelo e San Gregorio Magno. Ai piedi
di San Gregorio e di San Benedetto sono inginocchiati
rispettivamente, come recita l'iscrizione, Antonio di Sanseverino,
che fu abate dell'abbazia di Sant'Angelo e Ugo di Sanseverino, conte
di Saponara, committenti dell'opera. Nel registro superiore sono
raffigurati la Natività al centro con Santa Lucia e San
Donato nelle tavole laterali. Nella cimasa, al centro l'Altissimo,
affiancato dalla Vergine Annunciata e dall'Arcangelo Gabriele.
Al di sopra dell'altare maggiore spicca un Crocefisso ligneo del XIV secolo proveniente anch'esso dall'abbazia di sant'Angelo.
Fantastico...
RispondiElimina