Tor Fiscale
Tra
il terzo e quarto miglio della via Latina, gli antichi acquedotti
della Claudia
e della Marcia
s'incrociavano due volte in 300 metri, formando uno spazioso trapezio
di oltre due ettari. Questo terreno si prestava bene a essere
trasformato in una sorta di castello fortificato dal quale si
potevano controllare la via Latina e la via Appia, cosa che fecero i
goti di Vitige durante l'assedio (537-538) chiudendo le arcate degli
acquedotti con muri di pietra e fango. Vitige fece inoltre tagliare
gli acquedotti per interrompere il rifornimento idrico della città e
vi stanziò un presidio di 7.000 uomini (Procopio, Bellum
Gothicum).
La linea marrone corrisponde all'Acqua Felice, quella tratteggiata al tragitto dell'Aqua Marcia
In
seguito all'occupazione dei goti, il luogo assunse il toponimo di
Campus
Barbaricus:
con tale denominazione è ricordato in una epigrafe del 687 del papa
Sergio I (687-701) e dal regesto di papa Gregorio II (715-731).
Oggi
purtroppo non è facile immaginare che aspetto avesse questo campo
fortificato; infatti, da una parte, l’acquedotto Marcio è stato
demolito per far posto all'acquedotto Felice (1585-1587), dall’altra,
l'acquedotto Claudio è stato quasi completamente smantellato nel
corso dei secoli al fine di poterne riutilizzare i materiali in nuove
costruzioni.
Sull'angolo nord-est
de Campo Barbarico sorge la cosiddetta Torre del Fiscale.
La torre è una
delle più ragguardevoli costruzioni del genere esistenti nella
Campagna Romana ed è visibile anche da molto lontano, percorrendo la
via Appia Nuova.
Robustissima e
piuttosto ben conservata, la torre si eleva per circa 30 metri al di
sopra di uno degli incroci degli acquedotti della Claudia e della
Marcia. È quadrata ed è rivestita in tufelli inframmezzati da
alcuni filari di mattoni. Ha piccole finestre rettangolari, alcune
delle quali conservano ancora stipiti marmorei (due per lato
sovrapposte), feritoie, fori delle travature in tredici ordini e,
sulla sommità, canali di scolo in marmo.
Nell'interno si
scorgono le tracce di tre piani coperti con volte ora precipitate,
mentre si conserva l’intera volta sulla sommità, in cui si apre un
foro circolare sul lato ovest.
Sempre sul lato
ovest, è da notare in basso un piccolo arco a sesto ribassato,
costruito forse per far scaricare il peso dello parete sovrastante
sulle fondazioni degli acquedotti antichi. Resti dell'arco con cui l' Aqua Claudia scavalcava la Marcia
sono invece inseriti nella parte orientale della muratura.
La torre era
circondata da un antemurale, in blocchetti di tufo e mattoni; sino
alla metà del XX secolo se ne potevano scorgere alcuni tratti lungo
il lato nord.
Un
tratto di muro in tufelli, con un ordine di fori per le travature, è
invece ancora visibile davanti alla torre sul lato ovest, dall’altra
parte della strada; difficile a dirsi se si tratti di un resto
dell’antemurale o di un edificio annesso alla fortificazione.
La
costruzione della torre, in base alla tecnica costruttiva, dovrebbe
risalire al XIII secolo. In questo senso, i dati architettonici sono
coerenti con le fonti archivistiche; infatti, il primo ricordo della
torre cade nell'anno 1277, quando Riccardo Annibaldi cedette a
Giovanni del Giudice la Tenuta chiamata Arcus
Tiburtinus,
con torre e renclaustro.
La
denominazione di Fiscale,
attribuita al fondo e quindi alla torre, non compare invece prima del
secolo XVII. Tale denominazione deriva dal fatto che la tenuta
appartenne al
Fiscale,
o tesoriere pontificio: da fonti d'archivio sappiamo infatti che
intorno al 1650, il monsignor fiscale Filippo Foppi chiese al
Capitolo Lateranense una derivazione dell'acqua della Marana per la
sua vigna si trovava in questo fondo.
Mausoleo del Campo Barbarico
Noto anche come "la Casaccia"
è un edificio funerario in laterizi del II sec. che si trova al III
miglio della Via Latina, all’incrocio tra l'attuale via del Campo
Barbarico (che si sovrappone in questo tratto al tracciato
dell'antica via Latina) e via Monte d’Onorio (quadrato rosso sulla
mappa).
E' un sepolcro del tipo “a tempietto”
impostato su due piani, ha la facciata completamente rifatta, mentre
gli altri lati sono originali.
La tomba era probabilmente preceduta
da una gradinata giacché il basolato dell'antico piano stradale è
stato ritrovato a circa due metri e mezzo di profondità rispetto a a
quello della soglia d'ingresso.
La camera sepolcrale presenta nella
parete di fronte una grande nicchia rettangolare coperta da un arco
tra due nicchie più piccole mentre sugli altri due lati si trovano -
in numero di tre per lato – degli stalli rettangolari pavimentati a
mosaico e destinati ad accogliere i sarcofagi.
Al piano superiore, dove si svolgevano
le cerimonie funebri, si osserva una grande nicchia centrale absidata
con lacerti di decorazione a stucco, sormontata da doppio timpano e
inquadrata da due nicchie a scarsella con incorniciature
architettoniche in laterizio.
Il livello superiore della parete frontale
Tra la camera sepolcrale e quella
superiore a cui si accedeva per mezzo di scale lignee si trovava una
sorta di ballatoio anch'esso in legno. La ricostruzione dell'interno
è stata possibile grazie a due disegni molto dettagliati fatti da un
viaggiatore del XVI secolo, probabilmente portoghese, oggi conservati
nella Royal Library di Windsor.
Come altri monumenti
funerari del suburbio, anche questa tomba, demolito il ballatoio,
venne in epoca moderna utilizzata come fienile.
Aqua Marcia, Aqua Claudia e Acqua Felice
L'acquedotto
dell'Aqua Marcia fu fatto edificare nel
144 a.C. dal pretore Quinto Marcio Re al quale, per la realizzazione
dell'opera, fu anche prorogata la naturale scadenza della
magistratura. Raccoglieva l'acqua dall'alto bacino dell'Aniene
attingendola direttamente da una delle sorgenti.
Era lungo circa 90
km. ed aveva un percorso in gran parte sotterraneo, per 11 km.
scorreva invece su grandi arcate monumentali.
Nel 1585, appena
eletto al soglio pontificio, papa Sisto V (al secolo Felice Peretti
da cui il nome di Acqua Felice)
diede ordine a Matteo Bartolani di costruire un nuovo acquedotto che
avrebbe dovuto insistere sull'antico tragitto dell'Aqua Marcia
integrandone i resti, al fine di servire la sua vasta propietà
sull'Esquilino (Villa Montalto). L'architetto sbagliò però il
calcolo della pendenza ed ad un certo punto del tragitto, l'acqua
cominciava a rifluire verso le sorgenti. Fu quindi chiamato
l'architetto Giovanni Fontana a correggere gli errori del collega.
L'Acquedotto Felice nei pressi della Torre del Fiscale
La costruzione
dell’Aqua Claudia fu iniziata nel 38 dall’imperatore Caligola e
fu terminata sotto il principato di Claudio nel 52; pare tuttavia che
l’acquedotto fosse già attivo nel 47, cinque anni prima della sua
ultimazione.
Captava l’acqua
dai piccoli laghi formati da due sorgenti, situate nell’alta valle
dell’Aniene, a poca distanza da quelle
che davano origine all’Acqua Marcia.
Era lungo quasi 70
km, dei quali circa 16 in viadotto di superficie, di cui circa 11 su
arcuazioni e 5 su ponti.
Dalla località “Arco
di Travertino” l’acquedotto risulta variamente danneggiato a
causa della costruzione dell’Acquedotto Felice. Venne distrutto
l’arco origine del toponimo che consentiva all’acquedotto
l’attraversamento della via Latina; più oltre, lungo il vicolo del
Mandrione, che corre tra i condotti dell’Aqua Claudia e dell’Aqua
Marcia, i pilastri sono forati per il passaggio del nuovo acquedotto,
che corre più in basso; un altro tratto è completamente perduto
(sempre per la realizzazione dell’Acquedotto Felice) fino alle
ultime 40 arcate circa prima di giungere a Porta Maggiore, oggi
inglobate nelle Mura aureliane.
Arcate dell'Aqua Claudia nei pressi della Torre del Fiscale
A sinistra si nota una
doppia arcata dell'originaria struttura claudia in blocchi di tufo e
peperino al di sopra dei quali sono visibii resti dello speco
dell'Anio Novus (un acquedotto costruito praticamente nello stesso
periodo e che in questo tratto si appoggiava alle strutture dell'Aqua
Claudia).
La seconda arcata mostra
i segni di un intervento di restauro che probabilmente risale ai
lavori fatti eseguire da papa Adriano I nel 776. Una muratura in
laterizi di reimpiego con ricorsi di blocchetti di travertino
rifodera completamente i piloni originari occludendo quasi del tutto
lo spazio libero sotto l'arco.
Nelle due arcate ancora più a destra nell'immagine, sono visibili le impronte lasciate sulla malta dai blocchi di tufo asportati dai pilastri e reimpiegati nella costruzione dell'Acquedotto Felice.
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