Leonardo di Chio, arcivescovo di Mitilene
Leonardo di Chio nacque intorno al 1395-96 nell'isola omonima.
Entrato nell'Ordine domenicano, si distinse subito per la brillante intelligenza e venne pertanto inviato a compiere i suoi studi in Italia.
Nel 1426 era sicuramente a Genova, presso il convento di S.Domenico.
Luigi Garibbo, Rovine del convento di S.Domenico, 1826
Museo di scultura e architettura ligure San'Agostino, Genova
Nel biennio 1426-28 il capitolo generale dell'Ordine lo inviò a Perugia come lettore delle Sentenze, per dargli modo di completare la propria formazione teologica. Conseguito il grado di magister, egli iniziò una rapida carriera nelle gerarchie ecclesiastiche che lo condusse a essere nominato, già nel 1428, vicario generale della Congregazione dei fratres peregrinantes in Oriente in sostituzione del confratello Andreas Chrysoberges, incaricato di una legazione in Polonia. In tale veste fece ritorno a Chio, sede del suo ufficio.
Nel 1430 venne nominato inquisitore d'Oriente della stessa Congregazione, incarico confermatogli da papa Eugenio IV con una bolla del 1431 e che ricoprirà per circa dodici anni.
Il 28 giugno 1444, probabilmente su pressione del signore di Lesbo Dorino Gattilusio, fu nominato arcivescovo di Mitilene.
Nel 1449, facendo conto sulle sue influenti amicizie, Dorino Gattilusio inviò Leonardo alla corte papale quale ambasciatore per trattare la questione della dispensa necessaria per il matrimonio del suo erede Domenico con una cugina, figlia di Palamede Gattilusio signore di Enos. Durante il suo soggiorno presso la Curia l'arcivescovo ottenne alcuni privilegi personali (tra cui la rendita sulla chiesa dei Ss. Pietro e Paolo dei Veneziani a Costantinopoli, la facoltà di testare e l'unione alla sua arcidiocesi delle diocesi di Chio e di Focea Vecchia e Focea Nuova). Scontratosi con la ferma opposizione alla concessione della dispensa da parte del doge di Genova Ludovico Fregoso, genero di Palamede Gattilusio, Leonardo si recò a Genova per un incontro con lo stesso Fregoso, del quale seppe conquistarsi comunque la fiducia; tornò quindi alla fine dell'anno a Mitilene, dove molto probabilmente non fu estraneo alla scelta di Maria Giustiniani, figlia dell'ultimo governatore di Focea nuova Paride Giustiniani (1447-1455) e di cui era padre spirituale, quale moglie di Domenico Gattilusio.
Grazie ai contatti stabiliti in questa occasione, fu invitato dal cardinale Isidoro di Kiev, legato pontificio, a far parte della delegazione latina che raggiunse Costantinopoli il 26 ottobre 1452.
Nel corso delle convulse trattative fra partigiani e avversari dell'unione che si svolsero nelle settimane seguenti l'arcivescovo di Mitilene si distinse, al contrario del cardinale Isidoro, fautore di una linea più conciliante, per l'atteggiamento di assoluta intransigenza nei confronti degli antiunionisti, tra i quali spiccava il futuro patriarca Gennadios, arrivando a chiederne l'arresto all'imperatore Costantino XI per trascinarli davanti a un tribunale dell'inquisizione nominato ad hoc.
Alla fine, prevalendo le esigenze politiche su quelle dottrinali, l'imperatore impose la proclamazione dell'unione, che ebbe luogo in S.Sofia il 12 dicembre alla presenza, tra gli altri, dello stesso Leonardo.
Rimasto con il cardinale Isidoro nella capitale bizantina per vigilare sulla messa in pratica dei decreti di unione, fu direttamente coinvolto nella difesa della città, affiancando il cardinale al comando di 200 balestrieri in gran parte reclutati a Chio a cui fu affidata la difesa di un tratto delle mura marittime.
Quando la città cadde fu fatto prigioniero ma, non essendo stato riconosciuto, potè essere riscattato da un mercante genovese di Pera.
Raggiunta Chio, il 16 agosto dello stesso anno, indirizzò a papa Niccolò V la lunga e dettagliata relazione degli eventi dell'assedio e della caduta di Costantinopoli nota come Epistula de urbis Constantinopoleos captivitate che ne costituisce una testimonianza diretta.
Nel 1458, di fronte a una situazione politica che andava peggiorando costantemente, Niccolò II Gattilusio, che poco prima aveva usurpato la signoria di Mitilene assassinando il fratello Domenico, lo inviò quale ambasciatore a Genova, in Francia e in Borgogna per ottenere aiuti militari ed economici contro un probabile attacco turco.
Alcuni documenti attestano la sua presenza a Genova nel febbraio-marzo del 1459, ma non è possibile sapere se egli abbia proseguito il suo viaggio Oltralpe o se sia rimasto a Genova. È comunque certo che morì in Occidente nel corso dello stesso anno, in quanto già il 3 dicembre 1459 il papa Pio II provvide a nominare il monaco benedettino Benedetto nuovo titolare della cattedra di Mitilene, resasi vacante per la morte del titolare.
Appaiono quindi fantasiose le narrazioni che lo vogliono presente a Chio al momento della conquista ottomana (1462) e ucciso dai turchi o rocambolescamente nuovamente sfuggito ad essi ed autore della relazione de Lesbo a Turcis capta e che va invece attribuita al suo successore sulla cattedra vescovile di Mitilene.
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