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lunedì 16 aprile 2012

Santa Sofia, Costantinopoli


Santa Sofia




La chiesa fu progettata da Antemio di Tralle e Isidoro da Mileto ed edificata in cinque anni (532-537), sotto la diretta supervisione di Giustiniano, sul luogo dove in precedenza erano sorte due basiliche fatte edificare da Costantino (335) e Teodosio II (415), quest'ultima data alle fiamme durante la rivolta di Nika (532).
La nuova S. Sofia viene consacrata il 27 dicembre del 537. Secondo quanto riportato dalla Narratio de Sancta Sophia – redatta probabilmente nel IX secolo - il giorno della consacrazione, contemplando la chiesa dall'ambone, Giustiniano avrebbe pronunciato la famosa esclamazione “Salomone, ti ho vinto!”.
Successivamente, nel 562, la chiesa verrà riconsacrata dopo un restauro della cupola. L'edificio subirà nuovi restauri nel 989 e nel 1346.
Con la caduta di Costantinopoli nel 1453, la chiesa fu trasformata in moschea e in epoche successive vennero aggiunti i quattro minareti. Il primo fu fatto costruire dal Conquistatore, il secondo da Selim II (1566-1574) e il terzo da Murad III (1574-1595).
L'enorme mezzaluna di bronzo dorato fu fatta collocare sul vertice della cupola da Murad III alla fine del XVI sec., a quest'epoca risalgono anche i contrafforti eretti per rinforzare le mura perimetrali lesionate da un terremoto. Stranamente i mosaici non furono distrutti ma fatti ricoprire da Solimano il Magnifico nel XVI sec.
Abdul Mecit I fece restaurare la chiesa dai fratelli Gaspare e Giuseppe Fossati (1847-1849).
La moschea fu trasformata in museo nel 1935.
Il doge Enrico Dandolo fu tumulato in S.Sofia, sotto una pietra grigia, ancora visibile nella tribuna meridionale, con inciso il suo nome nel 1205. Nel 1453, dopo la conquista, i turchi violarono la sua tomba e ne dispersero le spoglie.

Tomba di Enrico Dandolo

L'incoronazione dell'imperatore si svolgeva nell'ambone. Il primo ad essere incoronato in Santa Sofia fu Costante II (641). Il primo a ricevere la corona dalle mani del patriarca fu invece Leone I (457). Il trono veniva posto per l'occasione al centro dell'ombelico di porpora (grande lastra di porfido circolare, circondata da altri dischi di colore diverso) a opus alexandrinum ancora visibile nella parte sudoccidentale della navata.



Dedica: secondo una leggenda la Divina sapienza apparve al figlio del capomastro durante i lavori di ricostruzione e Giustiniano decise di dedicarle la chiesa per l'aiuto prestato.



Architettura: Presenta un organismo a doppio involucro con un perimetro esterno rettangolare (m. 109 x 80), sopravanzato da un atrio, oggi non più visibile, e da un doppio nartece. All'interno lo spazio si organizza attorno ad un enorme nucleo centrale quadrato, definito da quattro pilastri da cui originano i pennacchi sferici su cui poggia la cupola traforata da 44 finestre. Attorno a questo nucleo centrale si articolano un ambulacro e, superiormente, le tribune schermate da colonne. Sui lati nord e sud, il nucleo centrale è serrato da enormi pareti fenestrate mentre in senso longitudinale si dilata in due semicupole.
Le navate laterali che formano l'ambulacro sono ripartite in tre sezioni da tre gruppi di quattro colonne. Nel primo gruppo della navata di sn (N) si trova la colonna piangente o di Gregorio il Taumaturgo cosiddetta perchè trasuda continuamente acqua ed è considerata miracolosa.
Già in corso d'opera il progetto della cupola - che rimase la più grande della cristianità (diam. 31 m.) fino alla edificazione di quella di S.Pietro quasi mille anni più tardi - si rivelò troppo audace, provocando delle deformazioni della struttura e crollando definitivamente con il terremoto del 558. I lavori di ripristino furono affidati a Isidoro il giovane, nipote di Isidoro da Mileto, che provvide a ispessire i pilastri, rafforzò le pareti nord e sud chiudendo alcuni finestroni e realizzò la nuova cupola sopraelevandone l'imposta di circa sette metri.
I marmi utilizzati per la costruzione di S.Sofia provengono dalle maggiori cave del bacino del Mediterraneo. La storia che le colonne provengano dal tempio di Artemide di Efeso sembra assurda. Le uniche sicuramente di spoglio sono infatti quelle di porfido egiziano delle esedre, tutte di altezze differenti come testimoniato dall'uso di piedistalli diversi per ognuna di esse. La decorazione interna, in origine, era composta esclusivamente da motivi floreali o geometrici, scelta che prelude al periodo iconoclasta, i mosaici con figure rinvenuti sono pertanto tutti posteriori all'867. Il primo ad essere stato realizzato è quello nella conca absidale raffigurante la Vergine con il Bambino.


Mosaici
1. (nel timpano della porta che attualmente introduce all'endonartece, sul lato meridionale della chiesa, la cosiddetta Porta Bella)


La Vergine in trono con il Bambino con ai lati Costantino il grande nell'atto di donarle la città e Giustiniano che le offre il modellino della chiesa di S.Sofia. Fatto realizzare da Basilio II nel 989 o nel 1019, in occasione della sua vittoria sui bulgari.


La posizione della Vergine - rivestita dal maphorion - e del Bambino (compreso l'avanzamento del piede sinistro per conferire profondità) dipendono fortemente dalla Theotokos dell'abside da cui si discostano per una diversa concezione dello spazio come si nota nel forte ribaltamento della prospettiva del suppedaneo.

Nel vestibolo che precede l'ingresso al nartece vero e proprio era probabilmente localizzato il mosaico, oggi perduto, raffigurante l'arcangelo Michele con la spada sguainata come in atto di difendere la chiesa, descritto da Niceta Coniata.
Le porte di bronzo che introducono al vestibolo (da cui attualmente in realtà si esce al termine della visita) risalgono al II sec. a.C. (le croci vennero aggiunte successivamente) e furono trasportate qui dall'isola di Tarso durante il regno dell'imperatore Teofilo (829-842).

2. (nel timpano della porta centrale, imperiale, che dall'esonartece introduce alla chiesa)
Cristo in trono che regge il vangelo su cui è scritto: 'la pace sia con voi [Giov. 12,46], io sono la luce del mondo' [Giov.8,16] , ai lati 2 medaglioni con Maria in atteggiamento supplice e l’arcangelo Gabriele. Davanti a lui un imperatore prosternato non identificato da alcuna epigrafe (Basilio I o Leone VI).



Leone VI (886-912) contrasse matrimonio quattro volte al fine di assicurarsi un erede, mentre la chiesa bizantina proibiva il terzo matrimonio. Questo spiegherebbe la sua prosternazione ai piedi del Cristo.
Nel suo De Caerimoniis, comunque, Costantino porfirogenito accenna alla proskynesis che l’imperatore compiva prima di attraversare esattamente la porta al di sopra della quale è posto il mosaico.
Più recentemente si è tornati ad identificare l'imperatore in Basilio I, datando quindi il mosaico a ridosso del 870. La proskynesis sarebbe infatti rivolta non solo al Cristo ma anche alla Vergine e all'arcangelo Gabriele sottolineando la rinnovata liceità del loro culto, in questa chiave i versetti di Giovanni alluderebbero alla pace ripristinata dall'imperatore che chiuse ufficialmente la controversia iconoclasta.

3. (Nel catino absidale)
La Vergine con il Bambino.


L'originaria decorazione giustinianea del catino non è nota, dato però lo spazio ristretto tra le cinque finestre che si aprono alla base della curvatura e l'apice del catino, non doveva trattarsi di una composizione di ampio respiro. La stessa Vergine in trono oggi visibile appare infatti come forzata in uno spazio che non ne prevedeva la presenza.
Può essere datato con precisione al 867 per via dell'iscrizione un tempo leggibile lungo il bordo della conca absidale – tramandataci dalla Antologia palatina – che dice “le immagini che gli impostori avevano qui abbattuto, i pii imperatori hanno ripristinato”. Questi ultimi sarebbero Michele III e Basilio I che regnarono insieme per pochissimo tempo. Il ritorno all'Ortodossia fu solennemente celebrato alla presenza di questi due imperatori con l'inaugurazione di questa immagine come si deduce dall'omelia del patriarca Fozio del 29 marzo 867.
Su fondo dorato campeggia la Vergine in trono con in braccio il Cristo Bambino. La Vergine è caratterizzata da un volto insolitamente giovanile. L’atteggiamento di Maria è naturale e disinvolto: la gamba sinistra è proiettata in avanti, mentre la destra è piegata verso il trono, secondo la tradizione. Il trono è senza schienale, molto ampio, e con suppedaneo: sia il trono che il suppedaneo sono decorati con gemme.

4. (nella tribuna meridionale)
A. Mosaico eseguito nel 1030 circa, raffigurante attualmente l'imperatrice Zoe con il suo terzo marito, Costantino IX Monomaco (1042-1055), la cui faccia fu dipinta sopra quella del suo predecessore Romano III Argiro intorno al 1042; la faccia del Cristo fu a sua volta ridipinta per renderla somigliante a quella del nuovo imperatore secondo il principio della christomimesis, così come furono ridisegnati i tratti dell'imperatrice che, al momento del suo terzo matrimonio aveva ormai sessant'anni. I sovrani sono ritratti nell'atto di offrire al Cristo l'apokombion (borsa contenente almeno 3 chili di pezzi d'oro) e il rescritto dei privilegi concessi alla chiesa di S.Sofia.


L'imperatore ha il capo cinto dallo stemma, diadema a fascia tempestato di gemme con una pietra centrale e sormontato da croce; l'imperatrice dal modiolos, corona con merlature triangolari, entrambi arricchiti da prae pendulia.


B. Mosaico del XII sec., raffigurante l'imperatore Giovanni II Comneno (1118-1143) e l'imperatrice Irene d’Ungheria che recano alla Vergine con in braccio il bambino le stesse offerte del pannello precedente . E' databile al 1118. Leggermente successivo (1122, anno in cui viene associato al trono), sul pilastro d'angolo, il ritratto del figlio Alessio.
L'imperatore indossa il kamelaukion, corona ad elmetto arricchita da praependulia, mentre l'imperatrice indossa un maestoso modiolos.





C. Mosaico del XIV sec. raffigurante Cristo benedicente tra Giovanni Battista e Maria (Deesis).
Un'ipotesi lo vuole donato da Michele VIII Paleologo dopo la riconquista di Costantinopoli (1261). In questo caso risalirebbe alla seconda metà del XIII sec.


Da documenti grafici del Settecento sappiamo che di fronte al pannello si trovava una recinzione presbiteriale e che quindi il complesso assolveva alla funzione di cappella laterale.
La persistenza di un lacerto d'oro con apparente decorazione gemmata nella parte perduta alla base della composizione ha lasciato supporre che qui vi fosse ritratto lo stesso Michele VIII nell'atto della proskynesis.
L'intensa espressività dei volti, appena contenuta dal tradizionale aplomb dello schema iconografico, apre degnamente la grande stagione del Rinascimento paleologo.
 
5. (nella tribuna settentrionale)
Ritratto in piedi dell'imperatore Alessandro (912-913). Figlio di Basilio I e fratello di Leone VI, che regnò da solo per soli tredici mesi.
L'imperatore è raffigurato con l'akakia nella destra e il globo nella sinistra.

 
L'abbigliamento è sontuoso e corrisponde a quello descritto nel De cerimoniis per la domenica di Pasqua con il loros, la larga sciarpa ricoperta di perle e pietre preziose che avvolge tutto il corpo ed il capo è cinto dallo stemma.
I quattro grandi medaglioni contengono uno il suo nome per intero (in alto a destra) e gli altri parole disposte in croce che, lette a partire da quello in alto a sinistra, formano l'invocazione: κυριε βο(η)θει (τω σω) δου(λ)ω ορθοδοξο πιστω δεσπ(ο)τη  (Signore soccorri il tuo servo, fedele imperatore ortodosso). Curiosamente il nome dell'imperatore, per essere integrato a chiusura dell'invocazione, dovrebbe essere al dativo mentre invece è al nominativo.
Il mosaico fu molto probabilmente realizzato durante l'anno in cui Alessandro regnò da solo. 

6. (nel lato settentrionale del grande arcone orientale a livello della tribuna)
Ritratto di Giovanni V Paleologo (1354-1355): il mosaico raffigurante l'imperatore Giovanni V Paleologo (1341-1391), che finanziò i lavori di restauro della chiesa dopo i danni inferti dai terremoti del 1345, si trova sul lato settentrionale del grande arcone orientale a livello della tribuna.

 
Se ne trova traccia in uno schizzo eseguito da Gaspare Fossati durante i restauri del 1847-1849.
 
Gaspare Fossati, Giovanni V Paleologo
schizzo del mosaico, 1847
Fondo Fossati nr.364, Archivio di stato del Canton Ticino
Bellinzona (Svizzera)
 
Coperto nel corso di detti restauri, fu casualmente riscoperto nel 1989 per una caduta dell'intonaco ma non si procedette al restauro per gli alti costi implicati in relazione anche alla scarsa visibilità che comunque avrebbe avuto data l'elevata posizione. E' databile 1354-1355.









9 commenti:

  1. Ottima descrizione della chiesa di Santa Sofia a Costantinoopoli, oggi conosciuto come Istanbul

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  2. grz dell'aiuto per la ricerca sulla chiesa di santa sofia un grz a chi ha creato la pagina

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  3. grazie per l' aiuto mi è servito molto :)

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  4. il 29 maggio 1453 quando i turchi riuscirono a vincere l'eroica e disperatata difesa bizantina , ci fu la violazione e il saccheggio , prima che il sultanto maometto secondo lo fermasse , della basilica della Santa Sapienza. I turchi , cosi' si dice, tra l'altro aprirono la tomba del doge Dandolo gettando le sue ossa ai cani. Giusta punizione per chi con ferocia inaudita e brama di ricchezza , aveva permesso il saccheggio e la spolazione di una citta' cristiana da parte di chi invece doveva liberare il santo sepolcro. Esempio abberrante di come per odio e ignoranza dettata da invidia per una cultura e tradizione superiore, possa arrivare a tali gesti di abominio. il sultano turco pur concedendo il saccheggio della citta' , tra l'altro in stato di abbandono e semispopolata, conseguenze degli avvenimenti del 1204, perlomeno dispose cordoni di truppe per evitare la distruzione dei monumenti principali

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    1. I veneziani, che nel sacco crociato del 1204 recitarono la parte del leone, non furono certo conquistatori più teneri o rispettosi dei turchi (Morosini, durante l'assedio di Atene del 1697, non esitò a bombardare il Partenone). Gli ottomani per solito convertivano gli edifici di culto cristiani in moschee e, anziché distruggere i mosaici e gli affreschi, si limitavano a ricoprirli d'intonaco. Questo all'epoca...in tempi più recenti le chiese cipriote cadute sotto la giurisdizione turca dopo la guerra del 1974 sono state invece sottoposte ad una spoliazione (per immettere i frammenti di affresco e mosaico sul mercato clandestino) e ad atti vandalici (ho visto affreschi deturpati dalla rosa dei fucili a pallettoni) senza precedenti.
      Comunque anche il sacco del 1453 non fu certo una passeggiata e credo che Luca Notaras, l'ultimo megadux dell'impero e capo della fazione filoturca, prima di essere decapitato dal boia del sultano, abbia avuto tutto il tempo ed il modo di pentirsi della famosa frase che gli viene attribuita : “meglio il turbante del turco della tiara papale”.

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  5. bella grazie!!!!!
    mi è servito molto x la ricerca x scuola

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  6. esatto ottimissima descrizione della chiesa di santa sofia

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