Generale bizantino fedelissimo di Alessio I Comneno, di cui era coetaneo; era figlio di un turco selgiuchide catturato da Giovanni Comneno, padre del futuro imperatore, e impiegato nella sua casa come schiavo, crebbe praticamente insieme ad Alessio.
Dopo la sua ascesa al trono (4 aprile 1081), Alessio lo insignì della carica di megas primikerios (gran primicerio), che era solitamente ricoperta da funzionari eunuchi, sembra però che Taticio abbia invece avuto una discendenza.
Nel 1081-1083 comandò il contingente di mercenari turchi che combattè a fianco di Alessio contro i Normanni nella campagna dei Balcani.
Nel 1086 fu al comando delle forze di terra (a capo della flotta era Manuele Boutoumites) che tentarono infruttuosamente di riconquistare ai Turchi la città di Nicea.
Nel 1094 sventò il tentativo di Niceforo Diogene – figlio di Romano IV Diogene (1068-1071) – di assassinare Alessio mentre era accampato con l'esercito nei pressi di Serre.
Nel 1096 guidò le truppe bizantine che si scontrarono con alcuni reparti crociati sotto le mura di Costantinopoli e l'anno seguente l'imperatore gli affidò il comando del contingente bizantino (2000 soldati) che aveva il compito di fare da guida all'esercito crociato durante l'avanzata in Asia Minore e, soprattutto, di garantire la riconsegna all'impero dei territori liberati che gli erano appartenuti in precedenza come solennemente giurato ad Alessio da quasi tutti i comandanti crociati (1).
Le direttrici dell'avanzata crociata in Asia Minore fino ad Antiochia
Insieme a Boutoumites riuscì ad
ottenere che la città di Nicea – posta sotto assedio dai crociati
agli inizi della campagna in Asia Minore (14 maggio-19 giugno 1097) –
si arrendesse ai bizantini anziché ai Franchi.
Per fiaccare lo spirito dei difensori, i crociati
lanciano oltre le mura di Nicea con le catapulte le teste dei nemici
uccisi.
Miniatura tratta da un'edizione acritana del XIII secolo della Historia rerum in partibus transmarinis gestarum di Guglielmo da Tiro e continuatori,
BNF, Parigi
Miniatura tratta da un'edizione acritana del XIII secolo della Historia rerum in partibus transmarinis gestarum di Guglielmo da Tiro e continuatori,
BNF, Parigi
Abbandonò l'esercito crociato, insieme
alla quasi totalità del contingente bizantino, per ragioni non del
tutto chiare nel febbraio del 1098, mentre era in corso l'assedio di
Antiochia (2).
Rientrato a Costantinopoli fu
affiancato a Landolfo (un soldato di ventura di origini normanne) al
comando della flotta bizantina incaricata di contrastare la flotta
pisana che procedeva verso la Siria saccheggiando le città costiere
dell'impero.
La sua fisionomia era caratterizzata
dalla protesi d'oro che portava al posto del naso perduto in
combattimento. Nelle fonti crociate è infatti sempre definito l'uomo
dal naso tagliato.
Note:
(1) Raimondo di Tolosa e Tancredi d'Altavilla si rifiutarono di prestare questo giuramento.
(2) Secondo quanto riportato da Anna Comnena nell'Alessiade, con l'intento di liberarsi della scomoda presenza del legato imperiale, Boemondo fece credere a Taticio che gli altri comandanti crociati – a cui era inviso sin dall'assedio di Nicea quando il generale aveva trattato segretamente la resa della città ai bizantini – stessero meditando di assassinarlo. Dopo la sua dipartita, lanciò su di lui accuse di vigliaccheria e codardia per sostenere la liceità di non rispettare il giuramento prestato all'imperatore giacchè questi li aveva abbandonati. Più probabilmente Taticio si allontanò da Antiochia per cercare di organizzare una più efficace linea di rifornimento alla spedizione. A riprova della sua intenzione di tornare c'è il fatto che lasciò ad Antiochia praticamente tutto il suo stato maggiore.
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