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domenica 22 marzo 2015

S.Maria dell'Ammiraglio (La Martorana), Palermo

S.Maria dell'Ammiraglio (La Martorana), Palermo

La cupola

Fu fondata nel 1143 e destinata al rito greco-ortodosso per volere di Giorgio d'Antiochia, il grande ammiraglio (1) di origine siriana che fu al servizio di Ruggero II dal 1108 al 1151. Nel 1194 nei suoi pressi sorse un monastero benedettino femminile, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana, motivo per il quale diventò nota come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana".
Nel 1282, dopo i vespri antiangioini, i baroni giurarono in questa chiesa fedeltà a Pietro III d'Aragona.
Nel 1435 la chiesa, per privilegio di re Alfonso, viene ceduta al monastero della Martorana. Il passaggio alla liturgia latina e la nuova funzione di chiesa conventuale resero necessari dei lavori di ampliamento.
Soppresso il monastero benedettino, nel 1866, anche la chiesa venne chiusa al culto. Divenne in seguito sede della Sovrintendenza ai Monumenti.
La chiesa ritornò all’Autorità ecclesiastica nel 1926 e il 26 ottobre 1937 venne assegnata, in forza della Bolla pontificia "Apostolica Sedes" che la elevava alla dignità di Concattedrale, alla nuova Eparchia di rito greco-ortodosso di Piana degli Albanesi.
Dal 1943 è anche sede della parrocchia di S.Nicolò dei Greci.

La chiesa originaria aveva una pianta a croce greca inscritta con una cupola centrale ottagonale impostata su quattro colonne e si apriva su un cortile porticato – aggiunto insieme all'esonartece successivamente, tra il 1146 ed il 1185 - sostenuto dalle otto colonne di granito che oggi si trovano nella sala del vestibolo interno. Il santuario era tripartito ed all'esterno la facciata orientale mostrava le tre absidi aggettanti.
La chiesa originaria

Nel 1588, al fine di adeguare gli spazi di una chiesa nata come cappella familiare alle necessità di una chiesa conventuale, l'edificio venne profondamente rimaneggiato. Il cortile porticato venne smantellato insieme alla facciata occidentale ed al nartece conferendogli l'aspetto attuale di chiesa a tre navate. Al posto del cortile venne addossato alla chiesa un edificio su due livelli, il primo andò a formare una sorta di vestibolo e quello superiore ospitò il matroneo ed il coro.
Tral il 1693 ed il 1696 venne smantellato l'abside – con conseguente perdita del mosaico bizantino – sostituito dall'attuale cappella quadrangolare attraverso le cui finestre inferiori veniva distribuita l'Eucaristia alle monache di clausura.
Nell'ambito della ristrutturazione resa necessaria dai danni prodotti dal terremoto del 1726 infine, fu realizzata, su progetto di Nicolò Palma l'attuale facciata lungo il fianco settentrionale del vestibolo.
Alla fine del secolo scorso vennero eseguiti impor­tanti lavori di restauro ad opera di Giuseppe Patricolo nel corso dei quali venne rimossa parte delle aggiunte realizzate in età barocca (2).

La chiesa attuale

Campanile: il campanile, dal cui piano terra si accede oggi alla chiesa, fu costruito probabilmente alla fine del XII sec. addossato al lato occidentale del portico e culminava con una cupola demolita a seguito del terremoto del 1726. E' impostato su un alto dado su cui si aprono tre portali ad arco acuto a cui segue un altro dado che corrisponde in altezza al matroneo su cui si aprono tre bifore inquadrate in una cornice a bugnato.


Gli ultimi due livelli non ripetono più la semplice volumetria a dado ma mostrano sguinci angolari che si innestano su corpi murari a cilindro caratterizzati da nicchiette ciascuna decorata da tre colonnette. In totale il campanile conta oggi ben 57 colonne, che probabilmente erano di più considerando quelle della cupola crollata, cosa che gli ha meritato l'appellativo di campanile delle colonne.
 
Lato settentrionale
 
 
Il lato settentrionale si mostra come doveva apparire anche all'atto di fondazione della chiesa, a filari di piccoli conci squadrati, movimentata da tre archi rincassati, ciscuno dei quali ospita una finestra. Al terzo arco in basso corrisponde una porta sormontata da un architrave marmorea su cui è scolpita una scena di caccia. In alto la facciata termina con una cornice di conci scolpiti lungo cui correva l'iscrizione di dedicazione della chiesa. Il tamburo della cupola, rivestita in cocciopesto, è ottagonale e fenestrato lungo i lati.

Interno
La chiesa bizantina è preceduta da una sorta di grande vestibolo che ha sostituito l'atrio porticato originario (la cui planimetria è stata evidenziata durante i restauri ottocenteschi da percorsi in mattoni di cotto rosso). Le volte del vestibolo sono impostate su otto colonne di granito che residuano dal precedente atrio e sostengono il piano superiore che ospitava il coro ed il matroneo. Agli angoli nord e sudorientali dell'attuale vestibolo, con la trasformazione del 1588 vennero istituite due cappelle angolari ai lati delle quali si trovano oggi le due grandi icone musive raffiguranti la Dedicazione della chiesa alla Vergine (nord) e l'Incoronazione di Ruggero II (sud). Molto probabilmente entrambe erano precedentemente collocate nella controfacciata della chiesa originaria demolita con l'ampliamento del 1588.
 
Dedicazione della chiesa alla Vergine
 
Giorgio di Antiochia è raffigurato nell'atto della proskynesis davanti alla Vergine che sorregge un cartiglio su cui è scritto: Chi ha costruito dalle fondamenta questa mia casa, Giorgio il primo fra i primi di tutti i miei principi, o Figlio, custodiscilo con la sua gente da ogni male e donagli il perdono dai peccati, perchè tu ne hai il potere come unico Dio, O Verbo. La scena è assimilabile ad una deesis, la figura del Cristo appare infatti a destra del riquadro nell'atto di ricevere la preghiera d'intercessione.

L'incoronazione di Ruggero II

Il re è raffigurato vestito come un imperatore bizantino mentre china lievemente il capo per ricevere la corona dalle mani del Cristo. Oltre ad essere un omaggio al suo re, il mosaico esplicita anche la politica caldeggiata da Giorgio di Antiochia: uno stato imperiale con possedimenti in tutto il Mediterraneo ed una dinastia (gli Altavilla) in grado di raccogliere l'eredità di Bisanzio.
Ruggero d'Altavilla fu incoronato ufficialmente il 25 dicembre del 1130 nella cattedrale di Palermo, alla presenza del legato dell'antipapa Anacleto II (1130-1137) - il cardinale Gregorio Conti di Santa Sabina - che il 5 novembre dello stesso anno aveva istituito nel Concilio di Melfi da lui convocato (non riconosciuto dalla Chiesa cattolica) il titolo di re di Sicilia.

Il programma iconografico della chiesa originaria è incentrato sulla figura della Vergine – sono rappresentate infatti soltanto le scene del Dodekaorton in cui la Vergine è protagonista - a cui la chiesa è dedicata ed è molto probabilmente opera di maestranze costantinopolitane.

Cupola: al vertice della cupola è raffigurato il Cristo pantokrator, seduto in trono con la destra benedicente e la sinistra che sorregge il Vangelo. Nella cornice del cerchio che racchiude il Cristo si legge: + Io sono la luce del mondo + chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Giovanni VIII, 12). Nel registro inferiore si dispongono, nella postura della proskinesis, i quattro arcangeli.
Alla base della cupola un fregio in legno di abete, scoperto nel 1871, reca un’iscrizione in caratteri cufici dipinti in bianco su fondo turchino, il cui testo comprende un inno della liturgia bizantina (il sanctus con Osanna e Gloria ) tradotto in arabo, la lingua madre di Giorgio d’Antiochia.
Negli otto lati del tamburo sono raffigurati altrettanti profeti e nelle nicchie angolari i quattro evangelisti.
Negli archi sottostanti il tamburo sono rappresentate le scene dell'Annunciazione (arco orientale) e della Presentazione di Gesù al tempio (arco occidentale) mentre gli archi nord e sud sono ricoperti dal solo fondo oro.


Annunciazione: l'arcangelo Gabriele è raffigurato nella metà sinistra dell'arco, Maria, mentre fila il velo per il tempio, in quella destra. Alla sommità dell’arco, al centro della scena, è rappresentato l’emisfero celeste, da cui esce la Mano di Dio.Tesa in atto allocutorio verso Maria, emana un raggio che, presumibilmente, in origine la colpiva all’altezza della spalla ma oggi si arresta a una certa distanza da Lei, nel punto in cui si posa una bianca colomba. L’ultima sezione del raggio è ora perduta nel fondo d’oro, ove però sono evidenti tracce di restauro.
Presentazione di Gesù al Tempio: nella metà sinistra dell'arco, la Vergine offre il Bambino a Simeone il Giusto che protende le mani velate verso di Lei dalla metà di destra dell'arco.
 
Prothesis e Diakonikon: nelle absidiole si trovano rispettivamente Gioacchino ed Anna, i genitori della Vergine.

S.Anna

Volta del braccio occidentale della croce: Natività del Cristo e Dormizione della Vergine. La giustapposizione di queste due scene non è infrequente nel programma iconografico bizantino e corrisponde ad una correlazione tra i due momenti ben formalizzato dall'imperatore Leone VI (886-912) in un suo sermone dedicato alla Vergine: giacchè hai tenuto tra le braccia il Signore quando si è fatto carne, sei nelle braccia del Signore da quando hai lasciato le tue carni. Parallelismo tra le due scene che qui si esprime, oltre che con la prossimità, con il ricorrere in entrambe di alcuni elementi iconografici come il bambino fasciato (che nella Dormizione rappresenta l'anima di Maria che ascende al cielo) e il materasso bianco su cui la Vergine si appoggia in entrambe le scene.

 
Il mosaico del catino absidale centrale è andato perduto nella ristrutturazione cinquecentesca ma doveva molto probabilmente raffigurare la Vergine orante.
 

Note:
 
(1) Nel 1132 Giorgio di Antiochia fu investito da Ruggero II del titolo di amiratus amiratorum qui praeerat toto regno meo, che è stato talora interpretato come “ammiraglio degli ammiragli” (grande ammiraglio). Il termine amiratus deriva però dall'arabo amir - emiro - che significa soltanto capo, ciò che in greco viene reso con il termine arconte, e solo in un epoca successiva indicherà il ruolo di comando della marina militare. La carica ricoperta da Giorgio di Antiochia era quindi più simile a quella di primo ministro o vicerè che a quella di semplice comandante della flotta.
 
(2) Per ragioni più che altro economiche fu lasciata in situ la facciata di Nicolò Palma mentre per problemi di aderenza al substrato gran parte dei mosaici furono smontati e rimontati colmando le lacune che si erano prodotte nel corso del tempo. I mosaici sono stati inoltre oggetto di un ulteriore intervento di restauro e consolidamento in epoca recente (2010-2012).














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