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lunedì 20 agosto 2018

La Chalke, Costantinopoli

La Chalke, Costantinopoli

La Chalke (Χαλκῆ Πύλη= porta di bronzo) costituiva l'accesso monumentale al Gran Palazzo imperiale dallo spiazzo dell'Augusteion (1). Prendeva il nome dagli imponenti battenti bronzei fatti realizzare dall'architetto Eterio per volere dell'imperatore Anastasio I (491-518), sotto il cui regno venne costruita la prima versione della porta (2). Veniva aperta al levar del sole alle persone invitate dall’imperatore e si richiudeva dietro di loro al tramonto.
Prospetto e pianta ipotetici della Chalke

Gravemente danneggiata durante la rivolta di Nika (532), fu fatta restaurare da Giustiniano.
Nella nuova versione – minuziosamente descrittaci da Procopio nel De Aedificiis – la Chalke appariva come un edificio a pianta rettangolare eretto su quattro massicci pilastri e coronato da una cupola impostata su pennacchi che poggiavano su quattro volte a botte poco profonde. Presentava quindi anch'essa quell'impianto a croce greca inscritta caratteristico di tutta l'architettura giustinianea.
L'interno era rivestito da marmi policromi pregiati fino al livello della cornice, al di sopra della quale tutte le superfici curve erano decorate da mosaici che raffiguravano scene dei trionfi ottenuti da Belisario nelle campagne d'Africa e d'Italia. Giustiniano e Teodora, in una posizione centrale, circondati da alti ufficiali dell'esercito, erano rappresentati nell'atto di ricevere dal condottiero vincitore le terre riconquistate ed il bottino di guerra.

Ricostruzione virtuale

E' opinione concorde tra gli studiosi che una riproduzione piuttosto fedele della Chalke si trovi nel cosiddetto avorio di Treviri (vedi scheda), la cui datazione oscilla tra la fine del VII ed il IX secolo.

L'avorio di Treviri, particolare della Chalke

 
Il Cristo Chalkites

All'esterno, nella lunetta sovrastante l'ingresso, venne successivamente collocata una statua bronzea del Cristo a mezzo busto (3). Quest'immagine, che venne riprodotta innumerevoli volte sulle icone, divenne nota con il nome di Cristo Chalkites.
Nel 726, in piena temperie iconoclasta, l'imperatore Leone III ne ordinò la rimozione scatenando la rivolta del popolino della capitale, in cui trovarono la morte sia il funzionario incaricato di rimuovere la statua, sia Santa Teodosia che aveva guidato la protesta popolare. Ripristinata in situ durante il regno di Irene (780-802), la statua venne nuovamente rimossa e sostituita con una croce sotto un'altro imperatore iconoclasta, Leone V (813-820). Dopo il definitivo ripristino del culto delle immagini (843), venne rimpiazzata con un'immagine del Cristo a figura intera e infine - probabilmente durante il regno di Romano I Lecapeno (920-944) - da un'immagine del Cristo realizzata a mosaico (4).

 
Accanto a questa immagine del Cristo, che compare nel mosaico raffigurante una Deesis nell'endonartece della chiesa del Salvatore in chora e che risale al 1316, era un tempo leggibile la didascalia Cristo Chalkites (oggi rimangono tracce soltanto dell'epiteto Chalkites). Dovrebbe quindi trattarsi di una riproduzione dell'mmagine realizzata a mosaico nella lunetta sovrastante l'ingresso della Chalke.
 
Il Trionfo dell'ortodossia (particolare), icona lignea della fine del XIV secolo
British Museum, Londra
 
Nell'icona conservata presso il British Museum, Santa Teodosia tiene in mano un'icona che molto probabilmente riproduce anch'essa l'immagine del Cristo Chalkites alla cui rimozione la Santa cercò di opporsi (vedi scheda La questione iconoclasta).
 
La chiesa del Cristo Chalkites
 
Romano I Lecapeno fece anche costruire accanto alla Chalke una piccola cappella (poteva accogliere appena 15 persone) dedicata al Cristo Chalkites. Nel 972 questa fu completamente ristrutturata ed ampliata da Giovanni I Zimisce (969-976) che vi fece depositare alcune reliquie (tra cui i sandali di Cristo e i capelli di San Giovanni Battista) e costruire la tomba dove venne poi tumulato.
Il nuovo edificio, a pianta centrale, si sviluppava su due piani ed era ricoperto da una cupola centrale. Il piano superiore era fiancheggiato da due semicupole ed era preceduto da una terrazza. L'intero edificio poggiava inoltre su un podio sul modello degli antichi mausolei funebri.
Nel 1183 in questa chiesa fu incoronato coimperatore (associato al giovane Alessio II) Andronico I Comneno.
Dal resoconto di viaggio di un pellegrino russo sembra ancora in uso nella prima metà del XV secolo.
Dopo la conquista il primo piano venne adibito a serraglio per gli animali selvaggi destinati alla corte del Sultano, da cui il nome di Arslan (leoni) hane con cui divenne conosciuto. Al piano superiore, dove furono murate le finestre che vi si aprivano, vennero invece alloggiati i frescanti e i miniaturisti al servizio del Sultano e prese il nome di Nakkaş hane. Gravemente danneggiata da un incendio nel 1741 e successivamente nel 1802, venne definitivamente demolita nel 1804.
 

In questa miniatura - realizzata dal miniaturista ottomano Maktraci Nasuh nel 1536 - la chiesa del Cristo Chalkites (in ocra e rosso) è riprodotta tra l'Ippodromo e Santa Sofia.
 
Nel VII e VIII secolo la Chalke o sue dirette dipendenze vennero utilizzate come prigione. Sotto Basilio I (867-886) fu invece restaurata e adibita a sede di tribunale.
Quando nel 969 Niceforo II Foca fece erigere un muro tra l'Ippodromo ed il mar di Marmara che isolava la parte bassa del Gran Palazzo da quella alta, la Chalke perse la sua funzione di ingresso monumentale. Durante il primo periodo di regno di Isacco II Angelo (1185-1195) furono asportate e fuse le magnifice porte bronzee mentre ogni riferimento alla Chalke scompare dalle fonti scritte dopo il 1200.

Note:

(1) Secondo alcuni studiosi la Chalke prospettava direttamente sul lato meridionale dell'Augusteion, sul cui lato occidentale terminava la mese (Fig. A, contrassegnata dal n.7).


Fig. A
 
Secondo altri invece la mese - che era fiancheggiata da due colonnati lungo tutto il suo percorso - terminava invece dinanzi alla Chalke che collocano immediatamente all'esterno dell'Augusteion e ruotata di 90° rispetto all'ipotesi precedente (Fig. B)
 
Fig. B
 
(2) Secondo altri, il nome deriverebbe invece dalle tegole bronzee che ne costituivano la copertura.
 
(3) Procopio non menziona questa statua. L'ipotesi attualmente ritenuta più probabile è che questa vi sia stata collocata durante il regno di Giustiniano II (685-695 e 704-711).

(4) Alcuni studiosi (cfr. C.Mango, The Brazen House; a study of the vestibule of the imperial palace of Constantinople, Copenhagen, 1959, pp. 125-126) attribuiscono un ruolo nella realizzazzione dell'immagine dell'843 a San Lazzaro Zographos, il monaco pittore, martire della repressione iconoclasta, a cui erano state bruciate le mani.




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