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giovedì 8 dicembre 2022

L'Esarcato d'Africa (591-711)

 L'Esarcato d'Africa (591-711)

Fu istituito probabilmente sotto l'imperatore Maurizio (582-602) nel quadro di una militarizzazione dell'apparato amministrativo volta a rendere le provincie d'Africa meno dipendenti dalla capitale per la propria difesa. Era formato dall'Africa settentrionale – eccetto la Tripolitania che fu accorpata alla diocesi d'Egitto – dalla Sardegna, dalla Corsica, dalle Baleari e dalla Spagna meridionale in mano ai bizantini. Capitale dell'esarcato divenne Cartagine.

L'antico porto di Cartagine come appare oggi

Il primo esarca di cui si ha notizia è Gennadio, a cui si rivolge con questo titolo papa Gregorio I in una lettera del 591. Già nel 578 ricopriva però la carica di Magister militum per Africam. Durante il suo mandato dovette fronteggiare la rivolta dei Mauri (598). Morì o fu rimosso dalla carica poco dopo.

Eraclio il vecchio (598-611): militare di carriera fu nominato dall'imperatore Maurizio (582-602). Nel 608, coadiuvato dal fratello Gregorio, si ribellò all'imperatore Foca, probabilmente a seguito del regime di terrore da lui instaurato. Il figlio Eraclio – detto il giovane – al comando della flotta fu mandato alla conquista di Costantinopoli mentre il nipote Niceta con l'esercito di terra invase la provincia egiziana. Nell'ottobre del 610 Eraclio il giovane sbarcò a Costantinopoli e rovesciò l'imperatore, che fu abbandonato anche dalla sua guardia personale, insediandosi al suo posto. Eraclio il vecchio morì poco dopo aver ricevuto la notizia dell'incoronazione del figlio.

Niceta (611-629): cugino di Eraclio, lo aiutò nella conquista del potere ricevendone in cambio il governo della provincia egiziana. Nel 612 fu messo al comando della guardia imperiale e fu a fianco dell'imperatore nella sfortunata campagna contro i persiani del 613 culminata con la sconfitta nella battaglia di Antiochia che determinò la perdita dell'intera Siria. I persiani conquistarono quindi anche la Palestina e l'Egitto, la cui capitale, Alessandria, cadde nel 619. E' quindi probabile che Niceta abbia effettivamente ricoperto la carica di esarca d'Africa a partire da questa data. Da una moglie di cui non si conosce il nome ebbe un figlio (Gregorio) e due figlie, la maggiore delle quali (Gregoria) fu moglie dell'imperatore Costantino III (641) (1) e madre di Costante II (641-668).

Gregorio il Patrizio (629-647): era molto probabilmente il figlio di Niceta. Di fiero credo calcedoniano entrò in contrasto con l'imperatore Costante II (641-668) a causa del suo appoggio al monotelismo. Nel 646, di fronte all'incapacità dell'impero di contrastare l'avanzata araba, decretò la secessione dell'esarcato e si autoproclamò imperatore. 


Quando gli arabi invasero la Byzacena (l'attuale Tunisia meridionale) li affrontò sotto le mura di Sufetula (647) - dove aveva spostato la capitale dell'esarcato - venendo rovinosamente sconfitto e perdendo la vita nel corso della battaglia.


Arco dei Tetrarchi, Sufetula, fine III secolo

Gennadio (648-665): militare di carriera, assunse la carica di esarca dopo la morte di Gregorio. Pagando un forte tributo riuscì ad ottenere il ritiro degli arabi dalla regione, che tornò, almeno formalmente, all'impero. Pur non essendo stato nominato da Costante II ne riconobbe infatti l'autorità e riprese ad inviare alla capitale l'eccedenza degli introiti annuali dell'esarcato. Nel 663, quando l'imperatore trasferì la corte a Siracusa e chiese un aumento del tributo annuale, rifiutò ed espulse il rappresentante dell'imperatore. La rivolta delle guarnigioni bizantine appoggiate dalla popolazione locale lo costrinse a riparare presso il califfo di Damasco a cui chiese truppe per riconquistare Cartagine. Morì ad Alessandria prima di poter tentare l'impresa.

Eleuterio il giovane (665-): guidò la rivolta contro Gennadio e s'insediò al suo posto. Nel 669 gli arabi invasero nuovamente la Byzacena e costruirono il primo nucleo della città di Kairouan - 50 km a sudovest di Hadrumetum (l'attuale Susa) - che divenne la capitale della provincia islamica dell'Ifrīqiya. Nel 683, il capo berbero Koceila (Caecilius), appoggiato da alcuni contingenti bizantini, sconfisse a Tahouda (l'attuale Sidi Okba) gli arabi guidati dal generale omayyade Oqba ibn Nafi e conquistò Kairouan riportando l'intera Byzacena sotto controllo dell'impero. Nel 688, l'armata berbero-bizantina guidata da Koceila si scontra con l'esercito del califfato nella piana di Memmes. L'esito della battaglia rimane a lungo incerto, ma alla fine prevalgono gli arabi e lo stesso Koceila rimane ucciso. Gli arabi saccheggiano la regione, riprendono Kairouan ma poi si ritirano nuovamente lasciando nella città un piccolo presidio che viene colto di sorpresa da un corpo di spedizione bizantino sbarcato a Barca.

Nel 695, pacificato il suo fronte interno, il califfato omayyade riprende l'offensiva con un esercito forte di 40.000 uomini al comando del generale Ḥassān ibn al-Nuʿmān, che risale la costa quasi senza incontrare resistenza fino a Cartagine che prende d'assalto.

Giovanni il Patrizio (695-698): Quando la notizia della caduta di Cartagine giunse a Costantinopoli suscitò una forte emozione e l'imperatore Leonzio (695-698) armò tutte le navi disponibili e inviò un corpo di spedizione al comando del patrizio Giovanni e del drongario Tiberio Apsimarus. Giovanni forza l'ingresso del porto a riprende la capitale dell'esarcato. Nel frattempo la regina berbera Khaina raccoglie sotto le sue insegne tutte le tribù locali di fede cristiana ed ebraica (2) e sconfigge Ḥassān ibn al-Nuʿmān in una sanguinosa battaglia nei pressi di Kenchela costringendolo ad abbandonare la Byzacena e ripiegare in Tripolitania.


 Ali Boukhalfa, Statua della Khaina, Baghai (Algeria), 2003

Nel 698 il generale musulmano invade nuovamente la Byzacena e attacca Cartagine da terra e da mare, costringendo Giovanni e Tiberio ad abbandonare la città con ciò che resta della flotta e della guarnigione. Cartagine viene rasa al suolo per la seconda volta e la popolazione si disperde nei territori ancora sotto controllo imperiale.

Giuliano (?): dopo la caduta di Cartagine in Africa rimanevano in mani bizantine la piazzaforte di Septem (l'attuale Ceuta) (3) e alcune fortezze nella Mauritania Tingitana che, assieme alla Sardegna e alle isole Baleari potevano ancora figurare come “esarcato d'Africa” sulla lista ufficiale dei possedimenti dell'impero. Il governatore di Septem, Giuliano, potrebbe quindi aver ricevuto il titolo di esarca. Si tratta di una figura controversa e in parte leggendaria. Non è ad esempio chiaro se fosse un funzionario bizantino o semplicemente un capo berbero riconosciuto obtorto collo dal governo centrale come governatore della piazzaforte. Sicuramente pagava un tributo ai Visigoti di Spagna (che erano comunque la popolazione cristiana a lui più vicina) e riuscì a mantenere la città in mani cristiane fino al 711 pur disponendo soltanto di una piccola guarnigione. Secondo fonti arabe tuttavia, nel 708, con l'esercito musulmano alle porte, rovesciò l'alleanza e fornì loro supporto logistico per l'invasione della Spagna. Dopo la sua morte cadde l'ultimo avamposto cristiano in Africa.


Note:

(1) Figlio di Eraclio I e della prima moglie Fabia Eudocia. Prima di morire di tubercolosi, Costantino III regnò per soli tre mesi nel 641 assieme al fratellastro Eracleona che morì poco dopo di lui nel corso dello stesso anno. Gregoria resse il trono per il figlio Costante II fino al 650.

(2) La stessa tribù berbera d'origine della Kahina – i Gerawa - era di religione ebraica.

(3) Il nome completo della città era Septem fratres, dai sette colli su cui era stata costruita. A tutt'oggi è un'enclave spagnola in Africa.