La zona del coro con le cappelle radiali
Il potere e l'importanza del complesso venosino della SS.Trinità (cfr. parte prima) nell'ambito delle fondazioni benedettine dell'Italia meridionale crebbero di pari passo con il programma di rifondazione politico-ecclesiastica in senso latino che i Normanni intrapresero - in accordo col pontefice Niccolò II (1059-1061) - in quelle regioni ancora intrise di cultura e tradizione greco-bizantina.
Particolarmente determinante si rivelò tuttavia la scelta, operata da Roberto il Guiscardo attorno al 1069, di tumulare nella prima chiesa abbaziale - accanto ai resti del fratello e predecessore Umfredo - anche quelli degli altri fratelli : Guglielmo detto Braccio di Ferro, iniziatore della conquista normanna del Meridione e Drogone. Il ruolo di mausoleo dinastico così conferito alla Trinità venne ancor più rafforzato nel 1085 dalla sepoltura dello stesso Guiscardo voluta dalla consorte Sichelgaita e favorita dall'abate Berengario, giunto dal monastero normanno di Saint-Évroul-sur-Ouche (antica Uticum) attorno al 1063.
Sulla base dell'accresciuta importanza dell'abbazia si giustifica il progetto di costruire un altro edificio di culto, più monumentale e complesso del primo (destinato verosimilmente all'abbattimento, una volta completato quello nuovo) e che avrebbe dovuto inglobare tutta l'originaria zona del presbiterio nella parte terminale della navata verso la fronte, procedendo di una ο due campate oltre quelle già previste nel corpo longitudinale fino a raggiungere una lunghezza di oltre 140 m.
La nuova chiesa, caratterizzata da un grandioso impianto, con transetto ben distinto (unito alla navata da un inusitato - almeno per l'Italia - piliere dallo straordinario capitello a foglie di acanto), coro molto profondo a tre cappelle radiali ed ampio ambulacro semicircolare prevedibilmente coperto a volta - venne concepita secondo modelli architettonici senz'altro importati dai monaci fatti giungere dai luoghi d'origine della dinastia normanna al potere, dove erano stati già adottati con successo sin dai primi decenni dell'XI secolo nelle cattedrali di Conques, Tours, e in varie chiese abbaziali. Tale schema architettonico, definito franco-normanno, fu adottato in Italia meridionale anche per altri due fra gli edifici sacri più significativi eretti dai nuovi conquistatori: la cattedrale di Aversa, fondata da Riccardo Drengot e conclusa prima del 1090 da suo figlio Giordano e quella di Acerenza, più tarda di qualche decennio.
Elemento caratteristico della chiesa venosina è l'utilizzo su vasta scala di materiali di reimpiego tratti dalle rovine della colonia romana di Venusia – fondata nel 291 a.C. Dal console L. Postumio Megello - e destinati al rivestimento (interno ed esterno) delle pareti.
Il portale che si apre nel braccio settentrionale del transetto sormontato da una lastra lapidea di recupero
I lavori di costruzione dell'Incompiuta (la nuova chiesa non verrà infatti mai terminata) iniziarono durante il regime abbaziale di Berengario (1066-1096) e prevedevano la costruzione del perimetro esterno, del transetto sporgente, e la sistemazione dell’area del coro con la posa in opera dei pilastri del deambulatorium. Il coro, del tipo a deambulatorio con cappelle radiali, appare molto simile a quello della cattedrale di Acerenza.
Il deambulatorio
La nuova chiesa avrebbe dovuto sostituire completamente la prima, che sarebbe stata demolita, e non integrarsi ad essa in un unico complesso.
Sotto il regime dell'abate Pietro II Divinacello (1140-1156) i lavori, precedentemente interrotti, ricevettero un nuovo impulso con la posa in opera delle cinque colonne e del piliere polistilo nella navata meridionale della chiesa; della fila di colonne, eretta su un lungo muro di fondazione, una non presenta il capitello, così come anche il piliere polistilo.
Il piliere polistilo
Il XII secolo, con il passaggio dalla dominazione normanna a quella sveva, si chiude però con uno stato di decadenza per l’abbazia della SS. Trinità, con i suoi abati interessati più alle entrate economiche derivanti dai possedimenti del monastero, che all’aspetto spirituale, e ciò doveva riflettersi anche sullo stato materiale del cenobio, con la definitiva sospensione del cantiere dell’Incompiuta e la rovina degli altri corpi di fabbrica annessi al complesso monastico.
Durante il periodo in cui il complesso appartenne ai cavalieri di S.Giovanni (1297-1808) viene realizzato o portato a compimento il portale del lato meridionale. Sormontato da un arco semicircolare lunato, recante un bassorilievo della dextera dei entro il nimbo, ed un’iscrizione benaugurale; sulla chiave di volta dell’arco entro un tondo, l’immagine dell’Agnus Dei, simbolo dei Cavalieri di San Giovanni.
Il Portale meridionale
Nel XVI secolo venne costruito sul lato destro il grande campanile a vela. Sul lato rivolto verso l’interno dell’Incompiuta, poco al di sotto del livello delle campane, si individua un camminamento aggettante in pietra, sostenuto da una serie di archetti pensili su mensoline lapidee incassate nella muratura.
Il campanile
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