Nella zona settentrionale dell’area dove si trovano i resti della
basilica esterna sorse un secondo edificio ecclesiastico, dalla
pianta basilicale complessa. Dopo la rasatura alla medesima quota, le
preesistenti strutture d’età romana vennero interrate e ricoperte
dalle strutture di fondazione.
Dal punto di vista
planimetrico, nella fase paleocristiana (V-VI sec.), la chiesa
vecchia si configura come un edificio a
tre navate, con un transetto e l’abside dotata di un deambulatorio.
La fase paleocristiana della chiesa vecchia
Le navate sono
scandite da due file di sette pilastri che reggono archi a tutto
sesto. Le murature sono costruite in un opus
listatum irregolare, con due corsi di
pietre, alternati ad un corso di laterizi (questa tecnica è visibile
all'esterno, in particolare sul lato N, nella parte inferiore del
muro perimetrale della chiesa, e si conserva per un’altezza di
circa 1 m, a partire dalla quota di spiccato del marciapiede moderno
addossato alla parete).
La zona absidale presenta
una sistemazione molto particolare, con una prima abside ampia quanto
la navata centrale, nella quale si aprono due gruppi di quattro
aperture; la seconda abside, concentrica alla prima, ampia quanto
l’intera chiesa, delimita invece un deambulatorio, pavimentato a
mosaico, al quale si accedeva tramite le due porte aperte sul muro di
fondo delle navate laterali della chiesa.
La particolare disposizione
della zona absidale, dotata di un deambulatorio doveva essere
funzionale al culto ed alla venerazione di reliquie, che dovevano
essere visibili, dal deambulatorio,
attraverso le otto aperture
del catino absidale; a supporto di tale ipotesi, sta il rinvenimento,
proprio nell’area della prima abside, di una fossa di forma
rettangolare – quasi una piccola cripta - interpretabile come
reliquario.
Al transetto si accedeva
passando al di sotto di un arco trionfale, del quale rimangono due
poderose colonne monolitiche di spoglio in marmo cipollino, risalenti
ad età romana e sormontate da due capitelli corinzi, con abaco di
stile bizantino.
Nella navata centrale,
gli scavi hanno riportato alla luce una schola
cantorum, che si sviluppa per
la lunghezza dell’intero
transetto e di una campata e mezza nella navata; questo dispositivo
risulta essere sopraelevato di circa 32 cm rispetto al piano
pavimentale della chiesa e doveva essere recintato da un parapetto di
marmo.
La facciata originaria
dell’edificio è attualmente visibile solo nella navata sinistra,
mentre si rinviene in cresta nelle altre due navate; nella facciata
si aprivano tre porte, e di quella centrale è stata riportata alla
luce la soglia marmorea nella quale sono ancora visibili gli incavi
per i battenti del portale.
Presso la soglia si conserva
un pannello musivo in cui si distinguono una cornice a meandri e
svastiche in tessere rosse e nere, con un pesce, il nodo di Salomone
ed un polipo frammentario, in basso una fascia con motivo ad onde
correnti in tessere rosse, e la cornice con cerchi concentrici a
croci inscritte, alternate a nodi di Salomone. Altri lacerti musivi
dello stesso tenore si trovano anche ai lati della schola cantorum
nei pressi delle colonne che sostenevano l'arco trionfale e nel
deambulatorio. Le navate laterali erano invece ricoperte da stesure
in opus spicatum.
Connesso infine con
l’edificio di culto è un ambiente rinvenuto alle spalle della
seconda abside, nella navata centrale dell’Incompiuta;
i setti murari riportati alla luce delimitavano delle tombe a fossa
(la più antica delle quali si colloca alla stessa quota del mosaico
del deambulatorio), databili a partire dalla seconda metà del VI
secolo, e denotano quindi la presenza di sepolture ad
sanctos, in un momento di poco successivo
alla conclusione dei lavori di costruzione della chiesa.
L'area retroabsidale: in prossimità dell'abside si nota il pavimento con resti di decorazione musiva del deambulatorio, in primo piano le sepolture ad sanctos.
Per quanto riguarda la
particolare planimetria, segnatamente per la presenza del
deambulatorio retrostante all'abside, la chiesa somiglia alle
cosiddette basiliche circensi
erette in epoca costantiniana (cfr. ad esempio la basilica
cimiteriale del complesso di S.Costanza e quella della Villa deiGordiani a Roma) e concepite come veri e propri cimiteri coperti.
La facciata paleocristiana, mantenuta nella sua integrità strutturale per tutta l’età longobarda, viene parzialmente demolita in corrispondenza della navata centrale e di quella destra, che vengono prolungate per una lunghezza di due campate; lo spazio così creatosi viene scandito dalla posa in
opera di un nuovo pilastro in muratura, in asse con quelli dell’età paleocristiana.
All'angolo
NW della facciata, perfettamente in asse con l’ingresso alla navata
sinistra dell’edificio venne costruita una torre a pianta quadrata.
Ad W della torre si individua
una muratura di orientamento N-S,
parallela ad un’altra
muratura di pari orientamento ma di lunghezza maggiore; queste due
murature, costituiscono i due muri perimetrali di quella che
sembrerebbe potersi ritenere una cappella a navata unica, delimitata
sul lato N da una muratura ad andamento curvilineo, da interpretare
come muro absidale; la zona presbiterale doveva essere separata dal
resto dell’aula liturgica (quadratum
populi) da un muro di orientamento E-W,
all’estremità E del quale un’apertura dava accesso alla zona
absidale e ad un piccolo vano quadrangolare (sacrestia?).
1. Aula liturgica
2. Area absidale
3. Sacrestia (?)
4. Torre di facciata prenormanna (longobarda)
Tra la cappella e la parte
longobarda della Foresteria, viene edificato una sorta di avancorpo
monumentale, oggi definito atrio, che comprende anche una scala che
conduce al piano superiore della Foresteria,
la cui costruzione andrebbe riferita all'abate Berengario (1066-1096)
e avrebbe costituito per un certo periodo la facciata monumentale
della chiesa, articolata su due livelli, con il piano terra in cui si
aprivano tre archi, ed il piano superiore sistemato con un loggiato
ad archetti ciechi in cui furono reimpiegati pezzi scultorei di età
romana. Questa facciata sarebbe stata successivamente obliterata
dalla scala di accesso alla Foresteria.
Il loggiato ad archetti ciechi
Frammento scultoreo di età romana reimpiegato nella decorazione del loggiato
Durante l’epoca sveva, e a seguito dell’abbandono definitivo del cantiere dell’Incompiuta, le ristrettezze economiche in cui versava l’abbazia, spinsero gli abati a rimettere mano alla Chiesa Vecchia, con una serie di lavori di restauro e consolidamento riguardanti principalmente la sistemazione delle navate e della cripta.
All’interno della
chiesa, viene posto in opera un nuovo pavimento in mattoni di cotto,
poggiato direttamente sull’opus
tesselatum della fase normanna; il piano
di calpestio della chiesa viene rialzato di ulteriori 20 cm rispetto
alla quota paleocristiana. Sullo stesso tessellato normanno furono
posti in opera tre grandi archi a sesto acuto trasversali nella
navata centrale, insieme ai relativi archi di controspinta a tutto
sesto nelle navate laterali.
Nel 1287, viene costruito il
portale d’ispirazione arabeggiante che dà accesso alla chiesa dal
cosiddetto atrio, opera firmata dal Magister
Palmerius, realizzata sotto il regime abbaziale di
Barnaba, secondo l’iscrizione dedicatoria, utilizzando frammenti
scultorei di recupero tra cui, inserita alla base della lunetta, una
lastra marmorea proveniente dal sarcofago di Roberto il Guiscardo.
Il Portale di Palmerio
Nel 1297 papa Bonifacio VIII
soppresse l'abbazia, consegnandola – insieme a tutti i suoi beni
ancora cospicui - all'Ordine Ospitaliero che ne rimase proprietario
fino al 1808.
E' in questa fase che il
palazzetto della Foresteria assume la forma visibile ancora
oggi; vengono aperte le finestre bifore e la trifora nei saloni al
primo piano, e si prolunga il pianoterra porticato, con l’aggiunta
di poderosi pilastri quadrangolari in muratura; nei muri del piano
terra si aprono strette finestre ‘a bocca di lupo’, le quali
lasciano passare poca luce, conferendo ai paramenti murari in cortina
di blocchetti lapidei una maggiore plasticità.
Sul lato meridionale, dei
due archi della fase longobarda, viene tamponato quello di sinistra,
mentre una parete continua, nella quale si apre solo una piccola
porta a tutto sesto, contraddistingue l’ampliamento svevo-angioino
della Foresteria; al piano superiore, si aprono una bifora (frutto
dei restauri del 1932), accanto alla quale si trova una piccola
monofora arcuata, ed una coppia di finestre monofore arcuate
(anch’esse frutto dei restauri del 1932), di dimensioni maggiori
della precedente.
La Foresteria, a sinistra la facciata del cosiddetto atrio della chiesa
Affreschi:
Nel cosiddetto atrio
della chiesa, alla sinistra del portale
del Magister Palmerius, viene realizzato
nel XIV secolo un affresco raffigurante S.
Cristoforo con in braccio Gesù Bambino,
che doveva avere funzione di buon augurio per il viaggio di ritorno
dei pellegrini.
Al pieno XV secolo
sono invece riferibili un'Annunciazione
ed una Madonna con Bambino.
L’Annunciazione
si trova sul primo pilastro destro della navata centrale, e
rappresenta la Vergine in trono, con un libro aperto sulle gambe e
con indosso una lunga veste di colore azzurro; in basso a sinistra si vede
l’arcangelo Gabriele (di dimensioni molto ridotte rispetto alla Madonna), raffigurato quasi come un fanciullo, con una veste dorata e le ali di
colore rosso fuoco.
La Madonna con Bambino
è dipinta invece sul primo pilastro di sinistra della navata
centrale.
Al XIV secolo è invece
riferibile l'affresco raffigurante S.Caterina d'Alessandria sul terzo
pilastro di sinistra della nave.
La santa è ritratta con i
capelli biondi cinti da una corona, e con indosso un abito bianco
recante
una veletta sotto il mento
ed un motivo esagonale sul petto, il tutto entro una cornice di
composizione geometrica, che sembra richiamare motivi decorativi di
origine cosmatesca.
Immediatamente al di sotto
della santa è visibile l’affresco della Deposizione,
anch’esso del XIV
secolo: il busto del Cristo
emerge dal sepolcro con a sinistra la Vergine, con il viso sofferente
e le mani protese verso il Figlio, e S. Giovanni, ritratto con un
abito verde ed un manto chiaro, nell’atto di strapparsi le vesti
dal dolore. Coeva è anche la raffigurazione del Santo vescovo
(S.Nicola?), a sinistra sullo stesso pilastro.
Al XIII secolo si data la
realizzazione, sul secondo pilastro destro della navata centrale,
dell’affresco di stile bizantino raffigurante S. Apollonia
(successivamente
obliterato dalla costruzione di una muratura più tarda). Sull’altra
faccia del pilastro si vede l’affresco dell’Arcangelo Gabriele o
Angelo Annunciante, databile alla metà del XIV sec.)
Di poco successivo è invece l’affresco raffigurante S. Donato, dipinto sul secondo pilastro di sinistra, e datato tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo.
L'Angelo annunciante
Di poco successivo è invece l’affresco raffigurante S. Donato, dipinto sul secondo pilastro di sinistra, e datato tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo.
Affreschi della cripta:
Nella nicchia al di sopra
dell’altare a blocco della cripta è raffigurata una Crocefissione
databile al XIII secolo. Ai lati di questo affresco, se ne trovano
altri due, recanti San Pietro a sinistra, raffigurato con le chiavi,
e San Giacomo il Maggiore a destra; entrambi sono coevi alla Crocefissione e sembrano formare con quest’ultima una sorta di trittico.
Altri brani di affreschi
degni di nota sono il gruppo con la Madonna con Bambino e santi, il
S. Antonio Abate ed un’altra Crocifissione purtroppo mutila della
parte superiore.
Affresco raffigurante la
Madonna con il Bambino e santi
A sinistra della Vergine una figura femminile con un piccolo animale in braccio (Maria di Cleofa?); a destra invece, l’Arcangelo Michele, una figura femminile che porta una capsella (scrigno) (Maria Maddalena?), ed un vescovo. In basso, a destra della figura femminile con la capsella, si vede una figurina femminile di piccole dimensioni, da identificare con l’anonima committente dell’affresco. Il fulcro della composizione sembra comunque essere l’Arcangelo Michele al centro, con la lancia nella mano destra, il libro nella sinistra ed il diavolo in forma di drago sotto i piedi. Questa posizione centrale dell'arcangelo si spiega facilmente se si pensa agli interventi di abbellimento e restauro promossi dai sovrani angioini nel santuario micaelico di Monte Sant’Angelo sul Gargano, meta di pellegrinaggio sin dal V secolo.
Un particolare interessante è la
fattura delle aureole, realizzate nell’intonaco fresco, con incavi
atti ad accogliere decorazioni in smalti colorati o in tesserine di
mosaico.
Monumenti funebri
Il sepolcro degli Altavilla
Roberto il Guiscardo attorno
al 1069, decise di tumulare nella prima chiesa abbaziale - accanto ai resti
del fratello e predecessore Umfredo - anche quelli degli altri
fratelli : Guglielmo detto Braccio di Ferro, iniziatore della
conquista normanna del Meridione, e Drogone. Il ruolo di mausoleo
dinastico così conferito alla Trinità venne ancor più
rafforzato nel 1085 dalla sepoltura dello stesso Guiscardo voluta
dalla seconda moglie Sichelgaita e favorita dall'abate Berengario, giunto
dal monastero normanno di Saint-Évroul-sur-Ouche (antica Uticum)
attorno al 1063.
La sistemazione delle
spoglie dei primi duchi normanni in un unico monumento sepolcrale - attualmente collocato nella navata destra - si
deve, in base alle cronache del tempo, al balivo dell'Ordine
giovannita Agostino Gorizio Barba da Novara, a sua volta sepolto nella basilica
nel 1560.
L'arcosolio è decorato da una brutta Crocefissione ai lati della quale si dispongono inginocchiati due cavalieri. Sul timpano lo stemma della casa d'Altavilla affiancato da quelli dei cavalieri di S.Giovanni.
Ritratto di Agostino Gorizio Barba da Novara.
Il ritratto, opera di
Giovanni Todisco, venne fatto eseguire dal figlio Gerolamo, nel 1566,
affrescando la superficie del quarto pilastro di destra della navata
centrale; la figura del cavaliere è vestita con il mantello nero che
contraddistingue l’Ordine dei Cavalieri di S.Giovanni e la spada al
fianco, inginocchiato davanti ad una Madonna con Bambino che emerge
da una nuvoletta; lo sguardo è assorto in preghiera con il viso
rivolto verso il breviario aperto sull’inginocchiatoio.
Il sepolcro di Aberada (Alberada) di Buonalbergo
Collocato nella navata sinistra, si
presenta sotto la forma di un sarcofago sormontato da frontone
triangolare sorretto da colonne con capitelli a foglia di vento. Aberada (Alberada) di Buonalbergo era la prima moglie di Roberto il Guiscardo, da lui ripudiata nel 1059 per poter sposare la principessa longobarda Sichelgaita di Salerno e cementare l'alleanza tra i due popoli. Fu la madre di Boemondo I d'Antiochia, il primogenito del Guiscardo, a cui fa riferimento anche la scritta latina che corre lungo l'architrave del frontone:
Quest'arca
contiene Aberada, moglie del Guiscardo.
Se chiedi del figlio,
quello (lo) tiene il Canosino.
A Canosa si trova infatti il mausoleo dove riposano le spoglie di Boemondo.
Il sepolcro degli Acciaiuoli
Attualmente collocato nella navata sinistra accanto a quello di Aberada, conteneva le spoglie di due membri - Raffaele (morto nel 1458) ed Emilio (morto nel 1470) - della famiglia degli Acciaiuoli che tenne la Signoria di Melfi tra il XIV ed il XV secolo.
E' simile
nell’impostazione a quelli degli Altavilla e di Aberada,
presentando un arcosolio in pietra, con terminazione a timpano.
Il sarcofago è stato
trasferito a Roma negli anni ’50 del XX secolo da un discendente
della famiglia.
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