Probabilmente si deve proprio ad un condottiero bizantino – la tradizione popolare riferisce di un certo Andronico Cevrites, che al comando di truppe saracene avrebbe costituito qui un presidio nell'VIII sec. - la costruzione a Lagopesole di un vero e proprio impianto difensivo fortificato (Castrum) tra il IX e l'XI secolo. In questo periodo infatti, come attestano le fondazioni di un muro nel cortile minore del castello e le numerose monete greche risalenti al X e XI secolo ritrovate nella discarica angioina sita nello stesso cortile, il castello di Lagopesole era stato inserito dai Bizantini nel complesso sistema di controllo territoriale regolato dalla città fortificata di Acerenza.
In epoca successiva l'imperatore Federico II, per affermare la presenza imperiale sul territorio, per garantire i propri spostamenti e praticare il suo sport preferito, la caccia, fece erigere o rimaneggiare un considerevole numero di castelli che raggiungeva accompagnato da un seguito di armigeri, falconieri e notabili della curia, da un folto stuolo di animali esotici (tra cui elefanti e dromedari), nonché da una cospicua parte della sua ricchissima biblioteca e dei gioielli di corte. Degli 11 castelli presenti nella regione del Vulture in epoca federiciana soltanto tre (Melfi, San Fele e Acerenza) mantennero una funzione esclusivamente difensiva, Lagopesole fu viceversa trasformata – i lavori iniziarono nel 1242 e si protrassero probabilmente fino al 1250 - in residenza imperiale (domus). L’assenza di elementi difensivi come saettiere, balestriere e caditoie e per contro l’abbondanza e la cura architettonica nella realizzazione delle aperture esterne ne sono la riprova.
1. Ingresso
2. Cortile maggiore
3. Cortile minore
4. Dongione
5. Cappella palatina
Ingresso
L'impianto del castello
mostra una sostanziale coerenza del circuito murario esterno
attraversato uniformemente, poco al di sotto della metà dell’altezza
totale, da una vistosa cesura che lo divide in una zona superiore
relativamente bene apparecchiata in modulo costante medio-grande e
leggermente bugnato, nella quale si inseriscono coerentemente le
aperture, e una zona inferiore in muratura non apparecchiata, in
materiale lapideo diverso e non omogeneo, con pietre molto più
piccole e sommariamente sbozzate.
La funzione prettamente
difensiva era invece assegnata al dongione, costruito nella parte sud
orientale del recinto. In realtà, se la struttura generale del
dongione fa immediatamente pensare ad una struttura tipicamente
difensiva (ingresso principale posto a 4 metri dal piano campagna,
presenza di feritoie, bugnato meno aggettante nella parte inferiore),
la cura dei particolari architettonici del piccolo locale interno
lascia supporre, anche per questa costruzione, una funzione
residenziale.
Il dongione
Lo spazio agibile all’interno è corredato di accessori di servizio (un lavabo), mentre la presenza di importanti particolari architettonici sia all’interno (sagoma modanata dei costoloni, chiave di volta, taglio affilato e mordente della pietra nel profilo delle aperture) sia all’esterno, con l’inserimento di pregevoli pezzi scultorei (1), fanno della costruzione la parte che raggiunge la massima espressione architettonica di tutto il complesso e che trova possibili confronti solo con alcuni particolari della fabbrica di Castel del Monte.
È probabile che Federico II abbia pensato alla realizzazione di un piccolo appartamento reale, ben difeso, in cui ritirarsi per studi ed approfondimenti. La posizione disassata del dongione rispetto al resto della struttura, infatti, può essere spiegato sia da un punto di vista tecnico, considerando
la forma dello sperone roccioso sul quale è stato realizzato, sia in relazione ad un significato esoterico. Gli assi, infatti, sono esattamente posti in direzione nord-sud e est-ovest.
La parte prettamente residenziale del complesso federiciano è rappresentata dalle tre ali costruite sul lato nord, est e ovest del cortile maggiore. Di queste la parte imperiale, detta palatium, è quella a nord e doveva essere posta in un sistema spaziale aperto proprio di fronte al dongione che rappresentava la parte riservata dell’imperatore.
In epoca angioina il castello fu rimodernato sotto la direzione di Pierre d’Angicourt e Jean de Toul, restaurandone le coperture e dotandolo di un acquedotto, di scuderie e di un laghetto artificiale antistante (donde il nome di Lagopesole) nel quale vennero allevate anguille, pescate nei laghi di Versentino e Salpi.
Sul lato occidentale del castello si apre l'unico accesso, attraverso un portale a sesto acuto protetto da due torri binate si accede ad un ambiente voltato a botte (risalente all'epoca dei Doria, XVI sec) su cui si aprono due porte: quella a destra conduce alla zona più antica (normanna), denominata cortile minore, dove si trova il dongione a pianta quadrata precedentemente descritto; quella a sinistra permette di entrare, dopo aver percorso una scala, dentro il grande Salone dell'Imperatore sito al primo piano, con una serie di pregevoli mensole a capitello, che sostenevano le coperture originarie, con i loro motivi osservati quasi “in presa diretta” dal repertorio della natura (gelso e cerri, uva e fichi, uccelli svolazzanti, orsi e cinghiali), a riproporre un intento già manifestatosi nella compilazione del famoso De arte venandi cum avibus, il trattato di ornitologia e falconeria che è lo specchio fedele dei molti e variegati interessi dell’imperatore in materia di caccia e di fenomeni naturali. In prossimità della torre nord-ovest vi è una stanza chiamata la stanza segreta, perchè l'entrata era nascosta da una scala che la copriva. Essa ha pianta quadrata con volta a crociera e mantiene qualche decorazione sulle colonnine angolari.
Il cortile maggiore
Sullo sfondo la cortina muraria che lo separa da quello minore, sulla sinistra il portale d'accesso alla cappella palatina e a destra l'ingresso del corridoio voltato a botte che porta all'ingresso del castello.
Passando questo ambiente si giunge al Salone della Regina. Vi si accede anche dal cortile maggiore attraversando un portale con arco a sesto acuto e sormontato da una meridiana.
Il portale d'accesso al Salone della Regina
Il Salone degli Armigeri (ala est) riporta una piccola curiosità. In fondo alla sala vi è una porta che tramite una scala portava ad un'apertura nella fortezza. E' la cosiddetta "porta del soccorso" o "posterla", un piccolo ingresso nascosto sempre aperto per permettere ai messaggeri di giungere con notizie magari di attacchi imminenti molto velocemente.
Sul lato sud del cortile maggiore, in linea con la porta d'ingresso si trova una cortina muraria che lo separa da quello minore a cui si accede per mezzo di un portale architravato su cui campeggia un motivo decorativo geometrico di tipo cistercense.
Il cortile maggiore
In primo piano la rampa d'accesso al Salone degli Armigeri. Le frecce indicano i sistemi di canalizzazione per la raccolta delle acque piovane.
La parte posteriore della cappella palatina risale molto probabilmente al periodo normanno, giacchè è inserita nella cinta muraria originaria.
Il portale della cappella è attribuito all'epoca federiciana dal Cadei che ravvisa nella cornice a timpano che inquadra l’arcata acuta e nell’impiego di pietra rossa per la sua realizzazione, forti consonanze stilistiche con alcuni portali interni di Castel del Monte che ne ricordano l’elegante policromia. Secondo la maggior parte degli studiosi è invece da riferirsi all'epoca angioina.
La chiesa presenta una pianta a navata unica e resti di affreschi del XIII secolo nella parte absidale, in quello a sinistra del finestrone centrale si riconoscono una donna e un uomo: quest'ultimo ha una conchiglia appuntata. I due personaggi sono inginocchiati dinanzi a uno scudo con il fondo blu e una croce latina bianca sulla quale sono disegnate altre conchiglie che venivano rilasciate ai pellegrini che compivano il pellegrinaggio a Santiago di Compostela (2).
All'interno appare straordinariamente sviluppata in altezza per la necessità dell'imperatore e della consorte di assistere alla funzione da un balcone aggettante sulla parete sinistra, il primo, e da un matroneo sovrastante l'ingresso, la seconda. Entrambi gli ambienti comunicavano con i rispettivi appartamenti dei sovrani.
Interno
al di sopra del portale d'ingresso, il matroneo da cui l'imperatrice assisteva alle funzioni
Le mensole che sostenevano il balcone destinato all'imperatore
Al piano terra si aprono tre
porte:
2) Quella di destra conduce al piano terra dell'ala meridionale. Attraverso questi ambienti si raggiunge la torre di sud est in cui si trovano due piccole stanze che furono adibite a prigione;
3) La terza porta si apre nell'abside e conduce ad un piccolo ambiente illuminato da due feritoie.
Il castello di Lagopesole fu la residenza prediletta del figlio di Federico II, Manfredi, e della moglie Elena Angelina Comnena - figlia del despota d'Epiro Michele II e di Teodora Petraliphaina - che la preferirono a Palermo. Dopo la sconfitta e la morte di Manfredi nel corso della battaglia di Benevento (1266), Carlo I d'Angiò vi fece rinchiudere la regina Elena.
Dopo gli angioini il castello iniziò a decadere. Divenne feudo dei Caracciolo nel 1416 e poi, nel 1513, dei Doria Pamphili, che ne rimasero i legittimi proprietari fino al 1969. Durante il Brigantaggio filoborbonico, Lagopesole fu assediata dalle bande di Carmine Crocco che fecero del castello il loro quartier generale (1861-1863).
Note:
(2) Secondo la
leggenda Teodosio
e Attanasio, discepoli di S.Giacomo Maggiore (Santiago), portavano il
corpo del santo in Galizia; passato lo stretto di Gibilterra,
seguirono le coste atlantiche sino a giungere in un luogo chiamato
Bouzas.
Si stavano celebrando le nozze di una coppia quando il cavallo dello
sposo inciampò e cadde in acqua sprofondando immediatamente. La
gente già piangeva la loro morte quando sposo e cavallo emersero
all'improvviso accanto alla barca che trasportava il corpo del santo.
Cavallo e cavaliere uscirono con il corpo interamente tappezzato di
conchiglie. I due discepoli fecero sapere alla gente che si trattava
di un miracolo e che il corpo che trasportavano era quello di San
Giacomo che aveva predicato il Vangelo nelle terre di Spagna.
Riconoscendo nell'accaduto la benevolenza dell'apostolo si assunse la
conchiglia come simbolo del pellegrinaggio. In seguito la conchiglia
fu utilizzata stabilmente nell'iconografia religiosa come simbolo del
pellegrinaggio a Santiago di Compostela e, più in generale, di ogni
pellegrinaggio.
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