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martedì 21 aprile 2020

La cattedrale di San Matteo, Salerno

La cattedrale di San Matteo, Salerno




Fu costruita tra il 1080 ed il 1085 per volere di Roberto il Guiscardo – che aveva conquistato la città nel 1077 – sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di San Matteo de Archiepiscopio, che ospitava le reliquie di San Matteo (1) poi traslate nell'attuale cattedrale, consacrata da papa Gregorio VII, rifugiatosi a Salerno, nel luglio del 1084.
La forma della chiesa originale fu probabilmente suggerita da Alfano I, arcivescovo di Salerno e monaco benedettino, assiduo frequentatore dell'Abbazia di Montecassino per la quale elaborò i versi dei tituli che accompagnavano la decorazione delle pareti. Alfano ispirò la forma e la pianta proprio della chiesa cassinese fatta edificare dall'abate Desiderio fra il 1066 e il 1071. Quest'ultimo, nell'ambito di un recupero della tradizione cristiana, aveva preso a modello la basilica del suo predecessore aggiornata alle innovazioni carolingie, da cui l'inserimento del transetto triabsidato, precedentemente sconosciuto all'architettura altomedievale dell'Italia centromeridionale.
Come la chiesa cassinese anche la cattedrale di San Matteo presenta infatti una pianta articolata in un corpo longitudinale a tre navate con uno orizzontale, il transetto con tre absidi, ed è preceduta da un quadriportico.


Un primo elemento innovativo è dato invece dalla forma della cripta, ad aula con lo spazio scandito da colonne e con le absidi in corrispondenza con quelle del transetto superiore. Questo tipo di cripta, ben conosciuto in Europa e nell' Italia settentrionale, era assolutamente inusuale nell'Italia centromeridionale. In San Pietro come a Montecassino, la cripta era infatti un vano angusto, corrispondente ad un martirium.

La facciata attuale risale in gran parte al rifacimento di età barocca. Del prospetto originale rimane il portale, detto Porta dei Leoni a causa di due statue ai lati degli stipiti raffiguranti un leone (simbolo della forza) e una leonessa con un leoncino (simbolo della carità). 


Sull'architrave, scolpita ad imitazione di un portale romano, una scritta ricorda la pace tra Roberto il Guiscardo ed il nipote Giordano Drengot (2), principe di Capua. Il fregio, raffigurante una pianta di vite (rimando al salvifico Sangue di Cristo) presenta altre decorazioni animali: una scimmia (simbolo dell'eresia) e una colomba che becca i datteri (simbolo dell'anima che si pasce dei piaceri ultraterreni).
Nella lunetta al di sopra del fregio, un affresco seicentesco (che ha sostituito un deteriorato mosaico del 1290) raffigura San Matteo che scrive il vangelo ispirato dall'angelo, che alcuni vogliono sia opera di Angelo Solimena.


Vi si accede per mezzo di una scalinata a doppia rampa che, nel rifacimento del 1688. ha sostituito l'originale scalinata a dodici gradini semicircolari.


Il portale immette ad un ampio atrio circondato da un colonnato - un'ideale continuazione verso l'esterno delle navate interne - le cui colonne provengono dal vicino Foro Romano di piazza Conforti, sormontate da archi a tutto sesto decorati con intarsi di pietra vulcanica sulle lesene e ai pennacchi. Splendido è il loggiato soprastante traforato da bifore e pentafore.



Sull'atrio si apre la porta bronzea che da accesso alla chiesa, fusa a Costantinopoli nel 1099 e donata alla città dai due coniugi Landolfo Butrumile e Guisana Sebaston (le cui lapidi tombali, molto rovinate, sono incassate a lato della porta), è composta da 54 formelle in gran parte raffiguranti croci bizantine, presenta al centro una teoria di santi (tra i quali spicca san Matteo), da notare la formella con la raffigurazione simbolica di due grifi che s'abbeverano ad un fonte battesimale.

San Matteo con ai piedi i due donatori

Presso la porta, sono incisi su una lapide quattro versi di una poesia che Gabriele D'Annunzio dedicò alla Cattedrale.
Al centro dell'atrio era un tempo collocata una fontana monolitica in granito egiziano proveniente dal tempio di Nettuno a Pestum che piacque a Re Ferdinando IV di Borbone che nel 1820 la fece trasferire a Napoli nella Villa Reale, attualmente villa comunale, dove venne inserita in un complesso monumentale ideato dall'architetto Pietro Bianchi (nota come Fontana delle Paparelle). La fontana attuale è un vecchio fonte battesimale.


Addossato al lato meridionale del quadriportico è collocato il monumentale campanile arabo-normanno, che si eleva per quasi 52 metri con una base di circa dieci metri per lato. Da una lapide murata sulla fronte meridionale si legge che committente fu Guglielmo da Ravenna, arcivescovo di Salerno dal 1137 al 1152, durante il regno di Ruggiero II (1130-1154).

E' composto di quattro cubi e termina con un tiburio a cupola. La sua composizione risponde ad una precisa esigenza statica in quanto i primi due piani, indubbiamente più pesanti, sono in travertino e costituiscono una solida base di sostegno. Gli altri due piani sono in blocchetti di laterizio, certamente più leggeri. Tutti i piani sono alleggeriti da ampie bifore che scaricano i pesi lateralmente sugli angoli.


La torretta costituisce la parte più interessante con la decorazione a dodici archi a tutto sesto intrecciati con alternanza regolare di diversi materiali policromi. La cupoletta è demarcata da una fascia decorata con stelle a sei punte.

L'interno della cattedrale è fortemente caratterizzato dal rifacimento settecentesco e si presenta diviso in tre navate da massicci pilastri, all'interno dei quali, durante i restauri, sono stati in parte scoperti i capitelli e le colonne originali. Nella chiesa normanna queste colonne erano originariamente in numero di dodici per lato, di cui le ultime tre inglobate nella recinzione del coro. La ristrutturazione settecentesca – resa necessaria dai gravi danni strutturali inferti all'edificio dal terremoto del 1688 - rimosse alcune colonne (forse spezzatesi) e inglobò le altre nei pilastri attualmente visibili. All'esterno del muro perimetrale normanno di destra si estendeva inoltre un'area adibita a cimitero, con la ristrutturazione quest'area viene assorbita dalla chiesa formando le sei cappelle di destra. Fra la quinta e la sesta cappella, un varco ha permesso la conservazione del prezioso affresco che era stato realizzato nel cimitero, segnando il limite su cui correva il muro guiscardiano.
La pianta della chiesa presenta una particolare anomalia: la navata destra, dal portale al fondo dell'abside, è più corta della sinistra misurata fra gli stessi punti. La cosa appare voluta e non dipendente da errori costruttivi, poiché a fronte di un perfetto parallelismo dei muri laterali guiscardiani, che correvano appena arretrati rispetto al fronte degli attuali pilastri divisori delle cappelle, la posizione ad essi obliqua della facciata e del lato relativo del quadriportico è ottenuta con ringrossi interni alla parete che vanno riducendosi verso destra, in modo da ottenere una parvenza di regolarità interna a fronte dell'irregolarità effettiva. Quando furono realizzati gli altri tre lati del quadriportico, il parallelismo dei muri laterali fu sostanzialmente mantenuto, mentre la facciata esterna fu anch'essa orientata come l'interna, per cui l'intero edificio venne ad essere più corto nel lato destro rispetto al sinistro. Potrebbe trattarsi di un adeguamento alle condizioni dell'ambiente in cui si operò, ma è poco probabile stante la sostanziale uniformità dell'inclinazione delle due facciate pur costruite a circa ottant'anni di distanza, quasi a perseguire un canone di tipo esoterico.  


La navata centrale termina con un coro ligneo delimitato da due amboni sorretti da colonnine tipicamente bizantine decorate con un intarsio di pietre policrome.
Quello di sinistra (in cornu evangelii) è detto ambone Guarna, perchè donato dall'arcivescovo di Salerno Romualdo Guarna (1163-1180). Il pulpito è retto da quattro colonne, tre delle quali sormontate da capitelli figurati, mentre la quarta presenta il capitello a motivi vegetali. Al di sopra i pannelli degli archi presentano i simboli degli Evangelisti. Al di sotto della base del lettorino è rappresentata la testa di Abisso.
Quello di destra (in cornu epistulae) è detto ambone d'Aiello, perché la sua donazione è attribuita alla famiglia dell'arcivescovo Niccolò D'Aiello (1188-1221). E' a pianta rettangolare su dodici colonne a fusto liscio con capitelli in cui si ripetono più motivi ornamentali. Sui pannelli a mosaico si ritrova il motivo del disco inserito in una cornice a spirale. I capitelli del colonnato, soprattutto quelli con figure di uccelli, protomi e cornucopie, sono in stretto collegamento con quelli di analogo soggetto, ma di fattura meno raffinata, del chiostro di Monreale.

Mosaici: degli ampi mosaici originari rimangono frammenti dei simboli degli evangelisti Matteo e Giovanni sull'arco trionfale dell'abside centrale.

Abside di sinistra

Nell'abside di sinistra (nota anche come Cappella del SS. Sacramento) è raffigurato un Battesimo di Cristo integrato ad affresco nel XIV secolo.

Abside di destra

L'abside di destra - detta Cappella dei Crociati, perché durante la visita di Papa Urbano II (1088-1099), fu istituita una confraternita che si proponeva di raccogliere soldati e fondi per la liberazione del Santo Sepolcro -fu fatta costruire e rivestire di mosaici (1258), da Giovanni da Procida. Il mosaico – fortemente restaurato - al centro della cappella rappresenta San Matteo in trono; al di sopra San Michele Arcangelo, ai lati San Lorenzo, Giacomo, Fortunato e Giovanni. Ai piedi di San Matteo si vede, in piccolissime proporzioni, la figura di Giovanni da Procida (3). Nel sarcofago sono racchiusi i resti di papa Gregorio VII, morto a Salerno nel 1085.


Completa l'insieme dei mosaici rimasti quello bellissimo di controfacciata, risalente agli anni inizi del XIII sec. e raffigurante il patrono S. Matteo benedicente.

La cripta: è costituita da un’aula in tre navate trasversali al transetto della Cattedrale, sotto il quale si estende, dalla Cappella delle Reliquie, semicircolare, che si configura come abside della navata centrale, e da tre altre cappelle di forma analoga che si aprono lungo la parete orientale, in corrispondenza delle absidi della chiesa superiore; ciascuna navata è ripartita in nove campate con volte a crociera poggianti su colonne. L'aspetto barocco attuale è dovuto alla radicale trasformazione realizzata da Domenico Fontana ai primi del '600.

Note:
(1) Secondo una versione riportata dalla Legenda Aurea, Matteo sarebbe morto in Etiopia e nel V secolo le sue spoglie sarebbero giunte, dopo svariate vicissitudini, a Velia (l'antica Elea) nel Cilento nei cui pressi rimasero sepolte per più di 500 anni sotto una lastra di marmo non lontano da alcune terme romane. La leggenda vuole che nell’anno 954 una donna di nome Pelagia sognasse San Matteo e che a lei l’Evangelista indicasse il luogo ormai abbandonato della sua sepoltura, voluta, anni addietro, da alcuni mercanti della zona, sollecitandola a esumare le spoglie con l’aiuto del figlio, il monaco Anastasio. Queti si mosse prontamente, alla ricerca del sacro corpo nei pressi del fiume Alento, come il Santo aveva ben descritto. Ritrovato il corpo e avvolto in un bianco lenzuolo, il monaco era intenzionato a trasportare la salma a Costantinopoli ma, giunto al porto di Amalfi per imbarcarsi, ne fu impedito, per ben due volte, dal sopraggiungere di improvvisi temporali. Il monaco nascose quindi le reliquie in una chiesa non lontana dalla sua cella, la quale era situata in località “ad duo flumina” nei pressi di Casal Velino, ed oggi nota come cappella di San Matteo. All’interno della chiesa è a tutt’oggi presente l’arcosolio sotto il quale è posizionata una lapide del XVIII secolo a testimonianza dell’evento della traslazione del Santo da Casal Velino a Salerno, e una copia della stessa si trova all’ingresso della cripta del Duomo di Salerno. Da qui, per ordine del vecovo Giovanni, le spoglie dell'evangelista sarebbero state traslate nella cattedrale di Capaccio (oggi Santuario della Madonna del Granato) in un sarcofago che fa colà ancora bella mostra di sè come base dell'altare centrale.
Il principe di Salerno Gisulfo I,venuto a conoscenza di ciò, incaricò il vescovo Bernardo di curarne la traslazione a Salerno dove le reliquie dell'evangelista giunsero il 6 maggio 954 e furono deposte in una chiesa a lui ridedicata (S.Matteo de Archiepiscopio) sul cui sito insisterebbe la cattedrale normanna attualmente visibile e nella cui cipta sono oggi custodite le reliquie.

(2) Giordano I di Capua (1078-1091) era figlio di Riccardo Drengot e Fredesenda, sorella del Guiscardo. La sua politica fu altalenante, schierandosi a volte dalla parte del papato (e quindi del Guiscardo che lo difendeva) e a volte a fianco dell'imperatore tedesco.

(3) Medico della Scuola salernitana, Giovanni da Procida (1210-1298) fu anche un fine diplomatico e uomo politico. Legatissimo alla dinastia sveva fu incaricato da Federico II dell'educazione del figlio Manfredi al cui fianco rimase fino al disastro di Benevento (1266). Successivamente fu uno degli ispiratori della rivolta antiangioina dei Vespri siciliani (1282).







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