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giovedì 4 agosto 2011

Chiesa Acheropoietos, Tessalonica

Chiesa Acheropoietos, Tessalonica

La chiesa era dedicata alla Teotokos Acheiropoietos, l'epiteto che significa non fatta da mani umane era probabilmente riferito ad una icona della Vergine in posizione di supplice che era conservata nella chiesa. A partire dal XIV sec. la chiesa e il quartiere circostante cominciano a comparire nelle fonti con il solo nome di Acheiropoietos.
Fondazione: un'inscrizione sull'arco centrale del tribelon nomina come donatore del mosaico un certo Andrea, che è stato identificato con il rappresentante del metropolita al concilio di Calcedonia (451). La chiesa risalirebbe quindi al terzo quarto del V sec. e sarebbe stata costruita sul sito di un più antico complesso termale, resti del quale sono ancora visibili all'interno della basilica.
Architettura: la chiesa presenta una pianta basilicale a tre navate sopravanzate da nartece. Il nartece comunica con le navate laterali per mezzo di due aperture ad arco e attraverso un tribelon sostenuto da due colonne con la navata centrale. La navata centrale è separata da quelle laterali da due file di dodici colonne di marmo del Proconneso. A livello del suolo gli intercolumnii erano bloccati da lastre di marmo di cui sono visibili gli incassi negli stilobati delle colonne. L'abside è di forma semicircolare e presenta attualmente tre finestroni separati da pilastri (rifacimento realizzato dopo il terremoto del 1978).
Esternamente è possibile vedere i resti delle mensole che sostenevano le colonnette che separavano le originarie cinque finestre.
La navata settentrionale comunica al suo termine per mezzo di tre aperture con una struttura adiacente, trasformata in cappella dedicata a S.Irene durante il periodo mediobizantino. Poco prima della cappella sono visibili frammenti di pavimenti decorati a mosaico con motivi geometrici che risalgono al preesistente edificio termale.

Prospetto sudorientale

L'unico ingresso attualmente aperto sul lato meridionale è preceduto da un propileo. L'importanza attribuita a questo ingresso testimonia il ruolo cerimoniale che la via regia, verso cui esso è rivolto, ancora aveva all'atto di fondazione della chiesa. Accanto a questo ingresso si trova una cappella che comunica direttamente con la navata laterale in cui è stato identificato l'antico battistero.
Nel corso di lavori di restauro eseguiti nel XV sec. la navata centrale è stata abbassata ed è stata completamente eliminata la galleria che correva lungo la facciata ovest. Del pari non esiste più l'esonartece di cui sono visibili tracce all'esterno della facciata ovest.

Facciata ovest
 
Capitelli: sono coevi alla realizzazione della chiesa (epoca teodosiana) e sono probabilmente di fattura costantinopolitana. La decorazione consiste in due file di foglie di acanto che ricadono arricciandosi verso il basso, con quattro volute agli angoli del capitello. Inferiormente c'è una fascia di foglioline inclinate.
La faccia principale del pulvino è decorata dal monogramma di Cristo incorniciato da foglie di acanto, quella posteriore da una semplice croce a rilievo.

 
Sull'ottava colonna da est del colonnato nord è inciso il monogramma di Murad II (1421-1451) a ricordare la conversione della chiesa in moschea. L'ambone originale della chiesa è oggi visibile nella Rotonda di S.Giorgio.
 
Mosaici (V sec, coevi alla fondazione della chiesa):
Sottarchi del colonnato:
I-3 Rami frondosi nascono da due vasi e circondano una croce d'oro in campo azzurro al centro dell'arco.


4 Arco decorato con una serie di pesci
5-8 Motivi vegetali
9 Serie di pesci
10-12 Motivi geometrici

Affreschi (prima metà XIII sec.):
La parete della navata meridionale al di sopra del colonnato era decorata con i ritratti dei Quaranta martiri di Sebaste, raffigurati alternativamente a figura intera, nello spazio al di sopra delle colonne, e a mezzo busto in medaglioni al di sopra degli archi. I santi indossano uniformi militari e impugnano tutti con la destra una croce, simbolo del martirio. Gli affreschi furono ricoperti da intonaco e scalpellati durante la dominazione ottomana, ne rimangono 18 in pessime condizioni. La stilizzazione nella resa delle figure segna la persistenza dello stile comneno che però, soprattutto nel carattere popolare delle fisionomie dei santi raffigurati nei medaglioni, si combina al naturalismo del cosiddetto Rinascimento paleologo. Gli affreschi sono quindi databili agli inizi del XIII sec.

 
 


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