Il Tempio di Portuno come appare attualmente
Sotto il pontificato di papa Giovanni
VIII, tra l'872 e l'873, Il Tempio di Portuno al Foro Boario (fino
agli inizi del XX secolo noto come Tempio della Fortuna virile) (1) fu
trasformato in chiesa inizialmente dedicata alla Vergine e nota come
Santa Maria de Secundicerio.
Un'epigrafe (oggi perduta) ritrovata
durante i restauri del 1579 e databile al IX secolo, pone la
decorazione parietale della chiesa primitiva in relazione alla
committenza di un certo Stefano detto Secundicerio (2). Dal momento che
questo titolo indicava la seconda carica della corte pontificia,
doveva trattarsi di un personaggio molto influente e allineato alle direttive della politica papale.
Nel 1492 appare per la prima volta
nelle fonti con il nome di Santa Maria Egiziaca che manterrà
ininterrottamente fino al 1916, quando verrà sconsacrata per
ripristinare l'antico tempio romano.
Nel 1566 la chiesa fu data in
concessione alla Congregazione armena da papa Pio V in sostituzione
di quella dedicata a San Lorenzo che era stato necessario abbattere
per costruire il muro perimetrale del ghetto ebraico.
Nel 1579 su istanza di papa Gregorio
XIII, il cardinale Giulio Antonio Santori, nominato l'anno precedente
protettore della Congregazione armena, fece restaurare ed abbellire
la chiesa. Il cardinale fece anche costruire un nuovo edificio,
utilizzato come “ospizio” dagli Armeni, addossato al lato est del
tempio, quello che oggi si sviluppa lungo via Petroselli. Questo
edificio, più alto rispetto al tempio, inglobò nelle sue stanze le
colonne e i capitelli di questo lato che furono più volte
danneggiati da incendi e manomissioni.
Il Tempio trasformato in chiesa come appariva in una fotografia del 1895. Sulla sinistra, addossato al suo lato orientale, si nota l'ospizio degli armeni
Nel 1916 l'edificio divenne proprietà
dello Stato italiano e tra il 1921 ed il 1925, sotto la direzione di
Antonio Munoz, furono intrapresi i lavori volti ad isolare il
monumento (venne completamente demolito l'adiacente ospizio degli
armeni) e riportare il tempio alla su conformazione originaria. Lo
smantellamento dei pilastri cinquecenteschi – collocati a metà
delle pareti lunghe e nei due angoli di quella di fondo – portò
alla luce lacerti della decorazione parietale del IX secolo, altri
frammenti furono ritrovati in corrispondenza della lunetta della
parete di fondo.
Della decorazione parietale coeva alla
trasformazione dell'edificio in chiesa, rimangono oggi in situ
tre fasce verticali – divise in sette registri – disposte sui il
lati lunghi dell'edificio e otto frammenti di affresco già
distaccati da A. Muñoz e applicati su supporti mobili (attualmente
i tre più grandi sono posti sulla parete di fondo e gli altri sulle
pareti laterali).
Il registro superiore era dedicato
all'Infanzia della Vergine , quello inferiore al ciclo
cosiddetto della Dormizione.
Nel terzo registro scorrevano le scene della vita di san Basilio, a questo registro appartengono anche due coppie di clipei con le sante romane Rufina e Prisca e gli orientali Pantaleone e Tuthael (4).
Annunciazione ante mortem (3)
Nel terzo registro scorrevano le scene della vita di san Basilio, a questo registro appartengono anche due coppie di clipei con le sante romane Rufina e Prisca e gli orientali Pantaleone e Tuthael (4).
La peccatrice penitente s'inginocchia ai piedi di san Basilio
Una peccatrice aveva scritto i suoi
peccati su una pergamena sigillata che portò a San Basilio per
chiedergli d'intercedere presso il Signore per ottenerne il perdono.
Il Santo pregò tutta la notte ed il giorno seguente i peccati della
donna erano cancellati. Tutti tranne uno. Per questo il santo la
mandò da Sant'Efrem che non fu però in grado di aiutarla. Sulla via
del ritorno incrociò il corteo funebre di San Basilio che nel
frattempo era morto e, disperata, gettò la pergamena sul corpo del
santo. Un sacerdote la raccolse e ruppe il sigillo trovando la
pergamena completamente bianca. Il santo morendo aveva redento
l'ultimo peccato della donna.
I Santi Pantaleone e Tuthael
Il quarto
registro era dedicato alla vita di Maria Egiziaca ed il
quinto era occupato da figure stanti di santi e martiri.
Al di sotto di questo registro la decorazione continuava probabilmente con dei finti tendaggi – come d'uso nelle chiese romane dell'epoca - ma è completamente scomparsa.
Il monaco Zosimo incontra Maria Egiziaca nel deserto (5)
Al di sotto di questo registro la decorazione continuava probabilmente con dei finti tendaggi – come d'uso nelle chiese romane dell'epoca - ma è completamente scomparsa.
Nei cinque registri superiori le
singole scene appaiono inquadrate da cornici composte da cerchi
circondati da file di perline, dentro i quali si alternano testoline,
fiori stilizzati e palmette.
Infine, nella parte superiore della
parete di fondo era rappresentata una visione di Cristo in gloria,
della quale però rimangono solo alcuni lacerti.
Sulla parete di fondo della cella è
stato ritrovato un frammento di affresco con il volto della Vergine
(che doveva appartenere a una piccola abside poi demolita) più tardo
rispetto al ciclo decorativo principale e reso visibile dall’ultimo
restauro; intorno al volto è presente un’aureola a sbalzo sulla
quale sono state rinvenute tracce di doratura a foglia d’oro. Sulla
base di questi ed altri elementi si ipotizza una datazione intorno al
1200.
Maria Egiziaca, la santa eremita a cui era dedicata la chiesa, è venerata come protettrice delle prostitute pentite. Non era quindi inusuale, nel cuore della Roma cinquecentesca e papalina, vederne convenire una moltitudine per assistere alla funzione nel giorno (primo di aprile) in cui ricorreva la festività della santa.
Note:
(1) Si tratta di
edificio pseudoperiptero in tufo e travertino di epoca
repubblicana, con pronao tetrastilo e innalzato su un podio
accessibile da una scalinata. I lati maggiori sono costituiti da due
colonne e cinque semicolonne sui muri della cella (le colonne del
pronao e quelle sui quattro angoli della cella, le basi e capitelli
sono in travertino, mentre le semicolonne e la cella sono in tufo,
tutto un tempo rivestito da prezioso stucco romano).
(2) Il titolo indicava uno dei sette
giudici palatini, alti funzionari della curia con mansioni
amministrative e giurisdizionali, assieme al primicerio e al
protoscrinario faceva parte della cancelleria. Era quindi la
seconda carica della corte pontificia.
(4) San Pantaleone è un santo medico - vedi qui - nativo di Nicomedia in Bitinia. Tuthael dovrebbe essere un santo stilita di origini siriache vissuto tra il V e il VI secolo di cui si dice che operò la resurrezione di un cadavere.
(3) Tre sono i principali manoscritti
apocrifi che raccontano gli ultimi giorni della Vergine: De
Transitu Marie (in lingua etiope), Dormitio Marie (in
greco) e Transitus Mariae (in latino), tutti databili in un
arco compreso tra il II e il IV secolo. Tutti e tre collocano al
morte della Vergine a Gerusalemme ed in tutti e tre ricorre la scena
della cosiddetta Annunciazione ante mortem, un angelo avrebbe
preannunciato alla Vergine la sua prossima morte e assunzione in
cielo. Se questa fosse la scena qui rappresentata, si tratterebbe
dell'unico esempio ritrovato in Italia.
(4) San Pantaleone è un santo medico - vedi qui - nativo di Nicomedia in Bitinia. Tuthael dovrebbe essere un santo stilita di origini siriache vissuto tra il V e il VI secolo di cui si dice che operò la resurrezione di un cadavere.
(5) cfr. scheda Maria Egiziaca