Il Palazzo della Zisa (dall'arabo al-Azīza=la splendente) sorgeva
al centro del parco del Genoardo (dall'arabo
gennet-ol-ardh=paradiso
in terra), il parco reale voluto da Ruggero II d'Altavilla
(1130-1154). Le prime notizie indicano il 1165 come data
d’inizio della costruzione della Zisa, sotto il regno di Guglielmo
I d'Altavilla detto il Malo (1154-1166) e che l’opera fu
portata a termine dal suo successore Guglielmo II d'Altavilla detto
il Buono, (1166-1189), subito dopo il conseguimento della
maggiore età (1175).
Significativi
interventi di restauro si ebbero negli anni 1635-36, quando Giovanni
de Sandoval – il cui stemma è incassato nella facciata al di sopra
del fornice maggiore - acquistò la Zisa, adattandola alle nuove
esigenze abitative. In occasione di questi lavori fu aggiunto un
altro piano chiudendo il terrazzo e si costruì, nell’ala destra
del palazzo, secondo la moda dei tempi, un grande scalone, resecando
i muri portanti e distruggendo le originarie scale d’accesso.
Lo stemma dei Sandoval de Leon al centro della facciata principale
Nel 1806, la Zisa fu acquisita dai
Principi Notarbartolo, rappresentanti della più antica nobiltà
siciliana ed eredi della Casa Ducale dei Sandoval de Leon, che ne
fecero la propria residenza effettuando diverse opere di
consolidamento, quali il risarcimento di lesioni sui muri e
l’incatenamento degli stessi per contenere le spinte delle volte.
Venne trasformata la distribuzione degli ambienti mediante la
costruzione di tramezzi, soppalchi, scalette interne e nel 1860 fu
ricoperta la volta del secondo piano per costruire il pavimento del
padiglione ricavato sulla terrazza.
Nel 1955 il palazzo fu espropriato
dallo Stato, ed i lavori di restauro, iniziati immediatamente,
vennero poco dopo sospesi. Dopo un quindicennio d’incuria ed
abbandono nel 1971 l’ala destra, compromessa strutturalmente dai
lavori del Sandoval e dagli interventi di restauro, crollò.
Attualmente la Zisa ospita il Museo
d'Arte Islamica.
Il titolo nobiliare di Principe della
Zisa fu creato dai Re di Spagna per i proprietari del castello: fu
concesso inizialmente ai Sandoval con apposito privilegio del 1672, e
in seguito passò con titoli e beni ai Notarbartolo di Sciara, eredi
dei Sandoval.
Il
Palazzo della Zisa, concepito come dimora estiva dei re normanni,
nasce da un progetto unitario, realizzato da un architetto di matrice
culturale islamica ben consapevole di tutta una serie di espedienti
per rendere più confortevole questa struttura durante i mesi più
caldi dell’anno. Si tratta, infatti, di un edificio rivolto a
nord-est, cioè verso il mare, per meglio godere delle brezze più
temperate, specialmente notturne, che venivano veicolate all'interno
attraverso i tre grandi fornici della facciata e la grande finestra
belvedere del piano alto. Questi venti, inoltre, venivano inumiditi
dal passaggio sopra la grande peschiera antistante il palazzo e la
presenza di acqua corrente all’interno della Sala della Fontana
dava una grande sensazione di frescura. L’ubicazione del bacino
davanti al fornice d’accesso, infatti, è tutt’altro che casuale:
esso costituiva una fonte d’umidità al servizio del palazzo e le
sue dimensioni erano perfettamente calibrate rispetto a quelle della
Zisa. Anche la dislocazione interna degli ambienti era stata
condizionata da un sistema abbastanza complesso di circolazione
dell’aria che attraverso canne di ventilazione, finestre esterne ed
altri posti in riscontro stabilivano un flusso continuo di aria.
Pianta del piano terra
Il
Palazzo è orizzontalmente distribuito in tre ordini, il primo dei
quali al piano terra è completamente chiuso
all’esterno, fatta eccezione per i tre grandi fornici d’accesso.
Il secondo ordine è segnato da una cornice marcapiano che delinea
anche i vani delle finestre, mentre il terzo, quello più alto,
presenta una serie continua di arcate cieche. Una cornice con
l’iscrizione dedicatoria chiudeva in alto la costruzione con una
linea continua. Si tratta di un’iscrizione in caratteri cufici,
molto lacunosa e priva del nome del re e della data, che è tuttora
visibile nel muretto d’attico del palazzo. Questa iscrizione venne,
infatti, tagliata ad intervalli regolari per ricavarne merli nel
momento in cui il palazzo fu trasformato in fortezza.
Il piano terra è costituito da un
lungo vestibolo interno che corre per tutta la lunghezza della
facciata principale sul quale si aprono al centro la grande Sala
della Fontana, nella quale il sovrano riceveva la corte, e ai lati
una serie di ambienti di servizio con le due scale d’accesso ai
piani superiori.
La Sala della Fontana, di gran lunga l’elemento architettonico più caratterizzante dell’intero edificio, ha una pianta quadrata sormontata da una volta a crociera ogivale, con tre grandi nicchie su ciascuno dei lati della stanza, occupate in alto da semicupole decorate da muqarnas (decorazioni ad alveare), in due delle quali un'apertura permetteva alle donne di sbirciare i ricevimenti da cui erano escluse.
La decorazione a muqarnas al di sopra del pannello musivo
Nella nicchia sull’asse dell’ingresso
principale si trova la fontana sormontata da un pannello a mosaico su
fondo oro, eseguito da maestranze bizantine, che
presenta pavoni affrontati di origine mediorientale, affiancati da
due cacciatori che mirano ad uccelli nascosti nelle fronde degli
alberi. Al di sotto del
pannello musivo scaturisce l’acqua che, scivolando su una
lastra marmorea decorata a chevrons posta in posizione
obliqua, viene canalizzata in una canaletta che taglia al centro il
pavimento della stanza e che arriva alla peschiera antistante. In
questo ambiente sono ancora visibili i resti di affreschi parietali –
nonché quello realizzato nell'intradosso dell'arco che introduce
alla Sala della Fontana
ed a cui è legata la leggenda dei
Diavoli della Zisa
(1) – fatti eseguire nel XVII secolo
dai Sandoval.
Note:
1) La leggenda risale alla dominazione
araba e racconta della principessa Al Aziza innammorata del nobiluomo
Azel Comel. L'unione era osteggiata dal padre della ragazza, l'emiro
di Sicilia. Datisi alla fuga i due amanti furono inseguiti dalle
guardie dell'emiro e catturati proprio davanti al palazzo della Zisa,
dove fecero in tempo a nascondere l'intera dote della principessa in
monete d'oro e a proteggere il nascondiglio con un incantesimo prima
di essere condannati a morte e giustiziati. Secondo la leggenda soltanto chi sarà
in grado di contare esattamente il numero di ”diavoli”
raffigurati nell'affresco potrà rompere l'incantesimo e trovare il
tesoro. In realtà i “diavoli” raffigurati
nell'affresco non sono altro che gli dei dell'Olimpo e sono in numero
di venti. La difficoltà di contarli è legata alla prospettiva ed
alla distanza da cui si osservano e, soprattutto, al fatto che hanno
dimensioni differenti e alcuni, dipinti a mezzobusto, sono
seminascosti dalle nuvole.
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