La chiesa fu fatta edificare
da Raimondello Orsini del Balzo, marito della contessa di Lecce Maria
d'Enghien (cfr. scheda La contea di Lecce e la casa di Brienne), e terminata nel 1391 - come dalla data incisa
sull'architrave della porta laterale della chiesa, posta alla
sinistra dell’osservatore – con l'intento di diffondere il rito
latino. Raimondello fece costruire anche l'attiguo ospedale
(attualmente denominato Palazzo Orsini e sede del Municipio) ed un
monastero (che non è più quello che vediamo oggi ma quello
ricostruito nel XVII secolo a ridosso della chiesa) per i frati
francescani della Vicarìa di Bosnia ai quali fu conferito nel 1392,
insieme alla cappellanìa dell'ospedale, l'incarico di officiare in
latino nella chiesa di S.Caterina.
Secondo la tradizione, nel
corso di una spedizione in Terrasanta, Raimondello visitò il
monastero sinaita di Santa Caterina dove riposano le spoglie della
santa. Mentre si inginocchiava per baciare la mano della salma, le
sottrasse un dito (nascondendolo in bocca dopo averlo morso) che
riportò nel Salento ed attorno al quale fece erigere la chiesa a lei
dedicata.
La chiesa fu costruita sui
resti di una preesistente chiesa bizantina risalente al IX-X secolo
le cui tracce sono ben visibili nel muro esterno della navata destra
in cui è stata inglobata l'abside.
La facciata si presenta
tricuspidale, con tre portali splendidamente ornati da intagli in
pietra leccese, in doppia fascia su quelli laterali e in tripla
fascia su quello centrale.
La cuspide centrale sovrasta
di molto quelle laterali. Al fastigio, sotto il cornicione, la
facciata è ornata con archetti rampanti ciechi a tutto sesto
trilobati. Lo stesso motivo decorativo adorna anche le cuspidi minori
e ricorre sulle pareti superiori della navata maggiore e su quella
della navata laterale di destra. Su quella di sinistra esso è
scomparso a motivo della nuova costruzione seicentesca del convento
che venne addossata alla chiesa. Il portale principale ha un pròtiro,
ridotto ora a due colonne che poggiano su due leoni stilofori e
sorreggono due aquile.
In origine il pròtiro
si componeva di quattro colonne e il sagrato, con un declivio da uno
a cinque gradini davanti alla chiesa, era delimitato da quattro esili
tronconi di colonne marmoree che, avanzi del primitivo convento,
erano state poste a uguale distanza tra loro a due metri dalla
facciata. Sull’architrave del portone centrale, il bassorilievo di
Gesù assiso tra i dodici Apostoli
richiama la decorazione dei sarcofagi romani del IV secolo.
La facciata è divisa
orizzontalmente in due sezioni poste su piani differenti: la
superiore rientrante e l' inferiore sporgente.
La sezione superiore, ornata
con archetti rampanti, ha tre acroteri: una croce al centro, San
Francesco d’Assisi, a destra, e San Paolo Apostolo, a sinistra.
Al centro il rosone che
illumina l’interno, contornato da due fasce riccamente intagliate e
sormontato da un mezzo architrave aggettante di pietra finemente
intagliata.
Dodici esili colonnine, a
guisa di raggiera, partendo dall’esterno si fermano intorno ad un
cerchio più piccolo che racchiude le armi dei Del Balzo, a vetri
colorati legati in piombo.
Le cuspidi minori, un po’
rientranti, sono ornate come la maggiore, con archetti rampanti, ed
hanno due grandi occhi ciascuna: i maggiori, verso l’esterno, ed i
minori, dalla parte interna, collocati in asse con i portali
laterali.
Proseguendo l'esame
esterno dell'edificio troviamo una grande edicola di forma ottagonale
che costituisce l'abside con cui termina la nave, aggiunto da
Giovanni Antonio Orsini del Balzo, intorno al 1460. Questa parte che
doveva servire al grande edificio "quasi di lanterna per
renderlo luminoso" si differenzia molto anche
architettonicamente dal restante corpo di fabbrica. E’ costruita su
una base di forma ottagonale, con sette grandi finestre a strombo
interno ed esterno, cinque delle quali sono aperte e due murate.
Fasci di colonne polìstili suddividono il perimetro interno in otto
lati. Le grandi luci delle finestre (m. 7 di altezza) si aprono sui
muri perimetrali, divisi dalle colonne, e poggiano su mensole con
fregi a piccoli archi. Lo stesso motivo ornamentale degli archetti
trilobati è ripetuto al vertice.
La cupola esterna è
nascosta da una balaustra traforata cuspidale, conservata solo in
parte; e la sua copertura è a scalea.
Sempre all’esterno le
grandi finestre sono sormontate dalle armi delle famiglie: del
Balzo,Orsini,d’Enghien, Colonna e Clermont (Chiaromonte),
inquartate.
L'interno della chiesa
si presenta a cinque navate, le due intermedie adibite ad ambulacri,
che terminano tutte con un abside. La navata centrale, lunga 50
metri, dalla porta al coro, si slancia verso l’alto, essendo molto
più larga e sovrastando di molto le navate laterali minori. Da
questa, centrale, si accede ai deambulacri e da essi alle navate
laterali per mezzo di tre grandi archi a sesto acuto ribassato. Fasci
di sette colonne polìstili dividono la nave centrale in tre campate,
la quarta campata, corrispondente all’attuale presbiterio,
costituiva l’abside della chiesa costruita da Raimondello ed era
sopraelevata rispetto al restante piano della chiesa.
Dal vano del presbiterio si
sviluppa il coro ottagonale aggiunto verso il 1460 da Giovanni
Antonio Orsini del Balzo. All'impianto e alla penombra delle
campate si contrappone quest'ultimo vano invaso dalla luce che
penetra attraverso cinque dei sette finestroni. Secondo alcuni
studiosi il coro ottagonale sarebbe stato aggiunto alla chiesa per
conferire più giuste proporzioni all'edificio, ma soprattutto per
ospitare il mausoleo dello stesso Giovanni Antonio Orsini del
Balzo.
Affreschi
Il programma iconografico,
ritenuto frutto della committenza di Maria d'Enghien - che guardava
alla basilica non tanto sotto la prospettiva del fedele quanto
secondo un'ottica tutta politica in cui operava una identificazione
tra se stessa e Santa Caterina d'Alessandria - in base a considerazioni
stilistiche, araldiche (gli stemmi presenti negli affreschi) e
storiche, è probabile che sia stato realizzato in un arco di tempo
compreso tra il 1419 (anno del matrimonio tra il figlio della
contessa Giovanni Antonio e Anna Colonna) e il 1435. Dal punto di
vista stilistico e formale gli affreschi rimangono un problema,
poiché le maestranze operanti in Galatina non sono affatto omogenee.
Soltanto il pannello
raffigurante Sant'Antonio Abate (sulla faccia interna del pilastro
orientale della navata laterlale) reca una firma e una data:
Franciscus de Arecio fecit anno 1435.
Sant'Antonio Abate
Un primo pittore si
può individuare nelle scene dell'Apocalisse
della prima campata, in cui sono ravvisabili affinità con la pittura
padana e umbro-marchigiana. Le corrispondenze tra le singole scene
del Ciclo dell'Apocalisse ed il testo giovanneo sono illustrate in
Massimo Negro, Galatina. La Basilica di Santa Caterina e l'Apocalisse, 2013, a cui si rimanda. Qui ci si sofferma soltanto
sulla raffigurazione di Babilonia (nella lunetta che sovrasta il
portale d'ingresso nella controfacciata): Là vidi una
donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi,
con sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di
scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, teneva in
mano una coppa d’oro, colma degli abomini e delle immondezze della
sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso:
“Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini
della terra” (Apocalisse, XVII, 3-5).
La donna porta i capelli
raccolti secondo l'uso delle nobildonne e non sciolti come se fosse
una semplice prostituta perchè, ancorchè tale, è pur sempre una
regina. Secondo alcuni studiosi, per volere di Maria d'Enghien,
avrebbe le fattezze dell'odiata cognata Giovanna II di Napoli.
Nelle vele della volta della seconda
campata sono raffigurati il Trionfo della Chiesa ed i Sette
Sacramenti.
Nella vela orientale la Chiesa è personificata in un
pontefice sostenuto da Cristo in sembianze giovanili – entrambi
racchiusi in una mandorla – che porge le chiavi a San Pietro ed il
libro della Legge a San Paolo. In alto due angeli sostengono un
baldacchino a forma d'ombrello, simbolo delle chiese insignite del
titolo di basilica. Nella vela meridionale sono rappresentati
Battesimo e Cresima. La vela occidentale è divisa in
tre sezioni con Confessione (un sacerdote seduto nel
confessionale raccoglie la confessione di un penitente, a sinistra si
osserva un gruppo di flagellanti), Eucaristia e Sacerdozio
(un vescovo infonde il sacro crisma sulle mani di uno dei diaconi
genuflessi ai suoi piedi, mentre in alto il Cristo benedicente
ratifica l'atto compiuto dal vescovo). Nella vela settentrionale sono
infine rappresentati Matrimonio ed Estrema unzione.
Nella sposa (incinta), secondo alcuni, sarebbe stata ritratta la
stessa Maria d'Enghien.
Qui è stata individuata una mano diversa
(quella del cosiddetto Maestro delle Vele) da quella del Ciclo
dell'Apocalisse, dotata di una sottile vena decorativa di carattere
familiare, che ricorda i maestri dell'Italia centrale e a cui vengono
attribuiti anche le scene della Vita e del Martirio di Santa Caterina
nel presbiterio e quelle della Vita di Maria nella navata destra.
Sulle pareti della seconda campata sono
affrescate le scene del ciclo della Genesi attribuite ad una
mano ancora diversa, di chiara matrice giottesca, a cui viene
attribuito anche il Ciclo cristologico sulle pareti della terza
campata.
Eva tentata dal serpente
Nella testa del serpente che tenta Eva sarebbero nuovamente
riprodotte le sembianze di Giovanna II di Napoli.
Nella scena in cui Adamo ed Eva mangiano il frutto proibito, si può notare come non si tratti di una mela ma piuttosto di un fico o di un dattero (cfr. scheda La cripta del peccato originale, nota 1) mentre nel Ciclo di Cristo, questi viene tentato due volte, una da un diavolo vestito da francescano e l'altra da un diavolo vestito da domenicano a significare che il male si nasconde dove meno te l'aspetti.
Eva mangia il frutto proibito
Nella scena in cui Adamo ed Eva mangiano il frutto proibito, si può notare come non si tratti di una mela ma piuttosto di un fico o di un dattero (cfr. scheda La cripta del peccato originale, nota 1) mentre nel Ciclo di Cristo, questi viene tentato due volte, una da un diavolo vestito da francescano e l'altra da un diavolo vestito da domenicano a significare che il male si nasconde dove meno te l'aspetti.
Nelle vele della volta
della terza campata sono raffigurate le Schiere
angeliche e sulle pareti – come già
detto – le scene del Ciclo di Cristo.
Le pareti del presbiterio
sono invece occupate da diciassette riquadri che illustrano la Vita
ed il Martirio di Santa Caterina.
Parte del ciclo di Santa Caterina affrrescato sulla parete sinistra del presbiterio con il cenotafio di Raimondello Orsini del Balzo. Al termine del coro s'intravede quello del figlio Giovanni Antonio
Sulla parete della navata
destra è illustrato il racconto della Vita di Maria come narrata
nell'apocrifo Protovangelo di Giacomo. Infine, conformemente al
programma iconografico delle chiese bizantine, la parte inferiore
delle pareti della basilica è coperta da figure di santi: anche gli
ambulacri e i sottarchi sono abbelliti con riquadri isolati. In un
riquadro nell'ambulacro di destra, in cui è raffigurato l'imperatore
Teodosio che bacia il piede del Bambino in braccio alla Vergine con
accanto S.Giuseppe, nella donna alle spalle della Vergine, che fissa
lo spettatore a braccia conserte, potrebbe nuovamente essere ritratta
la committente Maria d'Enghien.
Sepolture
Cenotafio
di Raimondello Orsini del Balzo: Originariamente
il monumento aveva una
collocazione diversa. Era infatti collocato sulla parete di fondo
dell'abside originaria, che è poi l’attuale presbiterio, nel posto
d’onore, alle spalle dell’altare maggiore. Dovendosi costruire la
nuova abside, l’attuale coro di forma ottagonale, questo monumento
venne rimosso e riposizionato , in cornu
evangeli, rovinando anche alcuni
affreschi preesistenti. Il cenotafio si presenta mutilo nella parte
superiore, mandata in pezzi da un fulmine il 19 novembre 1867.
Due colonne con
capitelli traforati, floreali, sorreggono un sarcofago su cui è
scolpita l’immagine del principe rappresentato disteso, vestito
dell’abito dei frati francescani. Due angeli sollevano una tenda
per lasciar vedere la figura giacente sul letto di morte, con la
testa ricoperta da un cappuccio poggiata su di un cuscino di stelle.
La parte superiore del sarcofago ha una fascia con tracce di una
iscrizione, in caratteri gotici, ormai illeggibile. La parte
inferiore è formata da una trabeazione scolpita a traforo con leoni
alternati a soggetti floreali: al centro, due leoni sorreggono le
armi degli Orsini del Balzo. Sul sarcofago lo stesso principe è
riprodotto nuovamente, in ginocchio, a mani giunte. Sempre in questa
parte superiore del cenotafio completano il monumento due colonnine
di forma ottagonale, delle quali è rimasta una sola, che
sorreggevano un arco trionfale monocuspidale all’esterno e a tutto
sesto nella parte interna. Al centro, in alto, ancora una
riproduzione delle armi Orsini Del Balzo, sostenute da due orsi
rampanti. La lastra in pietra leccese riproducente ancora una volta
le armi degli Orsini Del Balzo, che si trova tra le due colonne
reggenti il sarcofago, collocata in basso, sembra essere di epoca
posteriore.
Cenotafio di Raimondello Orsini Del Balzo
Cenotafio di
Giovanni Antonio Orsini del Balzo: Eretto
nel coro, ne occupa per intero la parete di fondo. Poggia
su quattro colonne ottagonali, poggiate su quattro leoni, in pose
diverse e con figure tra gli artigli. Quattro capitelli floreali
sostengono un architrave che a sua volta sostiene il cenotafio.
Sull’architrave sono dipinti quattro stemmi e due ritratti: a
sinistra quello di Raimondello, con le lettere P e R, e a destra
quello di Giovanni Antonio, con le lettere P. I. A. Al centro di essa
una piccola testa di donna: forse la stessa Maria d’Enghien. Anche
la figura del principe Giovanni è rappresentata vestita del saio dei
frati francescani - secondo il costume dei regnanti di Napoli -
distesa sul sarcofago, con la testa poggiata su un cuscino ricamato
mentre due angeli socchiudono i lembi di una tenda appena aperta.
Sulla cornice superiore, alla fine di un’epigrafe, l’anno 1562;
con al centro un medaglione con l’effigie della moglie Anna
Colonna. Al di sopra del cenotafio è collocato un tabernacolo
sostenuto da quattro colonnine polistili tortili. L’arco, a tutto
sesto, è ornato all’interno da quattro fregi recanti ciascuno un
mascherone. All’esterno tre acroteri: due angeli con cartiglio, sui
pinnacoli laterali, e Gesù benedicente, al vertice centrale. Gli
spioventi sono ornati con foglie rampanti. L’arma degli Orsini Del
Balzo è sorretta da due angeli in volo.
Cenotafio di Maria
d'Enghien: Fatto erigere dal figlio
Giovanni Antonio, ne rimangono soltanto quattro colonne, delle quali,
due sono addossate al muro e due sostengono quel che rimane di un
antico baldacchino gotico. L’arma posta al fastigio è quella della
regina di Napoli. Nel 1700 infatti, i frati francescani, da questo
monumento ricavarono l’attuale altare di S. Francesco.
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