La controversia esicasta
Nel XIV secolo la controversia esicasta
– che andò ad innestarsi in un conflitto dinastico e sociale
rapidamente sfociato in guerra civile – fu l'ultima grande
controversia religiosa che divise l'opinione pubblica bizantina prima
della caduta dell'impero.
Il termine esicasmo designa in prima
accezione un aspetto della vita monastica: l'ascesi condotta nella
solitudine assoluta o all'interno di un gruppo ristretto. Rispetto
all'eremitismo, il termine aggiunge una sfumatura di significato
centrata sul silenzio, la solitudine (ἡσυχία),
la tranquillità e la pace che caratterizzano l'atteggiamento
interiore dell'asceta.
Gregorio Palamas, il più
importante teologo esicasta, nacque nel 1296 in una nobile famiglia dell'Asia minore
(il padre Costantino era membro del Senato)
trasferitasi a Costantinopoli.
Rimasto orfano di padre in tenerà età,
fu avviato, con gli auspici dello stesso imperatore Andronico II,
agli studi di retorica e filosofia dal mesazon Teodoro
Metochite, con la prospettiva d'intraprendere una brillante carriera
nell'amministrazione imperiale.
Nel 1316 Gregorio decise però
d'interrompere la carriera ed abbracciò la vita monastica,
convincendo la madre, i due fratelli, le due sorelle e tutta la
servitù a fare altrettanto. Raggiunte le comunità monastiche del
monte Athos, Gregorio entrò dapprima nel monastero di Vatopedi sotto
la guida spirituale del monaco esicasta Nicodemo e quindi, dopo tre
anni, si trasferì nella Grande Lavra di San Atanasio l'athonita.
Trascorsi altri tre anni scelse la vita eremitica e si trasferì in
una località chiamata Glossia, sempre alle dipendenze della Grande
Lavra, dove fu iniziato alla pratica esicasta della preghiera del
cuore.
Gregorio Palamas
Cappella dei santi Anargiri, Monte Athos, 1371
Nel 1326, essendo il monte Athos
direttamente minacciato dai turchi, si trasferì a Tessalonica dove
fu ordinato sacerdote. Fondò quindi un eremitaggio nella città di
Beroia, dove per cinque anni praticò un'ascesi molto rigorosa,
accettando di condividere con altri monaci tutti i sacramenti e le
feste liturgiche. Nel 1331, sotto l'incalzare delle armate serbe, fu
costretto a lasciare anche questo luogo e fece ritorno al monte Athos
dove si stabilì nell'eremitaggio di san Saba (San Sava di Serbia).
Tra il 1335 ed il 1336 fu scelto come
igoumeno del monastero athonita di Esfigmenu ma l'insofferenza dei
quasi duecento monaci del cenobio per il suo zelo riformatore lo
costrinse alle dimissioni.
Nel 1343, nel corso di un viaggio a
Costantinopoli, viene fatto arrestare e imprigionare dal patriarca
Giovanni XIV Caleca che lo accusa tra l'altro di essere colluso con
l'antimperatore Giovanni VI Cantacuzeno.
Nel 1347 viene scarcerato e nominato
arcivescovo di Tessalonica dal nuovo patriarca Isidoro Buchiras ma,
impedito dagli zeloti a prendere possesso della cattedra vescovile,
verrà insediato solo nel 1350, entrando in città il 3 febbraio al
fianco dei due imperatori – Giovanni V Paleologo e Giovanni VI
Cantacuzeno - provvisoriamente riconciliati (cfr. l'affresco nella chiesa di San Demetrio a Tessalonica).
Gregorio Palamas si spense a
Tessalonica il 14 novembre del 1359 e fu canonizzato nel 1368 dal
patriarca Filoteo Kokkinos che sancì così la definitiva vittoria
della dottrina esicasta.
Barlaam di Calabria (al secolo
Bernardo Massari) era nato a Seminara nel 1290 c.ca ed aveva
trascorso la sua giovinezza nel monastero basiliano di S.Elia a Cupessino (l'attuale Cubasina, contrada di Galatro) dove aveva
compiuto gli studi in teologia ed era stato ordinato sacerdote.
Nel 1326-1327, dopo aver soggiornato ad
Arta e a Tessalonica, raggiunse Costantinopoli dove s'introdusse
rapidamente nei circoli accademici ed ecclesiastici più vicini alla
corte, conquistandosi i favori dello stesso Andronico III, che gli
affidò una cattedra di Teologia all'università, e dell'imperatrice
Anna di Savoia.
Nel 1334 fu scelto dal patriarca
Giovanni Caleca (1334-1347) per rappresentare la chiesa ortodossa
negli incontri con i legati papali – Francesco da Camerino,
arcivescovo di Vosprum, e Riccardo, vescovo di Cherson – inviati a
Costantinopoli per trattare l'unione delle chiese. Il principale
ostacolo dottrinale all'unione era rappresentato come noto dalla
cosiddetta “clausola del filioque”, se cioè lo Spirito
santo proceda dal Padre e dal Figlio (qui ex Patre Filioque
procedit) – come nella teologia latina – o soltanto dal Padre –
come nella teologia ortodossa.
Nel tentativo di dirimere la
controversia del filioque, Barlaam fece leva sull'argomento
dell'inconoscibilità di Dio. Se la teologia non poteva razionalmente
dimostrare nulla a proposito di Dio, anche la controversia del
filioque non poteva essere risolta definitivamente né in un senso né
nell'altro.
Lo sviluppo di questa argomentazione lo
mise però in collisione con la dottrina esicasta. Questi infatti
ritenevano che attraverso la pratica della cosiddetta preghiera
del cuore - una tecnica psico-somatica in cui attraverso la
respirazione, la concentrazione della mente (che doveva liberarsi di
ogni immagine) e la ripetizione costante delle parole "Signore
Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me” (l'esichia
era infatti fisica prima che spirituale) – il monaco potesse
accedere alla visione della luce increata (manifestazione diretta
dell'energia divina), la stessa che Pietro, Giovanni e Giacomo videro
attorno al Cristo sul monte Tabor (e pertanto detta anche luce
taborica) (1).
Nei due Trattati
apodittici (1335-1336) Palamas attacca quindi il modo di
procedere di Barlaam nei confronti della clausola del filioque.
Incuriosito da questo
attacco, Barlaam si mise a studiare la teoria e la prassi degli
esicasti (2) e nel 1337 li accusa apertamente di eresia,
presentando al patriarca di Costantinopoli Giovanni XIV Caleca
(1334-1347) il suo scritto Contro i Massaliani in cui la
dottrina palamita viene assimilata a precedenti eresie e gli esicasti
vengono chiamati omphalopsichoi (coloro che ritengono che
l'anima risieda nell'ombelico), irridendo alla loro consuetudine di
reclinare il mento e fissare lo sguardo sull'ombelico durante la
preghiera del cuore (3) .
Palamas rispose dapprima con un'opera
polemica, le Triadi in difesa dei santi esicasti, e quindi con
una dichiarazione teologica da lui preparata e sottoscritta da tutti
gli igoumeni del Monte Athos (nota come Tomo Aghioritico), con
cui dimostrava come gli argomenti di Barlaam fossero sostanzialmente
estranei alla fede ortodossa (4).
Il 10 giugno 1341, un concilio (5) tenutosi
in santa Sofia e presieduto da Andronico III condanna formalmente le
tesi di Barlaam ed il monaco è costretto a fare pubblica ammenda
agli esicasti.
Il patriarca pubblica un'enciclica in
cui condanna le tesi di Barlaam ed ordina la distruzione di tutti i
suoi scritti.
Dopo la morte di Andronico III (15
giugno), che era anche il suo principale protettore, Barlaam si convince che la
battaglia è ormai perduta e ritorna in Calabria, dove si converte al
credo cattolico e viene nominato vescovo di Gerace (ottobre 1342).
Dopo la dipartita di Barlaam, la guida
della lotta all'esicasmo fu assunta dal monaco Gregorio Acindino (6), ma
un nuovo concilio (agosto 1341) indetto alla presenza del mega
domestikos Giovanni Cantacuzeno condannò anche la sua posizione.
A questo punto alla controversia
religiosa si sovrappose la guerra civile. Approfittando di una
temporanea assenza dalla capitale di Giovanni Cantacuzeno, che era
stato il miglior amico ed il principale sostenitore di Andronico III,
la fazione a lui avversa lo estromise dalla reggenza dell'erede di
Andronico – Giovanni V, all'epoca appena decenne -che fu affidata
all'imperatrice madre, Anna di Savoia, ed al patriarca Giovanni
Caleca. Alessio Apocauco, l'uomo forte della reggenza, ricoprì la
carica di eparca di Costantinopoli. Cantacuzeno rispose alla sfida
facendosi proclamare imperatore a Didimoteico con il nome di Giovanni
VI nel mese di ottobre.
Cantacuzeno era il rappresentante
dell'aristocrazia terriera che si schierò dalla sua parte, mentre
Apocauco seppe mobilitare a favore della reggenza le masse popolari.
Anche se in maniera meno netta e schematica, gli esicasti si
schierarono dalla parte di Cantacuzeno, mentre i loro oppositori presero le
parti della reggenza (7).
Ragioni politiche spinsero quindi il
patriarca Giovanni Caleca ad appoggiare le tesi antipalamite di
Acindino che tra il 1342 ed il 1344 pubblicò sette trattati per
confutare la dottina esicasta. Nonostante la precedente condanna il
patriarca lo ordinò inoltre sacerdote, procedendo anche
all'ordinazione di molti vescovi antipalamiti e, all'apice del suo
potere, fece dapprima imprigionare Palamas accusandolo di collusione
con l'usurpatore Giovanni Cantacuzeno e quindi, con il concilio del 4
novembre 1344, lo fece scomunicare, ordinando la distruzione di tutti
i suoi scritti successivi al 1341.
Nel 1346 l'imperatrice madre, Anna di
Savoia, cominciò ad interessarsi attivamente alla controversia
esicasta e a prendere le distanze dall'operato del patriarca che,
soprattutto dopo l'ordinazione di Acindino, era divenuto inviso alla
popolazione. Nel sinodo convocato il 1 febbraio del 1347, con
Cantacuzeno ormai alle porte della città, nell'estremo tentativo di
salvare la situazione, l'imperatrice fece deporre il patriarca,
sostituendolo con Isidoro Buchiras, un discepolo di Palamas, che era
stato anch'egli condannato per eresia nel concilio del 1344. Il nuovo
patriarca fece immediatamente liberare Palamas e successivamente
l'ordinò arcivescovo di Tessalonica, mentre Giovanni Caleca fu
mandato in esilio a Didimoteico.
L'8 febbraio, lo stesso giorno in cui
venne siglato l'accordo tra Cantacuzeno e la reggenza, i vescovi
antipalamiti si riunirono in un sinodo in cui rifiutarono di
riconoscere il nuovo patriarca e scomunicarono Palamas.
Giovanni VI Cantacuzeno presiede il concilio del 27 maggio 1351
da Raccolta delle opere teologiche di Giovanni Cantacuzeno
manoscritto miniato, 1370
Biblioteca Nazionale Francese, Parigi
Il concilio del 1351 (27 maggio-9
giugno), presieduto dallo stesso imperatore Giovanni VI Cantacuzeno
nel palazzo delle Blachernae, e convocato dal nuovo patriarca
Callisto I – un monaco athonita succeduto ad Isidoro morto nel
giugno dell'anno precedente – pose fine alla controversia esicasta
segnando il trionfo della teologia palamita, anche se l'opposizione,
guidata adesso dal teologo Niceforo Gregoras, fu brutalmente
intimidita dalle minaccie dello stesso imperatore. Il sinodo ribadì
la scomunica per Barlaam e Acindino mentre i vescovi di Efeso e Ganos
furono sconsacrati e arrestati, lo stesso Niceforo Gregoras fu posto
agli arresti domiciliari nel suo monastero di Chora. La dottrina di
Palamas veniva invece accettata come teologia ufficiale della chiesa
ortodossa.
Note:
(1) Sei
giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo
fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu
trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le
sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro
Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola,Pietro
disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò
qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli
stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua
ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio
mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
(Matteo, XVII, 1-5).
(2) Secondo alcuni dei suoi detrattori, Barlaam parlò soltanto con un esicasta e per giunta ignorante.
(3) Tra le altre deviazioni dottrinali,
l'eresia messaliana (dall'aramaico metzalin=orante) –
diffusasi soprattutto in Mesopotamia tra il IV e V secolo e
condannata dal Concilio di Efeso (431) - rivendicava per l'uomo di
Dio, che avesse potenziato con la preghiera continua le proprie
facoltà spirituali, la possibilità di vedere materialmente
l'essenza divina inabitante in sé.
(4) All'argomento barlaamita dell'inconoscibilità di Dio, Palamas contrappose la distinzione tra
essenza e
energia divina. La prima rimaneva inconoscibile alla ragione, mentre la seconda, in alcune sue manifestazioni come la
luce taborica, poteva essere fisicamente percepita dall'asceta.
(5)
Secondo alcuni autori
ortodossi i sei concili patriarcali che si tennero a Costantinopoli
dal 1341 al 1351 per dirimere la controversia esicasta - conosciuti
anche come Concili palamiti - formerebbero nell'insieme il V
Concilio di Costantinopoli.
(6) Nato nel 1300 c.ca ed originario
della città di Prilapos nell'odierna Macedonia, Gregorio Acindino (è
ignoto il suo nome secolare. Gregorio infatti è il suo nome
monastico, mentre Acindino=irreprensibile è un soprannome da lui
adottato) compì i suoi studi di retorica, filosofia antica e
letteratura cristiana a Tessalonica. Nel 1320 conobbe Palamas che
visitò nel 1331 sul monte Athos chiedendogli di iniziarlo alla sua
pratica spirituale. L'anno successivo tornò a Tessalonica dove
conobbe Barlaam e a partire dal 1333 soggiornò prevalentemente nella
capitale. Fino al 1341 sostenne la dottrina palamita, scrivendo
un'opera in cinque libri in cui attaccava le critiche all'esicasmo
avanzate da Barlaam, dall'altro canto cercò anche d'intraprendere
una mediazione tra le due posizioni. Dopo il ritorno di Barlaam in
occidente, si avvicinò al patriarca Giovanni Caleca e cambiò
radicalmente fronte, divenendo il più determinato antagonista di
Palamas. Per questa giravolta, Palamas lo definisce nei suoi scritti
un "camaleonte". Il concilio del febbraio 1347 condannò
definitivamente le sue tesi ed Acindino venne esiliato. Morì l'anno
successivo probabilmente nel corso dell'epidemia di peste prima che
il sinodo del 28 maggio 1351 lo scomunicasse formalmente.
(7)
Sul piano pratico le posizioni esicaste
sostenevano quelle della classe dominante contro i ceti più deboli.
L'esicasmo era infatti una forma di autoestraniazione dal consesso
sociale sostenuta però da un forte potere economico quale era
diventato il monachesimo istituzionalizzato (le rendite dei conventi
sfuggivano alla tassazione e tutti quelli che lavoravano sulle loro
terre erano esentati dal servizio militare).