La Chalke (Χαλκῆ Πύλη= porta di bronzo) costituiva l'accesso monumentale al Gran Palazzo imperiale dallo spiazzo dell'Augusteion (1). Prendeva il nome dagli imponenti battenti bronzei fatti realizzare dall'architetto Eterio per volere dell'imperatore Anastasio I (491-518), sotto il cui regno venne costruita la prima versione della porta (2). Veniva aperta al levar del sole alle persone invitate dall’imperatore e si richiudeva dietro di loro al tramonto.
Prospetto e pianta ipotetici della Chalke
Gravemente danneggiata durante la rivolta di Nika (532), fu fatta restaurare da Giustiniano.
Nella nuova versione – minuziosamente descrittaci da Procopio nel De Aedificiis – la Chalke appariva come un edificio a pianta rettangolare eretto su quattro massicci pilastri e coronato da una cupola impostata su pennacchi che poggiavano su quattro volte a botte poco profonde. Presentava quindi anch'essa quell'impianto a croce greca inscritta caratteristico di tutta l'architettura giustinianea.
L'interno era rivestito da marmi policromi pregiati fino al livello della cornice, al di sopra della quale tutte le superfici curve erano decorate da mosaici che raffiguravano scene dei trionfi ottenuti da Belisario nelle campagne d'Africa e d'Italia. Giustiniano e Teodora, in una posizione centrale, circondati da alti ufficiali dell'esercito, erano rappresentati nell'atto di ricevere dal condottiero vincitore le terre riconquistate ed il bottino di guerra.
Ricostruzione virtuale
E' opinione concorde tra gli studiosi che una riproduzione piuttosto fedele della Chalke si trovi nel cosiddetto avorio di Treviri (vedi scheda), la cui datazione oscilla tra la fine del VII ed il IX secolo.
L'avorio di Treviri, particolare della Chalke
Il Cristo Chalkites
All'esterno, nella lunetta
sovrastante l'ingresso, venne successivamente collocata una statua
bronzea del Cristo a mezzo busto (3). Quest'immagine, che venne
riprodotta innumerevoli volte sulle icone, divenne nota con il nome
di Cristo Chalkites.
Nel 726, in piena
temperie iconoclasta, l'imperatore Leone III ne ordinò la rimozione
scatenando la rivolta del popolino della capitale, in cui trovarono
la morte sia il funzionario incaricato di rimuovere la statua, sia
Santa Teodosia che aveva guidato la protesta popolare. Ripristinata
in situ durante il regno di Irene (780-802), la statua venne nuovamente rimossa e sostituita con una croce sotto un'altro imperatore iconoclasta, Leone V (813-820). Dopo il definitivo ripristino del culto delle immagini (843), venne rimpiazzata con un'immagine del Cristo a figura intera e infine - probabilmente durante il regno di Romano I Lecapeno (920-944) - da un'immagine del Cristo realizzata a mosaico (4).
Accanto a questa immagine
del Cristo, che compare nel mosaico raffigurante una Deesis
nell'endonartece della chiesa del Salvatore in chora e che risale al
1316, era un tempo leggibile la didascalia Cristo Chalkites
(oggi rimangono tracce soltanto dell'epiteto Chalkites).
Dovrebbe quindi trattarsi di una riproduzione dell'mmagine realizzata
a mosaico nella lunetta sovrastante l'ingresso della Chalke.
Il Trionfo dell'ortodossia (particolare), icona lignea della fine del XIV secolo
British Museum, Londra
Nell'icona conservata presso il British Museum, Santa Teodosia tiene in mano un'icona che molto probabilmente riproduce anch'essa l'immagine del Cristo Chalkites alla cui rimozione la Santa cercò di opporsi (vedi scheda La questione iconoclasta).
La chiesa del Cristo Chalkites
Romano I Lecapeno fece anche costruire
accanto alla Chalke una piccola cappella (poteva accogliere appena 15
persone) dedicata al Cristo Chalkites. Nel 972 questa fu
completamente ristrutturata ed ampliata da Giovanni I Zimisce
(969-976) che vi fece depositare alcune reliquie (tra cui i sandali
di Cristo e i capelli di San Giovanni Battista) e costruire la tomba
dove venne poi tumulato.
Il nuovo edificio, a pianta centrale,
si sviluppava su due piani ed era ricoperto da una cupola centrale.
Il piano superiore era fiancheggiato da due semicupole ed era
preceduto da una terrazza. L'intero edificio poggiava inoltre su un
podio sul modello degli antichi mausolei funebri.
Nel 1183 in questa chiesa fu
incoronato coimperatore (associato al giovane Alessio II) Andronico I
Comneno.
Dal resoconto di viaggio di un
pellegrino russo sembra ancora in uso nella prima metà del XV
secolo.
Dopo la conquista il primo piano venne
adibito a serraglio per gli animali selvaggi destinati alla corte del
Sultano, da cui il nome di Arslan (leoni) hane con cui divenne
conosciuto. Al piano superiore, dove furono murate le finestre che vi
si aprivano, vennero invece alloggiati i frescanti e i miniaturisti
al servizio del Sultano e prese il nome di Nakkaş
hane. Gravemente danneggiata da un incendio nel 1741 e
successivamente nel 1802, venne definitivamente demolita nel 1804.
In questa miniatura - realizzata dal miniaturista ottomano Maktraci Nasuh nel 1536 - la chiesa del Cristo Chalkites (in ocra e rosso) è riprodotta tra l'Ippodromo e Santa Sofia.
Nel VII e VIII secolo la
Chalke o sue dirette dipendenze vennero utilizzate come prigione.
Sotto Basilio I (867-886) fu invece restaurata e adibita a sede di
tribunale.
Quando nel 969 Niceforo II
Foca fece erigere un muro tra
l'Ippodromo ed il mar di Marmara che isolava la parte bassa del Gran
Palazzo da quella alta, la Chalke perse la sua funzione di ingresso
monumentale. Durante il primo periodo di regno di Isacco II Angelo
(1185-1195) furono asportate e fuse le magnifice porte bronzee mentre
ogni riferimento alla Chalke scompare dalle fonti scritte dopo il
1200.Note:
(1) Secondo alcuni studiosi la Chalke prospettava direttamente sul lato meridionale dell'Augusteion, sul cui lato occidentale terminava la mese (Fig. A, contrassegnata dal n.7).
Fig. A
Secondo altri invece la mese - che era fiancheggiata da due colonnati lungo tutto il suo percorso - terminava invece dinanzi alla Chalke che collocano immediatamente all'esterno dell'Augusteion e ruotata di 90° rispetto all'ipotesi precedente (Fig. B)
Fig. B
(2) Secondo altri, il nome deriverebbe invece dalle tegole bronzee che ne costituivano la copertura.
(3) Procopio non menziona
questa statua. L'ipotesi attualmente ritenuta più probabile è che
questa vi sia stata collocata durante il regno di Giustiniano II
(685-695 e 704-711).
(4) Alcuni studiosi
(cfr. C.Mango, The Brazen House; a study
of the vestibule of the imperial palace of Constantinople,
Copenhagen, 1959, pp. 125-126) attribuiscono un ruolo nella
realizzazzione dell'immagine dell'843 a San Lazzaro Zographos, il
monaco pittore, martire della repressione iconoclasta, a cui erano
state bruciate le mani.
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