Per ingraziarsi i monofisiti che
godevano di vasti appoggi a corte – tra i quali la stessa
imperatrice Teodora, Giustiniano - non potendo rigettare gli atti del
concilio di Calcedonia (451) che aveva condannato come eretica la
tesi monofisita – con un editto imperiale emanato nel 545 condannò
come eretici la persona e tutti gli scritti del teologo antiocheno
Teodoro di Mopsuestia (morto intorno al 428), gli scritti di
Teodoreto di Cirro (morto nel 457) contro il patriarca di Alessandria
Cirillo e una lettera di Iba di Edessa (morto nel 457) a difesa dello
stesso Teodoro.
Questi scritti, raccolti appunto in tre
capitoli, erano considerati di tendenza nestoriana poiché
negavano valore al termine “Theotokos” e sembravano eccessivi
nella difesa della duplice natura del Cristo. Teodoreto e Iba avevano
però successivamente condannato l'eresia nestoriana (1) e per questo
Giustiniano evitò di condannarli in toto come eretici.Nel 553 Giustiniano convocò il concilio di Costantinopoli II in modo che l'assemblea dei vescovi recepisse l'editto e desse alla condanna dei tre teologi un valore ancora maggiore. Gran parte dei patriarchi e vescovi orientali accettò la cosa senza grandi reazioni. Più difficile fu ottenere l'assenso del papa romano, Vigilio (537-555), che venne trasferito a forza a Costantinopoli, fu imprigionato, e dopo vari tentennamenti firmò la condanna dei Tre Capitoli (8 dicembre 553).
Molti vescovi dell'Italia settentrionale, della Gallia e del Norico, non accettarono l'imposizione del concilio voluto da Giustiniano e non si considerarono più in comunione con gli altri vescovi che avevano accettato supinamente la cosa e con il papa avviando lo scisma.
Il loro dissenso si acuì ulteriormente sotto papa Pelagio I (556 - 561), il quale, dopo vari tentativi di chiarimento e persuasione, nel 559 invitò Narsete a ridurre lo scisma con la forza. Il luogotenente di Giustiniano per la restaurata provincia italica rifiutò però di obbedire alla richiesta del papa.
Nel 568 i Longobardi iniziarono l'invasione dell'Italia settentrionale. Nello stesso anno Paolino I , patriarca della chiesa di Aquileia – tricapitolina e dichiaratasi gerarchicamente indipendente – trasferì la sua sede ad Aquileia nova (Grado) rimasta sotto controllo bizantino.
Nel 586, l'esarca Smeragdo fece tradurre con la forza a Ravenna il patriarca Severo (586-606) e lo costrinse a sottomettersi alla volontà del papa.
Lo scisma aveva però un grande seguito popolare e, rientrato ad Aquileia nova, Severo convocò nel 590 un sinodo a Marano lagunare in cui dichiarò che l'abiura ai Tre Capitoli, a Ravenna, gli era stata strappata con la forza e che intendeva perseverare nella posizione tricapitolina in separazione da Roma.
Cuniperto I
raffigurato al dritto di un tremisse coniato dalla zecca di Pavia (692-693)
I fatti che condussero alla conclusione dello scisma furono determinati dalle lotte di potere tra i clan longobardi. Nella definitiva battaglia di Coronate (oggi Cornate d'Adda), avvenuta nel 689, il re longobardo Cuniperto (688-700), cattolico, sbaragliò il duca Alachis, ariano, che capeggiava un fronte d'insorti dell'Italia nord-orientale longobarda, tra i quali c'erano anche molti aderenti allo scisma tricapitolino. Con la vittoria di Coronate, l'elemento cattolico si impose definitivamente non solo sui Longobardi che si professavano ariani, ma anche sui dissidenti, che ancora restavano fedeli allo scisma dei Tre Capitoli.
Nel 698 Cuniperto convocò un sinodo a Pavia in cui i vescovi cattolici e tricapitolini, tra cui Pietro I, Patriarca di Aquileia, ricomposero "nello spirito di Calcedonia" la loro comunione dottrinaria e gerarchica.
Note:
(1) Secondo la dottrina propugnata da
Nestorio – il vescovo siriano che fu patriarca di Costantinopoli
dal 428 al 431 – in Gesù convivevano due distinte persone, l'uomo
e il Dio. Maria era madre solo della persona umana di Gesù, di
conseguenza i nestoriani le riconoscevano il solo attributo di
Christotókos, negandole quello di Theotókos. Le tesi
nestoriane furono condannate come eretiche dal Concilio di Efeso
(431) che riconobbe alla Vergine il titolo di Madre di Dio. A seguito
di ciò, l'imperatore Teodosio II rimosse Nestorio dal seggio
patriarcale.
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