martedì 25 agosto 2015

La cripta di Santa Cristina, Carpignano salentino

La cripta di Santa Cristina, Carpignano salentino

Si può visitare solo su prenotazione (Tel. 339-44025798)



L'attuale sistemazione esterna risale alla seconda metà del XVIII secolo.
La pianta della cripta è caratterizzata da due navate – originariamente divise da due pilastri (successivamente, quello crollato, fu sostituito da tre più piccoli) e due absidi precedute da un nartece con una tomba ad arcosolio posta all’inizio della parete settentrionale.


Nei secoli la chiesa ha subito numerosi rimaneggiamenti e oggi conserva gli affreschi più antichi di Puglia, datati grazie anche alla presenza di iscrizioni in greco in cui vengono citati committenti e artisti.
L’aspetto più importante della cripta è rappresentato dal ciclo di affreschi realizzati in senso cronologico e antiorario a partire dalla parete orientale fino a ricoprire tutta la parete occidentale.
Gli affreschi sono accompagnati da iscrizioni in greco datate (fatto eccezionale per l’Italia meridionale), l’arco cronologico della realizzazione degli affreschi va dal 959 alla seconda metà dell’XI secolo.
Nella chiesa prevale la raffigurazione della santa titolare al cui culto si affiancò, solo in un secondo momento, il culto di
Santa Marina di Antiochia (santa orientale nota anche con il nome di Pelagia o Margherita), mentre appare quasi del tutto assente il ciclo cristologico, fatta eccezione per la rappresentazione dell’Annunciazione dipinta sull’abside destra ai lati del Cristo benedicente seduto su un trono con la spalliera a forma di lira. Nell’Annunciazione l’angelo, a sinistra del Cristo, giunge con il braccio destro alzato e la mano benedicente mentre la Vergine, dipinta sulla destra del Cristo, con la mano sinistra regge il fuso con cui fila il velo per il Tempio. A destra del Cristo compare un’iscrizione in cui vengono citati i donatori di parte della decorazione dell’abside: il prete Leone (esponente del basso clero e quindi libero di sposarsi) e la moglie Crisolea, l'autore dell'affresco, il pittore Teofilatto, e una data: l’anno del mondo 6467 cioè il 959.

Abside di destra (1)

Fra le due absidi della chiesa i recenti restauri hanno portato alla luce sul muro alcune tracce di affreschi raffiguranti Sant’Anna con la piccola Maria in braccio e i resti di una piccola nicchia decorata con una tovaglia liturgica (podéa) con frange e croci scure su fondo bianco. Probabilmente si tratta della nicchia della prothesis cioè del piano d’appoggio posto solitamente a sinistra dell’altare che accoglieva le offerte del pane e del vino e su cui avevano inizio l’azione liturgica ed i riti propedeutici alla consacrazione (preparazione dei pani).

Abside di sinistra (2)
 
Proseguendo lungo la parete orientale, nella seconda abside, compare nuovamente l’immagine del Cristo in trono che un’iscrizione ci dice affrescata dal pittore Eustazio, a devozione del “protopapas” Elia, che sicuramente prese a modello il Cristo dipinto sull’abside destra nel 959. L’iscrizione dell’affresco riporta la data del 1020 e il nome del donatore, Aprile con la sua famiglia. Alla destra del Cristo in trono compare la Vergine che presenta il Bambino, dal nimbo crucigero, seduto sulle sue gambe, mentre alla sinistra del Cristo c’è l’Arcangelo Michele vestito con il loros, la  lunga stola decorata usata dagli imperatori bizantini e dagli arcangeli Michele e Gabriele, sistemata a formare una croce (nelle chiese rupestri è frequente l’immagine dell’Arcangelo Michele in vesti imperiali).

L'Arcangelo Michele
 
Sul pilastro ad ovest sono affrescate Santa Cristina, San Nicola e San Teodoro studita con barba lunga e mantello bruno, igumeno del monastero costantinopolitano di S. Giovanni in Studion e strenuo avversario dell’iconoclastia.
 
Pilastro occidentale (3)
 
Sulla parete settentrionale compaiono i Santi Nicola e Vincenzo, la Vergine con Bambino e San Giovanni Evangelista. Seguono due immagini con santa Cristina, cinta da corona per la sua origine regale, e San Teodoro stratelatos a cavallo identificato dall'iscrizione in greco, seguono santi non bene identificati e viene menzionato il pittore Costantino.

Nel nartece, al termine della parete settentrionale, si apre la tomba ad arcosolio del giovane Stratigoulès accompagnata da una lunga iscrizione metrica in greco, dipinta tra 1055 e 1075, che ci informa che la tomba era stata scavata per un notabile del posto di cui non si conserva il nome e poi usata per accogliere le spoglie del figlio morto in giovane età. Il padre del giovane Stratigoulès (letteralmente “generalino”, non si tratta quindi del nome ma del vezzeggiativo con cui l'ufficiale chiamava il giovane figlio) era uno spatario di Carpignano cioè un ufficiale dell'esercito bizantino di rango intermedio e probabilmente sepolto anch'egli nei pressi dell’arcosolio.
Al centro dell’arcosolio compare l’immagine di santa Cristina, nel sottarco la Vergine con il Bambino e san Nicola benedicente alla greca; nei pressi dell’arcosolio ci sono altre sepolture.
 
Tomba dello Stratigoulès (7)

A destra della tomba
venne eretto nel 1775 un altare dedicato alla Madonna delle Grazie (con quest’ultimo titolo la cripta è oggi più diffusamente conosciuta tra gli abitanti di Carpignano) che venne addossato alla parete affrescata di cui lascia intravedere, attraverso un'ovale, una Madonna con Bambino di origine bizantina ma più volte ritoccata in epoche successive.
Sulla parete occidentale le immagini di S.Biagio e S.Antonio Abate a fianco dei quali compare un’immagine settecentesca di Santa Marina.

Santa Marina (9)
 
L'iconografia della santa è quella classica con accanto il drago da cui, come viene raccontato nelle cronache che ne descrivono la vita, la fanciulla ebbe a sfuggire squarciandogli il ventre.
L’affresco settecentesco venne realizzato nei pressi di una più antica immagine ormai sbiadita e dai connotati poco leggibili nella quale la popolazione del luogo identificava la santa dal “bel colorito”.
Recenti restauri hanno portato a delle incredibili sorprese riguardo questa figura non ben leggibile. E’ infatti comparsa un’ala ad indicare che non si tratta di Santa Marina bensì dell' Arcangelo Raffaele - che s'intravede nell'immagine a sinistra dell'affresco settecentesco - ai cui piedi si notano dei topi, a significare la protezione accordata dall'arcangelo contro le pestilenze (1).
 La realizzazione dell’affresco nel XVIII secolo accanto all’antica immagine erroneamente attribuita alla santa, lascia intendere che tale immagine già all’epoca non doveva trovarsi in buone condizioni, altrimenti non sarebbe stato necessario rifarla.
L’affresco divenne quindi il luogo in cui le mamme portavano i propri figli perché colpiti dall’ittero o dall’epatite chiedendo l’intercessione della santa. Passavano un pezzo di stoffa, un fazzoletto o anche la cannottiera del piccolo, sull’affresco strofinandolo successivamente sulle guance del malato che veniva poi fatto orinare nell’angolo della cripta nei pressi dell’affresco.
 
Recenti restauri hanno inoltre messo in luce la presenza di uno strato d’affreschi precedenti a quelli datati 959, corrispondenti alla prima decorazione della cripta, realizzati quindi contemporaneamente alla prima fase della conquista bizantina della regione.
Gli affreschi delle due absidi mostrano in ogni caso puntuali riferimenti alla pittura della dinastia macedone (2) - inaugurata da Basilio I (867-886) - particolarmente devota agli arcangeli Michele e Gabriele e sono legati per affinità stilistiche al primo strato pittorico della chiesa idruntina di San Pietro e alla fase pittorica risalente al X-XI secolo della chiesa di Santa Maria della Croce a Casaranello.
 
Note:
 
(1) Raffaele è considerato infatti l'arcangelo della guarigione divina (vedi anche qui).
 
(2) Considerevoli, in questa prospettiva, appaiono le similitudini tra il Cristo Pantokrator raffigurato nell'abside di destra e quello raffigurato nel timpano della Porta imperiale della chiesa costantinopolitana di Santa Sofia (870 circa).
 
 
 
 














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