venerdì 28 agosto 2015

La Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, Galatina

La Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, Galatina

 
La chiesa fu fatta edificare da Raimondello Orsini del Balzo, marito della contessa di Lecce Maria d'Enghien (cfr. scheda La contea di Lecce e la casa di Brienne), e terminata nel 1391 - come dalla data incisa sull'architrave della porta laterale della chiesa, posta alla sinistra dell’osservatore – con l'intento di diffondere il rito latino. Raimondello fece costruire anche l'attiguo ospedale (attualmente denominato Palazzo Orsini e sede del Municipio) ed un monastero (che non è più quello che vediamo oggi ma quello ricostruito nel XVII secolo a ridosso della chiesa) per i frati francescani della Vicarìa di Bosnia ai quali fu conferito nel 1392, insieme alla cappellanìa dell'ospedale, l'incarico di officiare in latino nella chiesa di S.Caterina.
Secondo la tradizione, nel corso di una spedizione in Terrasanta, Raimondello visitò il monastero sinaita di Santa Caterina dove riposano le spoglie della santa. Mentre si inginocchiava per baciare la mano della salma, le sottrasse un dito (nascondendolo in bocca dopo averlo morso) che riportò nel Salento ed attorno al quale fece erigere la chiesa a lei dedicata.
La chiesa fu costruita sui resti di una preesistente chiesa bizantina risalente al IX-X secolo le cui tracce sono ben visibili nel muro esterno della navata destra in cui è stata inglobata l'abside.
La facciata si presenta tricuspidale, con tre portali splendidamente ornati da intagli in pietra leccese, in doppia fascia su quelli laterali e in tripla fascia su quello centrale.
La cuspide centrale sovrasta di molto quelle laterali. Al fastigio, sotto il cornicione, la facciata è ornata con archetti rampanti ciechi a tutto sesto trilobati. Lo stesso motivo decorativo adorna anche le cuspidi minori e ricorre sulle pareti superiori della navata maggiore e su quella della navata laterale di destra. Su quella di sinistra esso è scomparso a motivo della nuova costruzione seicentesca del convento che venne addossata alla chiesa. Il portale principale ha un pròtiro, ridotto ora a due colonne che poggiano su due leoni stilofori e sorreggono due aquile.
In origine il pròtiro si componeva di quattro colonne e il sagrato, con un declivio da uno a cinque gradini davanti alla chiesa, era delimitato da quattro esili tronconi di colonne marmoree che, avanzi del primitivo convento, erano state poste a uguale distanza tra loro a due metri dalla facciata. Sull’architrave del portone centrale, il bassorilievo di Gesù assiso tra i dodici Apostoli richiama la decorazione dei sarcofagi romani del IV secolo.

 
La facciata è divisa orizzontalmente in due sezioni poste su piani differenti: la superiore rientrante e l' inferiore sporgente.
La sezione superiore, ornata con archetti rampanti, ha tre acroteri: una croce al centro, San Francesco d’Assisi, a destra, e San Paolo Apostolo, a sinistra.
Al centro il rosone che illumina l’interno, contornato da due fasce riccamente intagliate e sormontato da un mezzo architrave aggettante di pietra finemente intagliata.
Dodici esili colonnine, a guisa di raggiera, partendo dall’esterno si fermano intorno ad un cerchio più piccolo che racchiude le armi dei Del Balzo, a vetri colorati legati in piombo.
Le cuspidi minori, un po’ rientranti, sono ornate come la maggiore, con archetti rampanti, ed hanno due grandi occhi ciascuna: i maggiori, verso l’esterno, ed i minori, dalla parte interna, collocati in asse con i portali laterali.
Proseguendo l'esame esterno dell'edificio troviamo una grande edicola di forma ottagonale che costituisce l'abside con cui termina la nave, aggiunto da Giovanni Antonio Orsini del Balzo, intorno al 1460. Questa parte che doveva servire al grande edificio "quasi di lanterna per renderlo luminoso" si differenzia molto anche architettonicamente dal restante corpo di fabbrica. E’ costruita su una base di forma ottagonale, con sette grandi finestre a strombo interno ed esterno, cinque delle quali sono aperte e due murate. Fasci di colonne polìstili suddividono il perimetro interno in otto lati. Le grandi luci delle finestre (m. 7 di altezza) si aprono sui muri perimetrali, divisi dalle colonne, e poggiano su mensole con fregi a piccoli archi. Lo stesso motivo ornamentale degli archetti trilobati è ripetuto al vertice.
La cupola esterna è nascosta da una balaustra traforata cuspidale, conservata solo in parte; e la sua copertura è a scalea.
Sempre all’esterno le grandi finestre sono sormontate dalle armi delle famiglie: del Balzo,Orsini,d’Enghien, Colonna e Clermont (Chiaromonte), inquartate.

 
L'interno della chiesa si presenta a cinque navate, le due intermedie adibite ad ambulacri, che terminano tutte con un abside. La navata centrale, lunga 50 metri, dalla porta al coro, si slancia verso l’alto, essendo molto più larga e sovrastando di molto le navate laterali minori. Da questa, centrale, si accede ai deambulacri e da essi alle navate laterali per mezzo di tre grandi archi a sesto acuto ribassato. Fasci di sette colonne polìstili dividono la nave centrale in tre campate, la quarta campata, corrispondente all’attuale presbiterio, costituiva l’abside della chiesa costruita da Raimondello ed era sopraelevata rispetto al restante piano della chiesa.
Dal vano del presbiterio si sviluppa il coro ottagonale aggiunto verso il 1460 da Giovanni Antonio Orsini del Bal­zo. All'impianto e alla penombra delle campate si contrappone quest'ultimo vano invaso dalla luce che penetra attraverso cinque dei sette finestroni. Secondo alcu­ni studiosi il coro ottagonale sarebbe stato aggiunto alla chiesa per conferire più giuste proporzioni all'edificio, ma soprattutto per ospitare il mauso­leo dello stesso Giovanni Antonio Orsini del Balzo.
 
Affreschi
Il programma iconografico, ritenuto frutto della committenza di Maria d'Enghien - che guardava alla basilica non tanto sotto la prospettiva del fedele quanto secondo un'ottica tutta politica in cui operava una identificazione tra se stessa e Santa Caterina d'Alessandria - in base a considerazioni stilistiche, araldiche (gli stemmi presenti negli affreschi) e storiche, è probabile che sia stato realizzato in un arco di tempo compreso tra il 1419 (anno del matrimonio tra il figlio della contessa Giovanni Antonio e Anna Colonna) e il 1435. Dal punto di vista stilistico e formale gli affreschi rimangono un problema, poiché le maestranze operanti in Galatina non sono affatto omogenee.
Soltanto il pannello raffigurante Sant'Antonio Abate (sulla faccia interna del pilastro orientale della navata laterlale) reca una firma e una data: Franciscus de Arecio fecit anno 1435.
Sant'Antonio Abate
 
Un primo pittore si può individuare nelle scene dell'Apo­calisse della prima campata, in cui sono ravvisabili affinità con la pittura padana e umbro-marchigiana. Le corrispondenze tra le singole scene del Ciclo dell'Apocalisse ed il testo giovanneo sono illustrate in Massimo Negro, Galatina. La Basilica di Santa Caterina e l'Apocalisse, 2013, a cui si rimanda. Qui ci si sofferma soltanto sulla raffigurazione di Babilonia (nella lunetta che sovrasta il portale d'ingresso nella controfacciata): Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d’oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: “Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra” (Apocalisse, XVII, 3-5).
 
 
La donna porta i capelli raccolti secondo l'uso delle nobildonne e non sciolti come se fosse una semplice prostituta perchè, ancorchè tale, è pur sempre una regina. Secondo alcuni studiosi, per volere di Maria d'Enghien, avrebbe le fattezze dell'odiata cognata Giovanna II di Napoli.
 
Nelle vele della volta della seconda campata sono raffigurati il Trionfo della Chiesa ed i Sette Sacramenti.
 
 
Nella vela orientale la Chiesa è personificata in un pontefice sostenuto da Cristo in sembianze giovanili – entrambi racchiusi in una mandorla – che porge le chiavi a San Pietro ed il libro della Legge a San Paolo. In alto due angeli sostengono un baldacchino a forma d'ombrello, simbolo delle chiese insignite del titolo di basilica. Nella vela meridionale sono rappresentati Battesimo e Cresima. La vela occidentale è divisa in tre sezioni con Confessione (un sacerdote seduto nel confessionale raccoglie la confessione di un penitente, a sinistra si osserva un gruppo di flagellanti), Eucaristia e Sacerdozio (un vescovo infonde il sacro crisma sulle mani di uno dei diaconi genuflessi ai suoi piedi, mentre in alto il Cristo benedicente ratifica l'atto compiuto dal vescovo). Nella vela settentrionale sono infine rappresentati Matrimonio ed Estrema unzione. Nella sposa (incinta), secondo alcuni, sarebbe stata ritratta la stessa Maria d'Enghien.
 
 
Qui è stata individuata una mano diversa (quella del cosiddetto Maestro delle Vele) da quella del Ciclo dell'Apocalisse, dotata di una sottile vena decorativa di carattere familiare, che ricorda i maestri dell'Italia centrale e a cui vengono attribuiti anche le scene della Vita e del Martirio di Santa Caterina nel presbiterio e quelle della Vita di Maria nella navata destra.
Sulle pareti della seconda campata sono affrescate le scene del ciclo della Genesi attribuite ad una mano ancora diversa, di chiara matrice giottesca, a cui viene attribuito anche il Ciclo cristologico sulle pareti della terza campata.
 
Eva tentata dal serpente
 
Nella testa del serpente che tenta Eva sarebbero nuovamente riprodotte le sembianze di Giovanna II di Napoli. 

Eva mangia il frutto proibito

Nella scena in cui Adamo ed Eva mangiano il frutto proibito, si può notare come non si tratti di una mela ma piuttosto di un fico o di un dattero (cfr. scheda La cripta del peccato originale, nota 1) mentre nel Ciclo di Cristo, questi viene tentato due volte, una da un diavolo vestito da francescano e l'altra da un diavolo vestito da domenicano a significare che il male si nasconde dove meno te l'aspetti.
Nelle vele della volta della terza campata sono raffigurate le Schiere angeliche e sulle pareti – come già detto – le scene del Ciclo di Cristo.
Le pareti del presbiterio sono invece occupate da diciassette riquadri che illustrano la Vita ed il Martirio di Santa Caterina.
Parte del ciclo di Santa Caterina affrrescato sulla parete sinistra del presbiterio con il cenotafio di Raimondello Orsini del Balzo. Al termine del coro s'intravede quello del figlio Giovanni Antonio 
 
Sulla parete della navata destra è illustrato il racconto della Vita di Maria come narrata nell'apocrifo Protovangelo di Giacomo. Infine, conformemente al programma iconografico delle chiese bizantine, la parte inferiore delle pareti della basilica è coperta da figure di santi: anche gli ambulacri e i sottarchi sono abbelliti con riquadri isolati. In un riquadro nell'ambulacro di destra, in cui è raffigurato l'imperatore Teodosio che bacia il piede del Bambino in braccio alla Vergine con accanto S.Giuseppe, nella donna alle spalle della Vergine, che fissa lo spettatore a braccia conserte, potrebbe nuovamente essere ritratta la committente Maria d'Enghien.
 
 
Sepolture
Cenotafio di Raimondello Orsini del Balzo: Originariamente il monumento aveva una collocazione diversa. Era infatti collocato sulla parete di fondo dell'abside originaria, che è poi l’attuale presbiterio, nel posto d’onore, alle spalle dell’altare maggiore. Dovendosi costruire la nuova abside, l’attuale coro di forma ottagonale, questo monumento venne rimosso e riposizionato , in cornu evangeli, rovinando anche alcuni affreschi preesistenti. Il cenotafio si presenta mutilo nella parte superiore, mandata in pezzi da un fulmine il 19 novembre 1867.
Due colonne con capitelli traforati, floreali, sorreggono un sarcofago su cui è scolpita l’immagine del principe rappresentato disteso, vestito dell’abito dei frati francescani. Due angeli sollevano una tenda per lasciar vedere la figura giacente sul letto di morte, con la testa ricoperta da un cappuccio poggiata su di un cuscino di stelle. La parte superiore del sarcofago ha una fascia con tracce di una iscrizione, in caratteri gotici, ormai illeggibile. La parte inferiore è formata da una trabeazione scolpita a traforo con leoni alternati a soggetti floreali: al centro, due leoni sorreggono le armi degli Orsini del Balzo. Sul sarcofago lo stesso principe è riprodotto nuovamente, in ginocchio, a mani giunte. Sempre in questa parte superiore del cenotafio completano il monumento due colonnine di forma ottagonale, delle quali è rimasta una sola, che sorreggevano un arco trionfale monocuspidale all’esterno e a tutto sesto nella parte interna. Al centro, in alto, ancora una riproduzione delle armi Orsini Del Balzo, sostenute da due orsi rampanti. La lastra in pietra leccese riproducente ancora una volta le armi degli Orsini Del Balzo, che si trova tra le due colonne reggenti il sarcofago, collocata in basso, sembra essere di epoca posteriore.
 
Cenotafio di Raimondello Orsini Del Balzo
 
Cenotafio di Giovanni Antonio Orsini del Balzo: Eretto nel coro, ne occupa per intero la parete di fondo. Poggia su quattro colonne ottagonali, poggiate su quattro leoni, in pose diverse e con figure tra gli artigli. Quattro capitelli floreali sostengono un architrave che a sua volta sostiene il cenotafio. Sull’architrave sono dipinti quattro stemmi e due ritratti: a sinistra quello di Raimondello, con le lettere P e R, e a destra quello di Giovanni Antonio, con le lettere P. I. A. Al centro di essa una piccola testa di donna: forse la stessa Maria d’Enghien. Anche la figura del principe Giovanni è rappresentata vestita del saio dei frati francescani - secondo il costume dei regnanti di Napoli - distesa sul sarcofago, con la testa poggiata su un cuscino ricamato mentre due angeli socchiudono i lembi di una tenda appena aperta. Sulla cornice superiore, alla fine di un’epigrafe, l’anno 1562; con al centro un medaglione con l’effigie della moglie Anna Colonna. Al di sopra del cenotafio è collocato un tabernacolo sostenuto da quattro colonnine polistili tortili. L’arco, a tutto sesto, è ornato all’interno da quattro fregi recanti ciascuno un mascherone. All’esterno tre acroteri: due angeli con cartiglio, sui pinnacoli laterali, e Gesù benedicente, al vertice centrale. Gli spioventi sono ornati con foglie rampanti. L’arma degli Orsini Del Balzo è sorretta da due angeli in volo.
 

Cenotafio di Maria d'Enghien: Fatto erigere dal figlio Giovanni Antonio, ne rimangono soltanto quattro colonne, delle quali, due sono addossate al muro e due sostengono quel che rimane di un antico baldacchino gotico. L’arma posta al fastigio è quella della regina di Napoli. Nel 1700 infatti, i frati francescani, da questo monumento ricavarono l’attuale altare di S. Francesco.


 




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