Si può visitare solo su prenotazione (Tel. 333-8451218)
Il piccolo portale in stile romanico è sormontato da un piccolo rosone dello stesso stile e, in cima, da un campanile a vela. Al di sopra del rosone che sovrasta il portale d’ingresso con molta difficoltà si possono notare due piccoli scudi araldici, quello meglio conservato sembra raffigurare le armi dei del Balzo Orsini (la stella a sedici punte inquartata al corno da caccia).
Gli archetti ciechi che scorrono sulla facciata, quattro per lato sotto ciascun spiovente, sono quasi tutti diversi tra di loro (ogivali, trilobati, a tutto sesto).
Originariamente la facciata era sicuramente affrescata ma oggi non restano che poche labili tracce di pittura.
All'interno il programma iconografico testimonia la transizione dalla cultura greca a quella latina, promossa dalla corte angioina e realizzata dai Del Balzo Orsini. Gli anonimi frescanti, autori del ciclo pittorico soletano, interpretarono appieno il passaggio epocale in cui cultura greca e latina si sovrapposero, mostrando una cospicua dose di eclettismo nell’incrociare stilemi artistici ancora bizantini, dettati da esigenze liturgiche, con motivi gotici, secondo la moda francese importata per via napoletana. Il programma iconografico, del tutto particolar, sembra inoltre risultare da una sorta di compromesso tra l'istanza cattolico romana sostenuta dalla committenza dei Del Balzo Orsini e quella greco-ortodossa sostenuta dal protopapas Giorgio de Tullie.
La chiesa fu probabilmente fondata da Raimondello Del Balzo Orsini sul finire del XIV secolo, ma il programma iconografico fu portato a termine a più riprese sotto il patronato della moglie Maria d'Enghien e del figlio Giovanni Antonio (cfr. scheda La contea di Lecce e la casa di Brienne).
Affreschi
Abside: nella parte inferiore il Cristo Emanuele, la Divina Sapienza, come precisa l’iscrizione greca che accompagna l’immagine e a cui era probabilmente originariamente dedicata la chiesa, che concelebra sull'altare insieme a quattro santi vescovi (due per lato), alla destra del Cristo S.Giovanni Crisostomo e S.Basilio, alla sua sinistra S.Anastasio e S.Gregorio Nazianzeno.
Abside
Nella parte superiore è raffigurata la Pentecoste, con la Vergine al centro affiancata dagli apostoli e sullo sfondo le mura di Gerusalemme. Gli apostoli tengono nelle mani dei cartigli con i dodici capitoli del simbolo (credo) apostolico. In maniera del tutto anomala per una chiesa di rito ortodosso lo Spirito Santo che discende sugli Apostoli sotto forma di colomba, procede però dal Padre e dal Figlio (raffigurati uno sopra all'altro al vertice del catino absidale con le mani protese verso il basso).
A sinistra dell'abside, c'è una nicchia con resti di affresco che assolveva alle funzioni della prothesis.
Al di sopra del catino absidale, l'Ascensione con il Cristo in una mandorla sollevata da quattro angeli. Ancora più in alto la figura di Cristo in trono, ai lati della quale si dispongono i simboli dei quattro evangelisti, due serafini e, ancora più lateralmente, l'inconsueta rappresentazione dei Troni (1).
Raffigurazione dei Troni
Parete settentrionale:
su questa parete si trova una porta murata (che forse introduceva ad
una sagrestia oggi non più eistente), sull’architrave della quale
era posta l’iscrizione dedicatoria di cui oggi si legge a stento
soltanto "fu eretta..", stranamente l'iscrizione sembra
essere stata cancellata volutamente.
La decorazione parietale è
divisa in quattro sezioni orizzontali articolate in riquadri.
Dall’alto in basso, le prime tre sono dedicate al Ciclo
Cristologico, mentre nell’ultima sezione in basso, la più larga,
sono rappresentate figure di santi e sante.
Nell'ultimo riquadro della
prima sezione, tra i personaggi che assistono al Battesimo di Cristo,
forse si celano i ritratti di Raimondello Orsini Del Balzo e Maria
d'Enghien, committenti della chiesa.
Ipotetico ritratto di Raimondello Del Balzo Orsini e Maria d'Enghien
Il primo riquadro
della seconda sezione mostra la Tentazione
di Cristo nel deserto, anche qui, come
nella basilica di Santa Caterina a Galatina, il diavolo è nelle sembianze di un frate
francescano ma al posto dei piedi ha zampe palmate da rapace (questo
potrebbe rappresentare un avvertimento ai fedeli di rito ortodosso a
non seguire la tentazione costituita dalla predicazione francescana
di abbracciare la fede latina). Seguono la Guarigione
del cieco e quella dell'indemoniato,
dalla cui bocca fuoriesce una piccola figura nera (il maligno).
Seguono la Resurrezione di Lazzaro
e l'Ingresso a Gerusalemme
che è l’ultimo dei riquadri chiaramente visibile della seconda
sezione. Quelli successivi sono infatti molto compromessi; si possono
intravedere i contorni delle figure ma la colorazione è andata quasi
del tutto persa.
Il secondo riquadro
della terza sezione raffigura Cristo
davanti a Pilato. Si può notare come
Pilato abbia un’espressione sorridente, quasi benevola sul viso.
Appare invece chiaramente chi è il grande accusatore del Cristo, il
Gran Sacerdote Caifa, ritratto con le caratteristiche sembianze degli
ebrei dell’epoca e con una borsa di denari in mano (secondo
Francesco Manni, uno studioso soletino, si tratterebbe invece di
Giuda).
Il primo riquadro
della seconda sezione mostra la Tentazione
di Cristo nel deserto, anche qui, come
nella basilica di Galatina, il diavolo è nelle sembianze di un frate
francescano ma al posto dei piedi ha zampe palmate da rapace (questo
potrebbe rappresentare un avvertimento ai fedeli di rito ortodosso a
non seguire la tentazione costituita dalla predicazione francescana
di abbracciare la fede latina). Seguono la Guarigione
del cieco e quella dell'indemoniato,
dalla cui bocca fuoriesce una piccola figura nera (il maligno).
Seguono la Resurrezione di Lazzaro
e l'Ingresso a Gerusalemme
che è l’ultimo dei riquadri chiaramente visibile della seconda
sezione. Quelli successivi sono infatti molto compromessi; si possono
intravedere i contorni delle figure ma la colorazione è andata quasi
del tutto persa.
Il secondo riquadro
della terza sezione raffigura Cristo
davanti a Pilato. Si può notare come
Pilato abbia un’espressione sorridente, quasi benevola sul viso.
Appare invece chiaramente chi è il grande accusatore del Cristo, il
Gran Sacerdote Caifa, ritratto con le caratteristiche sembianze degli
ebrei dell’epoca e con una borsa di denari in mano (secondo
Francesco Manni, uno studioso soletino, si tratterebbe invece di
Giuda).
Parete meridionale: è
occupata dalla raffigurazione del ciclo di S.Stefano protomartire.
Nel primo riquadro il alto a
sinistra si notano due figure, quella di un uomo e di una donna,
inginocchiate in preghiera con lo sguardo rivolto verso l’Ascensione
nella parete absidale. A seguire vi è uno strano riquadro in cui si
vede la scena di un banchetto, ove si nota una ricca e imbandita
tavolata intorno alla quale siedono diversi personaggi intenti a
mangiare. In questo secondo riquadro ricompaiono, tra gli altri,
nuovamente le due figure presenti nel primo riquadro. Sono alle due
estremità del tavolo. L’uomo è chiaramente e più facilmente
riconoscibile; ha in mano un coltello e sta tagliando una pietanza su
di un piatto. Potrebbe trattarsi dei committenti o di figure ad essi
legate (l'uomo col cappello potrebbe essere l'autoritratto del
frescante, la stessa figura sembra ricorrere anche nel Coro degli
Eletti nel Giudizio dipinto sulla controfacciata, vedi oltre) .
Procede poi la
narrazione della vita del santo che, più che sugli Atti
degli Apostoli sembra basarsi su una
passio, la
Fabulosa
Vita sancti Stephani protomartyris,
del X secolo. Dopo la nascita
(nella nobildonna riccamente vestita che compare in questo riquadro,
Manni ipotizza il ritratto diMaria d'Enghien), si
vede Santo Stefano che predica in riva al mare, dove è ormeggiata
una cocca mediterranea del primo Quattrocento sopra la quale si
possono individuare diversi personaggi che si sporgono in direzione
del santo.
Parete meridionale, lato absidale.
Nel riquadro in alto a destra potrebbe essere ritratta Maria d'Enghien.
La stella presente sul capo del santo sta a significare la
luce emanante dal suo volto ma, al tempo stesso, ricorda la stella
cometa dello stemma dei Del Balzo.
Dopo la rappresentazione
della scena di un anziano visitato da un angelo, seguono tre riquadri
che si riferiscono all'incontro del santo con un cavaliere.
Nel primo riquadro si vede
il cavaliere fortemente inclinato in avanti come morto, dell’epoca
con l’elmo ornato da una corona di gigli angioini. Con lui una
serie di armigeri con lance e una lunga tromba a cui è legato uno
stendardo bianco con una testa di moro (con cui venivano
rappresentati coloro che provenivano dall’oriente o dal continente
africano).
Nel riquadro successivo si
nota come il cavaliere, pur rimanendo inginocchiato e a mani giunte,
volge il suo sguardo verso il Santo, il quale sembra impartirgli una
serie di istruzioni e raccomandazioni.
Infine nel terzo riquadro,
il cavaliere si è spogliato della sua armatura e dell’elmo, e
riceve il battesimo da Stefano. La carnagione scura del cavaliere ne
ribadisce l'origine orientale. Ma non c'è traccia di questa
conversione e battesimo nell'agiografia del santo.
I riquadri successivi
illustrano il martirio del santo. Prima viene bastonato (i
bastonatori sono chiaramente identificati come ebrei dal cerchio
rosso che portano sulla tunica) (2) poi si
tenta di metterlo in croce ma, come viene raccontato nella passio,
giunge un angelo a strapparlo dalla croce.
Nell'ultimo
riquadro, che può essere idealmente diviso in due parti, nella prima
il santo viene lapidato, nell'altra si
nota il corpo del santo privo di vita a terra, mentre in alto due
angeli reggono la sua anima che si indirizza verso il Padre e il
Figlio che compaiono in alto .
Nell’ultima sezione in
basso si susseguono diverse figure, da sinistra verso destra
compaiono il Cristo Sapienza – Verbo di Dio, Maria con il Bambino,
Santo Stefano e la Crocifissione con Maria e Giovanni.
Controfacciata:
è interamente occupata dalla raffigurazione del Giudizio
Universale.
Nella fascia parietale
interna del rosone è raffigurata una Deesis con il Cristo biondo,
dai capelli lunghi e sguardo severo, con le mani alzate rivolte verso
coloro che volgono a lui lo sguardo, a mostrare le ferite inferte dai
chiodi, e con la veste lacerata a mostrare la ferita al costato. A
destra e sinistra della Deesis si dispongono gli apostoli, in due
gruppi di sei (In verità vi dico: voi che
mi avete seguito, nella rigenerazione, quando il Figlio dell’Uomo
sederà sul suo trono di gloria, sederete anche voi su dodici troni a
giudicare le dodici tribù d’Israele,
Matteo XIX, 28).
La Deesis dipinta all'interno del rosone
Al di sotto, racchiusa in un
cerchio rosso, l'ostensione della croce e degli altri strumenti della
Passione, ai lati, inginocchiati, i Progenitori. Accanto a ciascuno
di loro un angelo che suona la tromba del giudizio a cui rispondono a
sinistra la personificazione della Terra e a destra quella del Mare.
Più in basso, sopra l’arco
della porta d’ingresso, si staglia la figura dell’arcangelo
Michele che, con la spada in mano e in armatura angioina, regge la
bilancia della giustizia per pesare le anime.
A destra dell'arcangelo il
Coro degli Eletti, in prima fila un papa - probabilmente Martino V(1417-1431) - con il
caratteristico triregno, poi a seguire due cardinali, un vescovo
latino e, infine un ecclesiastico greco. Accanto al vescovo latino,
si nota la testa di un francescano, il cui profilo richiama la
maschera di pietra dell’effigie di Raimondello del Balzo Orsini
presente all’interno della Basilica di Santa Caterina a Galatina.
L'ultima figura in alto con il cappello, che somiglia a quella del
banchetto che inizia il ciclo di Santo Stefano, potrebbe nuovamente
ritrarre l'autore degli affreschi.
Il Coro degli Eletti. La freccia nera indica Raimondello Del Balzo Orsini in abito francescano, quella rossa l'ipotetico autoritratto del frescante.
A sinistra dell'arcangelo, la
coppia distesa sul letto con un diavolo che fa loro aria con un
ventaglio, raffigura coloro che la domenica, anzichè recarsi alla
messa, rimangono a poltrire a letto.
Più in basso è
rappresentato il Paradiso, difeso da spesse mura e da una torre
quadrata e merlata, con la porta socchiusa a guardia della quale sta
un angelo rosso con la spada sguainata. Dinanzi alla porta Pietro che
accompagna il Buon Ladrone. All'interno siedono Abramo, con in grembo
l'anima del mendicante Lazzaro con il capo cinto da una corona di
rose, Isacco e Giacobbe, anch'essi con in grembo delle anime.
L'Ingresso al Paradiso
A destra è raffigurato
l'Inferno, in cui troneggia la figura di Satana (sbalzato in gesso e
dal volto gravemente deturpato forse per un rituale apotropaico) su
un drago a due teste che divorano i dannati; tiene in braccio il
corpo nudo di Giuda. Il ricco Epulone è raffigurato mentre si porta
la mano alla bocca chiedendo acqua. Un angelo spinge verso l'Inferno
le anime dannate con un forcone, tra cui le didascalie permettono di
riconoscere gli eresiarchi Ario, Sabellio e Nestorio.
Note:
(1) Secondo lo Pseudo-Dionigi (De
coelesti Hierarchia, V sec.) le schiere angeliche dei Troni –
il nome sta ad indicare la loro vicinanza al trono di Dio - sono
rappresentate come delle ruote di fuoco, con le ali intorno. Le ali
sono disseminate di occhi. (cfr. anche scheda Arcangeli, Cherubini, Serafini, Troni e Tetramorfi).
(2) Il IV Concilio lateranense (1215)
aveva stabilito che gli ebrei dovessero portare un segno distintivo:
il velo giallo per le donne – lo stesso contrassegno delle
prostitute - ed un cerchio rosso per gli uomini. Tale obbligo fu ribadito da Maria d'Enghien negli Statuti di Lecce emanati nel 1445.
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