sabato 12 luglio 2014

La corona di Costantino IX Monomaco


La corona di Costantino IX Monomaco


La cosiddetta corona di Costantino IX Monomaco - attualmente conservata nel Museo Nazionale Ungherese di Budapest - ha sempre suscitato negli studiosi delle forti perplessità fino al punto di farla ritenere un falso realizzato in epoca moderna (cfr. N.Oikonomides, La couronne dite de Constantin Monomaque, Travaux et Mémories 12, 1994).
La corona è costituita da sette placche oblunghe a terminazione semicircolare nella parte superiore, sulle quali è ritratta la triade degli imperatori bizantini - Costantino IX Monomaco (1042-1055), la sua consorte Zoe e la sorella Teodora - con danzatrici e personificazioni di virtù; due apostoli sui medaglioni di smalto e un'incastonatura in vetro che però molto probabilmente non appartengono al manufatto originario. L'imperatore tiene con la destra il labaro imperiale e con la sinistra l'akakia (1).



Le sette placche della corona furono ritrovate nel 1860 da János Huszár, un nobile proprietario terriero di Nyitraivánka (oggi Ivánka pri Nitre, Slovacchia). Gli studiosi non si sono mai soffermati troppo sul luogo del ritrovamento, eppure nella stessa città nel 1914 fu rinvenuta una moneta di Costantino IX Monomaco e, a distanza di venti chilometri, a Tild (oggi Cifare-Telince, Slovacchia) ne furono trovate altre sette.
Sui bordi delle placche sono saldate sottili lamine di metallo che seguono perpendicolarmente l'andamento del contorno delle placche; tali lamine presentano fori posti lungo il sottile margine ripiegato delle placche e pertanto esse non potevano essere inserite in una cornice metallica, bensì dovevano essere cucite su qualche materiale più morbido, per esempio tessile, con alla base una fila di perle.
A giudicare dalle dimensioni, possiamo infine considerare completo il gruppo delle placche di smalto della corona, soltanto ai bordi si può pensare che potesse completarsi con altri pezzi.


Una danzatrice e la personificazione dell'Umiltà

Uno degli argomenti forti della tesi di Oikomenos che considera il manufatto un falso è il fatto che le incisioni sullo smalto delle placche presentano un gran numero di errori, in totale 13. Gli errori si dividono in due tipi: le vocali scritte in maniera errata e gli accenti messi in modo anch'esso non corretto. Per quanto possa apparire singolare che un maestro greco incorra in queste inesattezze, in particolare nei clamorosi errori nei nomi dell'imperatore Costantino e della moglie Zoe, tale fenomeno non è del tutto infrequente nell'età mediobizantina.
Ai lati delle tre placche raffiguranti la triade imperiale si dispongono le figure di due danzatrici e le personificazioni di due virtù l'Umiltà (Η ΤΑΠΙΝΟΣΙΣ) e la Verità (Η ΑΛΙΘΗΑ).

La presenza di figure femminili - tra cui danzatrici - in scene raffiguranti l'imperatore è un motivo trionfale originario dell'antichità. Nel periodo medio bizantino nella rappresentazione imperiale divenne invece centrale la raffigurazione della religiosità dell'imperatore, del suo essere prescelto da Dio. Per questo le figure della corona vengono in prevalenza collegate con la prefigurazione veterotestamentaria del dominio imperiale. Inoltre il ballo della sorella di Mosè, Miriam, e delle sue danzatrici dopo il passaggio del mar Rosso appare connesso alla celebrazione del trionfo come la danza delle virtù, dopo il superamento dell'attrazione per le passioni: Allora Miriam, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze (Esodo, XV, 20-21).
Altri elementi che suscitano perplessità sono la scarsa opulenza del manufatto (non vi sono incastonate gemme o perle) e la sua circonferenza (32 cm.) che appare troppo stretta anche per una testa femminile.
Una possibile spiegazione potrebbe essere che si tratti di una di quelle corone che venivano offerte al condottiero che tornava in città da una campagna vittoriosa al momento in cui veniva celebrato il trionfo. Costantino VII Porfirogenito, nel De cerimoniis, nel descrivere il protocollo dell'ingresso trionfale, dice che questa corona veniva presentata dall'Eparca di Costantinopoli e veniva infilata al braccio del condottiero. Si trattava quindi di una corona che doveva essere utilizzata una sola volta e per breve tempo.
Nell'arco di regno di Costantino IX, la Kiss individua inoltre nel trionfo decretato a Stefano Pergameno per la vittoria sul generale ribelle Giorgio Maniace (1043) il frangente più probabile (2). Pare infatti che l'imperatore decise di tributare il trionfo al condottiero eunuco solo all'ultimo momento, il che spiegherebbe ulteriormente con la fretta di realizzarlo la scarsa qualità del manufatto e le imprecisioni linguistiche presenti nelle didascalie. Nella sua descrizione del corteo trionfale, Michele Psello dice tra l'altro che l'imperatore vi assistette da un palco posto alla porta Chalke del palazzo imperiale, seduto su un trono tra le due imperatrici Zoe e Teodora, esattamente la stessa immagine riproposta nella corona.
In questa chiave, l'inserimento nel programma iconografico della corona della personificazione dell'Umiltà suonerebbe come un monito al condottiero vincitore a non ribellarsi a sua volta (3).


Nell'immagine trionfale di Basilio II, riprodotta sul frontespizio di un salterio databile al 1019 e conservato presso la Biblioteca marciana di Venezia, l'imperatore indossa all'avambraccio due bracciali, indipendenti dall'armatura, che potrebbero essere corone trionfali del tipo ipotizzato per la corona di Costantino IX.

Note:

(1) L'akakia era un sacchetto contenente una manciata di terra. Serviva a ricordare all'imperatore che anche lui era mortale.


(2) Cfr. Catepanato d'Italia, nota 2.

(3) Nonostante l'ipotetico avvertimento, poco dopo il suo trionfo, nel luglio del 1043, Stefano Pergameno fu coinvolto in una congiura per rovesciare l'imperatore. Privato di tutti i suoi beni, fu costretto a prendere l'abito monacale e successivamente accecato.













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