giovedì 28 novembre 2013

Chiesa degli Armeni, Famagosta

Chiesa degli Armeni, Famagosta

La chiesa di S.Maria del Carmelo e, a destra, quella degli Armeni

E' situata all’estremo angolo NO della città, a ridosso del Bastione Martinengo e accanto alla chiesa di S.Maria del Carmelo.
Nel XIV secolo, il progressivo dissolversi del regno di Armenia di fronte all'avanzata dei mamelucchi determinò l'afflusso di esuli dalla vicina costa della Cilicia che si stabilirono in questa parte della città (1).
Nel 1317 fu terminata una chiesa annessa ad un importante monastero fondato nel 1310 sotto gli auspici di re Oshin d'Armenia (1307-1320). Vecchie fotografie mostrano attorno alla chiesa, che oggi appare del tutto isolata, le rovine del monastero e ciò ci consente d'identificarla con il katholikon dello stesso. Molto probabilmente era dedicata alla Madre di Dio.


Esternamente la muratura, nella porzione inferiore, appare impreziosita da croci scolpite nella pietra all'interno di forme circolari o rettangolari (khač‘kars), secondo un motivo decorativo che ricorre spesso nelle chiese della Cilicia.


In alto, al centro delle pareti ovest, nord e sud si aprono altrettante finestre gotiche strambate e incappucciate da una modanatura che funge da gocciolatoio, al di sopra delle quali il tetto forma un doppio spiovente. Ognuna delle tre facciate presenta anche, in basso ed in corrispondenza delle finestre, un portale sormontato da un arco a sesto acuto (quello settentrionale attualmente murato).

I contrafforti lungo i lati nord e sud – che non si riscontrano praticamente mai nelle chiese di Cilicia – appaiono un tratto locale, probabilmente mutuato dalla cattedrale di san Nicola che veniva costruita nello stesso periodo.
In epoca successiva alla fondazione a nord dell’abside era stata addossata una piccola cappella o sacrestia oggi completamente scomparsa.

Abside

All'interno presenta una pianta a navata unica che termina ad oriente con bema rialzato da un doppio gradino ed un abside semicircolare traforato da un'unica stretta finestrella centrale. E' coperta da una volta a croce – con una rosa scolpita nella chiave – che si allunga in due volte a botte verso est ed ovest.

Sulle pareti sono presenti numerosi resti di affreschi in pessime condizioni.
Il programma iconografico si svolgeva sulle tre pareti della nave e sull'abside.

la parete settentrionale come appariva nel 2007

Sulla parete settentrionale da sinistra a destra si susseguono Natività e Battesimo, il Cristo Pantokrator e l'Imago pietatis (2) sul registro inferiore; la Flagellazione, l'Ascesa al Calvario, Crocefissione, Deposizione e Sepoltura nel registro superiore (3).
La nicchia che si nota sulla destra, sormontata da una cuspide gotica, conteneva una vasca di raccolta in pietra per drenare l'acqua utilizzata durante la funzione liturgica.

La Flagellazione
il Cristo è legato ad una colonna di porfido rosso mentre è fustigato da due uomini. Sullo sfondo le architetture del palazzo di Pilato.

La Sepoltura
Nella scena si distinguono Giovanni e Giuseppe di Arimatea mentre trasportano il corpo del Cristo al sepolcro al cui ingresso è raffigurato Nicodemo accanto alla Vergine inginocchiata.

Battesimo e Imago pietatis (con la figura del Cristo che emerge dal sepolcro)

Sulla parete sud è ancora distinguibile la scena della Koimesis, mentre nel catino absidale sopravvive unicamente la figura della donatrice probabilmente inginocchiata davanti alla Vergine a cui la chiesa era dedicata. Posizione del tutto inusuale dal momento che il santuario era interdetto ai laici.

La figura inginocchiata della donatrice nel catino absidale

Sulla controfacciata, oggi completamente imbiancata, ai lati della porta erano raffigurati da un lato S.Elena e la Vergine e dall'altra S.Teodoro Stratelate a cavallo mentre trafigge un serpente


L'affresco raffigurante S.Teodoro Stratelate mentre trafigge un serpente nella controfacciata, prima che venisse ricoperto da intonaco.

Considerando che Enlart (1899) rilevò su una parete un graffito scolpito da un visitatore con la data 1547 se ne può dedurre che la chiesa era all'epoca già stata abbandonata.


Note:

(1) Dopo la sconfitta di Romano IV Diogene a Manzikert (1071), l'Armenia Maior fu annessa al sultanato selgiuchide. Molte famiglie cristiane migrarono verso la Cilicia (che verrà chiamata Armenia Minor), dove servirono l'impero in vari modi, ottenendo il controllo di importanti caposaldi lungo la frontiera orientale.
Con l'avvento della prima crociata e la fondazione dei primi stati crociati – la contea di Edessa (1098) ed il principato di Antiochia (1098) – gli armeni guadagnarono dei preziosi alleati sia in funzione anti-turca che anti-bizantina.
Il 6 gennaio 1199 il principe armeno Leone Medzakordz (Leone I) riuscì a farsi incoronare re della Armenia Minor dal legato pontificio Corrado di Wittelsbach, arcivescovo di Magonza, nella chiesa di Santa Sofia a Tiro.
Nel 1341 il re Leone IV (V secondo altra numerazione) fu assassinato dai suoi stessi baroni. Il suo parente più prossimo nella linea di successione era un suo lontano cugino, Guido di Lusignano - figlio di Amalrico di Tiro (un figlio di Ugo III di Cipro) e di Zabel d'Armenia, figlia di Leone III d'Armenia - che fu il primo re della casata dei Lusignano.
Leone VI (o V) Lusignano fu incoronato insieme alla moglie Margherita di Soissons a Kozan il 26 luglio o 14 settembre 1374 con i riti armeni e latini. Il suo diritto al trono venne però contestato da Ashot e il breve regno di Leone fu caratterizzato da numerose dispute tra le varie fazioni.
Dopo numerose battaglie contro le superiori forze mamelucche, Leone si asserragliò nella fortezza di Kapan ed infine si arrese nel 1375, ponendo così fine al regno della Piccola Armenia.
Leone morì esule a Parigi nel 1393 ed alla sua morte il titolo di re d'Armenia (i cui possedimenti si limitavano ormai alla sola città costiera di Gorhigos, già sotto controllo cipriota dal 1360 e che tale rimarrà fino al 1458) fu rivendicato da Giacomo I di Cipro, suo lontano cugino.

(2) Raffigurazione del Cristo morto in posizione eretta con gli occhi chiusi e le braccia incrociate sul ventre (la stessa posizione in cui appare nella Sindone).

(3) Le scene della Flagellazione e dell'Ascesa al Calvario, estremamente rare nell'iconografia bizantina, presentano molti elementi di similitudine con quelle rappresentate in una icona di epoca paleologa (1370 c.ca) conservata nel Monastero di Doroteo Vlatis a Tessalonica.

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