sabato 4 maggio 2013

Porta Tiburtina

Porta Tiburtina



La storia di questa porta inizia ben prima che nascesse la cinta muraria voluta da Aureliano – le cosiddette Mura Aureliane – in cui è inserita.
Nel 5 a.C. Augusto costruì infatti un arco in questo punto, dove si incontravano tre acquedotti, l'Aqua Marcia, l'Aqua Iulia e l'Aqua Tepula, per consentire il passaggio degli stessi sopra la sede viaria. Da qui usciva infatti l’importante via Tiburtina ("via per Tivoli"), dalla quale si staccavano subito la via Collatina e un diverticulum ad lapicidinas vineae Quirini.
L’arco fu poi restaurato dagli imperatori Tito (79-81) e Caracalla (211-217).
Tra il 270 e il 275 l'arco venne inglobato nella cinta difensiva: l'imperatore Aureliano ebbe la necessità di dotare di mura la città il più rapidamente possibile e ordinò quindi di inglobare nella nuova cinta tutto quanto possibile delle strutture già esistenti (come ad esempio la casa privata, regolarmente espropriata, nei pressi della porta), anche per evitare di lasciarne fuori edifici che potessero essere usati da forze ostili.
 
Porta Tiburtina, lato interno

Quando l'imperatore Onorio, liberata la zona circostante dall'immensa mole di detriti accumulatasi in 130 anni (abbassando pertanto il livello stradale fin quasi alle fondamenta della cinta), restaurò e rinforzò le mura (401-402), costruì una seconda struttura, posta esternamente alla prima, sulla cui sommità furono aperte cinque piccole finestre, che illuminavano la camera da cui veniva manovrata la cancellata di chiusura della porta.
In tal modo l’intera struttura si presenta oggi con un doppio profilo architettonico: quello romano verso l’interno e quello già medievaleggiante, con i merli e le torri, sul lato esterno. Inoltre, la base della porta esterna risulta essere circa un metro e mezzo sopraelevata rispetto alla base dell’arco augusteo e con un’apertura non simmetrica rispetto a quest’ultimo. Tutto ciò dimostra quanto lo scopo della viabilità fosse del tutto secondario rispetto a quello della difesa.
 
Probabilmente Onorio sostituì anche le torri semicircolari dell'epoca di Aureliano con quelle quadrate tutt'ora esistenti.
Secondo altre interpretazioni la squadratura delle torri potrebbe invece essere stata effettuata a seguito di un restauro, nel XVI secolo, ad opera di Alessandro Farnese, il cui stemma, sormontato dal cappello cardinalizio, è incastonato nella torre di sinistra accanto a quello del cardinale Pietro Carafa, il futuro Paolo IV.
 
Gli stemmi cardinalizi di Pietro Carafa, a sn., e Alessandro Farnese, a ds.
 
A partire dall'VIII secolo, la porta subì quel processo di cristianizzazione della nomenclatura degli accessi cittadini, comune a molti altri ingressi, e cambiò nome in Porta San Lorenzo, giacchè, subito dopo essere uscita dalla città, la via Tiburtina conduceva alla basilica di San Lorenzo fuori le mura. Infatti, "dalla porta diramava un portico simile al Vaticano ed all’Ostiense, che conduceva al santuario Laurenziano".
Contemporaneamente il popolo iniziò a chiamarla anche Capo de' Bove o Porta Taurina, per i bucrani che decorano sia il travertino dell'arco di Augusto che l’architrave della porta esterna. I due tori, però, oltre che in posizione asimmetrica, sono anche molto diversi tra loro, essendo l’aspetto di quello interno molto più grasso e pasciuto - a destra nella fotografia - rispetto a quello esterno, magro e macilento - a sinistra; questa differenza era interpretata dal popolino medievale come la diversa condizione tra chi vive fuori e chi abita all’interno della città, protetto e al sicuro.
 
 
L'arco eretto da Augusto, che ora forma il lato interno della porta e si trova ad un livello alquanto più basso dell’odierno livello stradale, è interamente in travertino, in ottimo stato di conservazione. L’attico è attraversato dai tre acquedotti e reca tre iscrizioni.
 
 

Sul canale inferiore, quello dell'Aqua Marcia, c'è l'iscrizione celebrante il restauro voluto da Tito nel 79:

IMP[erator] TITVS CAESAR DIVI F[ilius] VESPASIANVS AVG[ustus] PONTIF[ex] MAX[imus] TRIBVNICIAE POTESTAT[is] IX IMP[erator] XV CENS[or] CO[n]S[ul] VII DESIG[natus] IIX P[ater] P[atriae] RIVOM AQVAE MARCIAE VETVSTATE DILAPSVM REFECIT ET AQVAM QVAE IN VSV ESSE DESIERAT REDVXIT
(L' Imperatore Tito Cesare Vespasiano Augusto, figlio del divino, pontefice massimo, tribuno della plebe per la nona volta, imperator, per la quindicesima volta, censore, console per la settima volta e designato per l'ottava, padre della patria, riparò le condutture dell'Aqua Marcia distrutte dal tempo, ripristinando l'acquedotto non più in uso).

Al centro, sul canale pertinente all'Aqua Tepula, si trova l'iscrizione che celebra il restauro voluto da Caracalla nel 212-213:

IMP[erator] CAES[ar] M[arcus] AVRELIVS ANTONINVS PIVS FELIX AVG[ustus] PARTH[icus] MAXIM[us] BRIT[annicus] MAXIMVS PONTIFEX MAXIMVS AQVAM MARCIAM VARIIS KASIBVS IMPEDITAM PVRGATO FONTE EXCISIS ET PERFORATIS MONTIBVS RESTITVTA FORMA ADQVISITO ETIAM FONTE NOVO ANTONINIANO IN SACRAM VRBEM SVAM PERDVCENDAM CVRAVIT
(L'Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Pio*, Felice Augusto, Parthicus Maximus, Britannicus Maximus, portò nella sua sacra città l'Aqua Marcia ostacolato da molti impedimenti, dopo aver ripulito la sorgente, tagliato e perforato montagne, restaurando il percorso e fornendo la nuova fonte Antoniniana).


Nel 410 contro questa porta si abbatterono inutilmente gli attacchi delle orde dei visigoti di Alarico I, che sfondarono invece le difese più a nord, a Porta Pinciana, dando inizio al sacco della città (24 agosto 410).
Da Porta Tiburtina il 24 maggio del 1084 entrarono invece le truppe di Roberto il Guiscardo, giunte per liberare papa Gregorio VII assediato a Castel Sant'Angelo dai soldati di Enrico IV ma nondimeno devastarono e saccheggiarono la città per 3 giorni.
La porta fece anche da palcoscenico alla battaglia di Porta San Lorenzo (20 novembre 1347), in cui Cola di Rienzo ottenne una schiacciante vittoria contro i baroni, uccidendone il comandante Stefano Colonna il Giovane.

Note:

* L'imperatore Marco Aurelio Antonino Pio fu detto "Caracalla" dal nome della veste gallica (un lungo mantello militare provvisto di cappuccio) che era solito indossare. 


 

 

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