venerdì 17 maggio 2013

L'anfiteatro castrense

L'anfiteatro castrense

 
Viene citato con questo nome nei Cataloghi regionari della V Regio (315-316 c.ca) dove ci si riferisce probabilmente a castrum come residenza imperiale: il nome sarebbe quindi da tradurre come "anfiteatro di corte", legato al Palazzo Sessoriano (o Sessorium), di cui facevano parte anche l'edificio su cui oggi insiste la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e i resti dell'aula absidata ad essa adiacente visibili nel giardino dell'ex comando dei Granatieri di Sardegna che attualmente ospita il Museo della Fanteria.
Fu terminato probabilmente insieme al resto del complesso residenziale imperiale, la cui costruzione fu intrapresa sotto Settimio Severo (193-211), all'epoca di Eliogabalo (218-222) e restò in uso fino alla costruzione delle Mura aureliane (273-275), che lo tagliarono a metà e lo trasformarono in bastione avanzato, tramite la tamponatura degli archi della facciata.
 
Ricostruzione dell'inserimento dell'anfiteatro nella cinta muraria all'epoca di Aureliano
 
Di forma ellittica (asse maggiore di 88 m e asse minore di 75,80 m), presenta attualmente a vista parte delle fondazioni (in cementizio con caementa in selce), a causa dell'abbassamento del piano di campagna circostante, mentre l'elevato è in opera laterizia.
Quattro ingressi davano accesso ai sedili ed al pulvinar e poteva contenere circa 3.500 spettatori. Un corridoio carrabile lo collegava al Palazzo.
In questo settore della cinta difensiva, probabilmente, i Goti di Vitige, durante l'assedio del 537-38 aprirono una breccia senza riuscire a penetrare in città.
Fino alla metà del XVI secolo l'anfiteatro castrense conservava anche resti dei due ordini superiori, poi fatti abbattere per esigenze difensive da papa Paolo IV (1555-1559).
La facciata esterna aveva tre ordini: il primo presentava arcate, inquadrate da semicolonne, il secondo arcate, chiuse da bassi parapetti, inquadrate da lesene e il terzo un attico con finestre ripartito da lesene. Superiormente vi si trovavano probabilmente mensole in travertino per sostenere i pali del velarium.
Sui tre ordini semicolonne e lesene erano sormontate da capitelli corinzi ed erano realizzate interamente in mattoni, come il resto della struttura, fatto piuttosto raro per edifici di questo tipo, costruiti solitamente in pietra.
 
 
All'interno, attualmente occupato dall'orto del convento di Santa Croce in Gerusalemme, i gradini della cavea dovevano essere sorretti da ambulacri con volte a botte, sovrapposti come gli ordini della facciata.
Ambienti sotterranei erano ricavati sotto l'arena, i cui resti furono visti in scavi settecenteschi.
In questi ambienti fu rinvenuto nel corso degli scavi un gran numero di ossa di fiere, questo ha fatto pensare che, fin quando l'anfiteatro rimase in uso, fosse adibito a spettacoli gladiatori e venatori riservati alla corte imperiale.
 

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