sabato 12 febbraio 2022

La cattedrale di Cefalù

 La cattedrale di Cefalù

La Cattedrale di Cefalù venne edificata per volere di Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia, Puglia e Calabria, nell’anno del Signore 1131.

Vuole la tradizione che il re, in viaggio per nave da Salerno a Palermo, imbattutosi in una tempesta, fece voto al Signore di erigere una chiesa nel luogo in cui avesse preso terra sano e salvo insieme al suo equipaggio. Approdato a Cefalù, fece costruire qui il tempio promesso a gloria del SS. Salvatore e dei Santi Pietro e Paolo. I lavori ebbero inizio, con la posa della prima pietra, domenica 7 giugno, giorno di Pentecoste, dell’anno 1131, presente alla cerimonia lo stesso re.
L’edificio nacque nell’ambito dell’architettura romanica nordeuropea, importata in Sicilia dai normanni, ma fu terminato da maestranze locali secondo le istanze dell’architettura islamica e condizionato dalle esigenze liturgiche bizantine.
L’originale progetto ruggeriano prevedeva una costruzione molto complessa e talmente imponente che rimase in molte sue parti incompiuta, per questo l’edificio presenta sia all’interno che all’esterno diverse anomalie e discontinuità.
Nel 1145 il re normanno stabilì che la chiesa diventasse il mausoleo della famiglia reale. In tal senso predispose la sistemazione di due sarcofagi di porfido, con relativi baldacchini marmorei con intarsi a mosaico, alle estremità dei bracci del transetto. Uno che doveva accogliere le sue spoglie mortali, l’altro a gloria della famiglia Altavilla e destinato a rimanere vuoto. Ma alla sua morte improvvisa (28 febbraio 1154) venne sepolto provvisoriamente nella cripta della cattedrale palermitana in un sarcofago romano di spoglio. Nel 1215 Federico II fece trasportare i due sarcofagi porfirei con i relativi baldacchini esistenti a Cefalù, nella cattedrale di Palermo, destinandoli per sé e i suoi familiari. Riguardo le spoglie mortali di Ruggero II, furono, in data imprecisata, traslate in un semplice sarcofago a lastre di porfido dove tutt’ora riposano nella cattedrale palermitana.
Alla morte di Ruggero II, soltanto la zona presbiteriale dell’edificio era stata completata del tutto secondo il progetto originario. Con l'ascesa al trono del figlio Guglielmo, l'interesse si spostò sulla fabbrica del duomo di Monreale e il progetto ruggeriano venne conseguentemente abbandonato.
La basilica fu quindi ultimata alla meno peggio e con soluzioni di vero rattoppo a dare un completamento all’edificio, che vide una sua quasi definitiva ultimazione soltanto in età post-federiciana. Venne consacrata il 10 aprile 1267 dal Cardinale Rodolfo vescovo di Albano, pochi mesi prima della consacrazione del Duomo di Monreale.  


La costruzione guarda dall’alto di una scalinata costruita nel 1851 ed è preceduta da un ampio sagrato a terrazzo che un tempo ospitava un cimitero. Le due torri che serrano ai lati la facciata sono il suo segno distintivo: alleggerite da eleganti bifore e monofore, sono sormontate da cuspidi piramidali aggiunte nel Quattrocento, una a pianta quadrata e l’altra a pianta ottagonale. Nella parte superiore della facciata (completata nel 1240) la decorazione ad archetti ciechi e ad archi intrecciati è interrotta da una finestra centrale; in quella inferiore, è inserito il portale in marmo scolpito con motivi figurati e decorativi, preceduto da un portico a tre arcate coperto da volte a crociera costolonate, la cui costruzione venne iniziata intorno al 1471 dal magister lombardo Ambrogio da Como.  

L’interno della cattedrale presenta una pianta basilicale, triabsidata, con tre navate separate da una teoria di archi ad alti piedritti con doppia ghiera, di sagoma arabeggiante, sostenuti da 16 colonne monolitiche di spoglio: quattordici di granito rosa e due di cipollino, poste su basamenti e sovrastate da capitelli impreziositi di figurazioni e intagli. Sia le colonne, sia i capitelli, sia i basamenti marmorei di spoglio sono di epoca romana (probabilmente del II sec.).



Le tre navate hanno una copertura lignea a capriate con travi dipinte di busti, animali fantastici e motivi decorativi, opera di maestranze arabe. L’arco trionfale, affiancato da colonne sormontate da capitelli figurati stavolta di stile arabo, dà l’accesso al transetto. Rispetto al ruggeriano progetto originario, è stato purtroppo riabbassato con un contro-arco, così che l’opera è stata ridotta a più modeste proporzioni. Il presbiterio si presenta marcatamente profondo e i pastoforia notevolmente sviluppati. Nel presbiterio erano collocati un tempo il trono regale a sinistra guardando il Pantocratore e il seggio episcopale a destra, posti l’uno di fronte all’altro. Di questi particolari seggi rimangono soltanto due lastre decorate con mosaico, con le scritte: sedes regia e sedes episcopalis.


E’ verosimile che nel progetto originario non fosse prevista una decorazione musiva. Lo fanno pensare sia l’impianto dell’edificio, sia le crociere del presbiterio e quelle laterali del transetto. Pertanto, i mosaici sarebbero frutto di un ripensamento avvenuto al tempo dello stesso re Ruggero morto nel 1154, come dimostra la data riferentesi ad essi, del 1148, posta in basso nell’emiciclo dell’abside. La data del 1148 si riferisce ai mosaici di una prima fase, ossia quelli dell’abside e della crociera; mentre quelli delle pareti, data la loro diversità di stile rispetto agli altri, sarebbero da ascrivere agli anni del figlio e successore di Ruggero, Guglielmo I (1154-1166).
Alla fase ruggeriana – alla cui realizzazione il re chiamò maestranze costantinopolitane - appartengono quindi il Cristo Pantocratore, la Vergine orante fiancheggiata da quattro arcangeli: Michele, Gabriele, Uriele, Raffaele nel registro inferiore, i santi Pietro e Paolo, gli evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca nella terza fascia e, infine, nella quarta gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone, Bartolomeo e Tommaso, simmetricamente disposti in gruppi di tre.  


Sulle pareti del bema, i mosaici di fattura successiva rappresentano le icone dei Santi e Profeti che dall’altezza della partitura delle figure absidali si dispongono su quattro registri. 
Sulla parete sinistra racchiuso in un tondo appare la figura di Melchisedek fiancheggiata dalle figure intere di Osea e Mosé. Nella fascia immediatamente inferiore stanno Gioele, Amos e Abdia.Più sotto i santi diaconi Pietro, Vincenzo, Lorenzo e Stefano. Più in basso sono infine rappresentati i Santi Gregorio, Agostino, Silvestro e Dionigi.


Parete sinistra

Sulla parete destra, nella fascia superiore, si trova la figura a mezzo busto di Abramo, racchiusa entro un tondo e fiancheggiata dalle figure intere di Davide e Salomone. Nella fascia sottostante sono raffigurati i Profeti Giona, Michea e Nahum, cui seguono i Santi guerrieri Teodoro, Giorgio, Demetrio e Nestore. Nella fascia inferiore, infine. Le figure dei Santi orientali Nicola, Basilio, Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno.

Parete destra

Nei mosaici delle vele della crociera sono rappresentati Cherubini, Serafini e altre figure angeliche. 


Nel Seicento si vollero arricchire le pareti laterali del presbiterio con stucchi quasi tutti di mediocre fattura.  

Elementi di reimpiego di fattura bizantina, riconducibili alla metà del VII secolo, sembrano essere - per la tecnica con cui è stato eseguito il rilievo, la stilizzazione degli elementi decorativi e i confronti stilistici che è possibile reperire a Costantinopoli, a Ravenna e a Siracusa - due stipiti di marmo decorati con un motivo a tralci, grappoli d’uva e melograni riutilizzati in uno dei portali del duomo.



Più interessante e sempre riconducibile al periodo di occupazione bizantina, è un lacerto di mosaico pavimentale policromo, scoperto nel saggio presso il prospetto del Duomo, insieme ad un troncone di muro, che va riferito con molta probabilità allo stesso edificio di appartenenza del mosaico, ed a tre sepolture. 
Alle figure di volatili ed agli elementi vegetali estremamente stilizzati si associano motivi geometrici impiegati in larghe bande che delimitano il campo. Spiccano una fila di semicerchi, che intersecandosi formano una fila di ogive e di squame adiacenti, in tricromia : rosso, bianco e nero ; e una fila di quadrati tangenti sulla diagonale, all’interno dei quali è iscritta una rosetta cruciforme, in bicromia : bianco e nero. Del motivo decorativo all’interno del campo rimangono la figura di un colombo nell’atto di abbeverarsi, all’estremità meridionale, i resti di almeno altri due volatili, nella parte centrale, due alberelli stilizzati ad Est, e, all’angolo nord-est, un fiore gigliato.

Sul fianco settentrionale della Cattedrale infine, si apre il chiostro del XII secolo. A pianta quadrata, è circondato per due lati da un portico con arcate ogivali su capitelli figurati e istoriati (i colonnati delle altre due corsie sono andati distrutti tra il XIX e il XX secolo), opera di maestranze scultoree romaniche della metà circa del XII secolo, sorretti da colonne binate.




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