sabato 26 febbraio 2022

Il Tempio della Concordia, Agrigento

 Il Tempio della Concordia, Agrigento


L’edificio deve il suo nome tradizionale a un’iscrizione latina della metà del I secolo con dedica alla “Concordia degli Agrigentini”, erroneamente messa in rapporto con il tempio dallo storico e teologo Tommaso Fazello intorno alla metà del ‘500 (1).
Il tempio di ordine dorico è del tipo periptero esastilo ed è databile intorno alla seconda metà del V secolo a.C., tra il 440 e il 430.
Presenta un basamento (krepidoma) di quattro gradini, su cui poggiano sei colonne sui lati brevi e tredici su quelli lunghi. Unico fra i templi agrigentini, conserva quasi interamente gli elementi della trabeazione e i due frontoni sui lati est e ovest.
Al suo interno il tempio è suddiviso in atrio di ingresso, cella e vano posteriore, il primo e l’ultimo con due colonne fra le ante. La porta della cella è fiancheggiata da due piloni entro cui è ricavata una scaletta di servizio che conduce al tetto.

La chiesa bizantina: secondo la tradizione il tempio fu trasformato in chiesa cristiana nel 596, quando Gregorio, vescovo di Agrigento, consacrò l’antico tempio ai Santi Apostoli Pietro e Paolo (2) dopo averne scacciato i demoni Eber e Raps.

Nato ad Agrigento nel 559, Gregorio avrebbe viaggiato molto compiendo opera di apostolato (Cartagine, Gerusalemme, Antiochia, Costantinopoli). Nella capitale imperiale, Gregorio si ritira nel monastero dei Santi Sergio e Bacco, dove inizia a studiare le opere di san Giovanni Crisostomo. Conosciuta la sua saggezza, l'arcivescovo della città incarica il diacono Costantino e il filosofo Massimo di saggiare le sue conoscenze e la sua ortodossia; provata la sua fedeltà alla vera fede, viene ricevuto dall'arcivescovo. Alcune settimane più tardi, nella chiesa di Sant'Irene si celebra un concilio contro un'eresia sostenuta da Sergio, Ciro e Paolo; Gregorio, vi partecipa come supplente dell'arcivescovo di Sardica malato e la sua eloquenza riesce a sconfiggere gli eretici e a riportare molti all'ortodossia (3). Lo stesso imperatore Giustiniano lo riceve a palazzo. Qualche giorno dopo lascia Costantinopoli per Roma, dove si installa nel monastero di San Saba. Consacrato vescovo della chiesa agrigentina, dopo tredici anni di assenza fa ritorno nella sua città natale.

San Gregorio di Agrigento
diakonikon del Monastero di Dafni, XI sec.

Gli ex pretendenti al seggio episcopale, ordiscono però un complotto ai suoi danni accusandolo di aver insidiato una fanciulla. Gregorio viene destituito, incarcerato e tradotto a Roma. Dopo due anni venne prosciolto da ogni accusa e riabilitato. Tornato ad Agrigento fondò una nuova ecclesia in opposizione a quella governata dall'usurpatore Leucio e scelse come sede proprio il Tempio della Concordia da cui scacciò i demoni Eber e Raps con un vero e proprio esorcismo e dedicò l'edificio ai Santi Pietro e Paolo. Queste vicende sono riportate dal bios scritto da Leonzio che fu igoumeno del monastero di San Saba ai primi del IX secolo. A proposito della conversione del tempio l'agiografo aggiunge che Gregorio costruì anche delle utili celle, nelle quali si trovava a vivere da eremita egli stesso e quelli erano con lui». L'insediamento di una comunità monastica attorno alla chiesa sembra poi confermato dal privilegio di Ruggero II della fine dell'XI sec. in cui le viene riconosciuto il rango di chiesa abbaziale.

Nella conversione in chiesa il tempio fu orientato in senso opposto a quello originario per cui fu abbattuta la parete che separava l'opistòdomo dal naos, fondendo i due ambienti per creare la navata centrale. Gli spazi tra le colonne (intercolumnii) furono chiusi con un muro mentre nelle pareti del naos furono aperti sei archi a tutto sesto per lato (ancora oggi visibili) per mettere in comunicazione la nave con le navate laterali.


La navata centrale della chiesa bizantina come appare oggi

Il primo ordine di arcate venne murato e l'altare venne addossato al muro orientale, nel vano della
porta di accesso del tempio. Non sono del tutto chiari né la conformazione dell'abside, nè come si concludessero invece le due navate laterali se con absidiole o con una semplice parete rettilinea. Nelle due nicchie (ancora visibili) intagliate nei piloni che fiancheggiavano la cella – al cui interno si sviluppano le scale che conducono al tetto – inoltre, secondo Prado, erano state collocate le statue dei Santi Pietro e Paolo. 

Planimetria della chiesa bizantina proposta da Prado


Secondo l'architetto Luigi Trizzino - che diresse il restauro del tempio nella metà del secolo scorso - l’adattamento dell’edificio classico a luogo di culto cristiano in età bizantina interessò solo la parte orientale del tempio, utilizzando come sagrato della chiesa la rimanente parte del naos, ipotizzando un ampliamento della chiesa in epoca più tarda.

Planimetria della chiesa bizantina proposta da Trizzino

Appare però difficile che gli archi a tutto sesto che traforano la cella possano risalire ad un epoca successiva (in cui la chiesa sarebbe stata ampliata) a quella bizantina (tra il XII ed il XV sec. in Sicilia fu in uso essenzialmente l'arco gotico).

Sembra invece più probabile che in età rinascimentale, col declassamento della chiesa abbaziale a chiesa rurale in conseguenza delle pestilenze e della sua ubicazione extra moenia, si sia ridotta l'estensione della sua superficie per mezzo di un muro traverso la cui stuccatura ancora si vede in corrispondenza dell'inizio della seconda arcata ricavata nella cella.

a sn, all'altezza della seconda arcata, la linea d'inserzione del muro trasverso 
(in giallo nella planimetria di Zarbo) indicata dai resti della stuccatura in una fotografia del 1929.
Da notare anche le pareti erette a protezione delle arcate e la nicchia ricavata nel pilone. 


Planimetria della chiesa in epoca rinascimentale (Zarbo, 2010)

La chiesa fu definitivamente smantellata nel 1778 per ordine del principe di Torremuzza, regio custode delle antichità della valle di Mazara.


Note:

(1) Il testo dell'epigrafe recita:  «CONCORDIAE AGRIGENTINORUM SACRUM, RESPUBLICA LILYBITANORVM, DEDICANTIBVS M. ATTERIO CANDIDO PRODOS. ET L. CORNELIO MARCELLO Q. PR»

(2) Successivamente la chiesa prese il nome di San Gregorio delle Rape. Il primo documento in cui la chiesa appare con la dedica al suo fondatore è della fine del XII secolo. Secondo alcuni, la denominazione «à Rapis» sarebbe riconducibile all’ubicazione della chiesa tra i campi, secondo altri, invece, la chiesa fu così denominata in quanto dal limitrofo orto si ricavavano degli ortaggi. L'Holm infine ritenne che tale dedicazione richiamasse la purificazione del tempio pagano dal demone Raps, ad opera del vescovo Gregorio (Holm, Geschictche Sicilien im Alterthum, III, Leipzig 1898, p.490)

(3) Qui l'agiografo inserisce un anacronismo. Il concilio in questione è infatti il III di Costantinopoli, indetto da Costantino IV nel 680, in cui fu definitivamente condannato il monotelismo. E' però evidente che il vescovo agrigentino non può avervi partecipato. Cosentino, che data il bios di Leonzio alla fine del VII secolo, avanza l'ipotesi che fu invece lo stesso agiografo a partecipare al concilio (S.Cosentino, Quando e perché fu scritta la Vita di Gregorio di Agrigento, 2018)


Sitografia

- F.ZARBO, Dal Paganesimo al Cristianesimo: l'adattamento degli edifici religiosi pagani in Sicilia in età medioevale, 2010







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