Nel 1294 il cardinale Benedetto Caetani salì al soglio pontificio con il nome di Bonifacio VIII (1294-1303) favorendo le mire espansionistiche della sua famiglia. Sotto il suo pontificato i Caetani acquistarono dai Pierleoni quella che per tre secoli sarà la residenza della famiglia per eccellenza e di cui ancora oggi rimane la cosiddetta Torre Caetani, sull'isola Tiberina.
Nel marzo del 1302 il cardinale
Francesco Caetani, nipote del papa, acquistò da diversi proprietari
il mausoleo di Cecilia Metella (I sec. aC) ed i terreni circostanti
al III miglio della via Appia in località detta Capo di Bove,
toponimo che si riferisce chiaramente ai teschi di bue scolpiti sulla
muratura del mausoleo. Nel 1303 si concluse la costruzione del
castrum, un insediamento fortificato, edificato a cavallo
della via Appia, che comprendeva stalle, abitazioni e magazzini in
legno: di questo complesso, si possono vedere ancora oggi tratti del
muro di cinta (originariamente intervallato da 19 torrette), la chiesa di San Nicola, il palazzo e la tomba di
Cecilia Metella, trasformata dai Caetani in torrione difensivo. La
tomba - a cui venne addossato il palazzo - divenne anzi il punto di
forza del sistema difensivo.
Sono invece completamente scomparsi i
due archi che sottendevano il percorso della via Appia negli accessi
al castrum da Roma e da sud, ancora visibili quando l'abate
benedettino Angelo Uggeri nel 1804 descriveva e riproduceva in alcune
vedute i ruderi dell’insediamento.
Ricostruzione di Alfredo Corrao
da Angelo Uggeri, Journées pittoresques des édifices de
Rome ancienne, 1800-1814
Il palazzo signorile era costruito su
tre livelli: piano terra, primo e secondo piano.
L’ingresso originario del palazzo era
costituito da una porta ad arco, chiusa nel corso dei restauri
ottocenteschi, sita accanto all’entrata odierna.
Al di sopra della
porta del XIV secolo è ancora possibile osservare una lastra
marmorea con incisa al centro una testa di bue fiancheggiata dagli
stemmi della famiglia Caetani. Fu murato da Luigi Canina intorno alla
metà del XIX secolo per sistemarvi una mostra di
alcuni pezzi marmorei erratici appartenenti a monumenti presenti
sulla via Appia.
L'ingresso originale del palazzo oggi murato
La facciata che guarda sulla
via termina triangolarmente con una specie di timpano, come se la
copertura fosse stata a capanna, e ha inferiormente due finestre
rettangolari che davano luce al pianterreno.
Il piano in cui risiedevano i signori
era il primo, come dimostrano i resti dei camini e delle bifore
decorate con stile e materiali raffinati, che ben si distinguono dal
resto delle scarne murature del castello. A quest'altezza sul lato
della via si aprono due
finestre bifore ad arco acuto, le cui mostre di marmo furono fatte
fare dal Muñoz sul calco di una antica, posta sul lato che guarda la
campagna.
Sul lato della campagna si aprono altre
due bifore e un elegante balcone sorretto su archetti acuti di tufo e
marmo.
La corte interna, a sinistra la cucina all'aperto
Dal cortile del palazzo (dove oggi si
trova la biglietteria), si accedeva a quattro ambienti: il
torrione-tomba, una stanza probabilmente adibita a cucina all’aperto
contenente un pozzo ora interrato, ed altre due stanze, la più
grande avente forse la funzione di sala di rappresentanza.
Per accedere ai piani superiori del palazzo, era stata approntata
una scala lignea, di cui oggi rimangono solamente un pilastrino di
sostegno in muratura ed alcuni fori nelle pareti usati come
alloggiamento delle travi della scala. Dalla cima di questa scala si
potevano raggiungere sia le altre stanze del palazzo che i ballatoi
lignei che consentivano alle guardie di raggiungere i camminamenti
attorno ed in cima alla tomba romana. Dal palazzo, tramite scale
lignee rimovibili ed una botola, si poteva accedere alla torretta
angolare opposta alla tomba di Cecilia Metella.
La merlatura a coda di rondine edificata a coronamento della tomba di Cecilia Metella
Ancora oggi, al primo
piano della torre, è visibile la seduta di una latrina, dotata di un
canale di scolo collegato ad una fossa biologica sotterranea.
L'insediamento era racchiuso da una
cinta muraria a pianta rettangolare ma di dimensioni irregolari (lati
lunghi circa m. 240, corti m. 98), dotata di 16 torri rettangolari
(ne rimangono in piedi 8) sporgenti dal perimetro e coronate da una
merlatura a coda di rondine come il resto delle mura, e che inglobava
un tratto del tracciato della via Appia antica.
I resti di una delle torrette che intervallavano la cinta difensiva
La strada, che taglia
in due parti tutto il recinto fortificato, dal lato di Roma penetrava
nel recinto stesso per mezzo di un grande arco in laterizio, di cui
rimangono ancora sul lato destro lo stipite e il principio
dell'imposta.
Lo stipite dell'arco che scavalcava l'Appia sul lato verso Roma
La muratura della cinta è
‘a sacco’ con paramenti in blocchetti di tufo e bozze e bozzette
di materiali di reimpiego come marmo, lava, calcare, travertino, che
portano spesso impressi sulle facce a vista i segni delle lavorazioni
dei blocchi originari (1).
La chiesa di San Nicola
Sul lato dell'Appia
opposto al palazzo sorge la chiesa di San Nicola. Consacrata il 12
maggio del 1303, presenta una pianta a navata unica, con una facciata
rettilinea sormontata da un campanile a vela conservatosi per metà.
Sulla facciata si apre un semplice portale con cornice marmorea, al
di sopra del quale è posto un oculus. i fianchi sono contrastati da
otto contrafforti per lato, fra i quali si alternano monofore
sormontate da archi ogivali con profilo marmoreo trilobato. L’abside
è ampia e sporgente sul fronte posteriore.
L'interno era partito
in sette campate da sei archi acuti trasversali dei quali rimangono
soltanto lungo le pareti le mensole in peperino, decorate con un
motivo lanceolato di foglie che emergono da un piccolo fiore che
conclude inferiormente l’elemento, su cui
s'impostavano le costolature. Della copertura lignea a doppia falda
rimangono solo le impronte sul prospetto interno della facciata.
Si tratta dell'unico
esempio presente a Roma di architettura gotico cistercense.
Marina
Righetti Tosti-Croce ha inoltre sottolineato delle corrispondenze con
stilemi che ricorrono in alcune architetture angione, come il motivo
del profilo trilobato con lobo superiore più alto rispetto ai
laterali, di derivazione francese e riscontrabile anche nella chiesa napoletana di Santa Chiara (1310-1340), la tipologia della
contraffortatura o la particolare soluzione stilistica dei peducci
d’appoggio dei costoloni (2). Si ha inoltre notizia dell'esistenza
all'interno del borgo fortificato un altro edificio di culto,
dedicato a San Biagio e di cui non resta alcuna traccia. Questo ha
fatto pensare che la chiesa di San Nicola potesse avere la funzione
di cappella palatina.
Con la morte di Bonifacio
VIII le fortune dei Caetani declinarono rapidamente e già nel 1305
il castello passa nelle mani dei Savelli. A tal proposito si è anche
avanzata l'ipotesi, vista la somiglianza tra la cinta muraria di Capo
di Bove e quella della rocca dei Savelli sull'Aventino, che alcune
pertinenze delle fortificazioni vadano attribuite al periodo in cui
questi tennero il castello.
Nel
1312, Giovanni Savelli si schierò contro l'imperatore Enrico VII a
fianco di papa Clemente V. Per ritorsione l'imperatore fece prendere
d'assalto Capo di Bove e il piccolo borgo fu dato alle fiamme. Alla
morte di Enrico VII (1313) si scatenò una vera e propria guerra per
il possesso del castello che terminò con la vittoria dei Colonna.
All'inizio del XV secolo
troviamo gli Orsini come proprietari, anche se il fortilizio sembra
da questo momento utilizzato soprattutto come luogo di accampamento
per le truppe in marcia verso Roma.
Note:
(1) Questa tipologia di muratura, che
comincia a diffondersi in Italia a partire dal IX secolo e diviene
caratteristica dell'epoca bassa, fu definita da Piranesi opera
saracinesca, a significare sia l'imbarbarimento delle tecniche
costruttive romane sia il fatto che cominciò appunto a diffondersi
con le invasioni saracene.
(2) M.Righetti Tosti-Croce, Un'ipotesi per Roma angioina :
la cappella di S. Nicola nel castello di Capo Bove in Roma anno 1300,
1983.
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