domenica 3 settembre 2017

Il Castrum Caetani, Roma

Il Castrum Caetani, Roma


Nel 1294 il cardinale Benedetto Caetani salì al soglio pontificio con il nome di Bonifacio VIII (1294-1303) favorendo le mire espansionistiche della sua famiglia. Sotto il suo pontificato i Caetani acquistarono dai Pierleoni quella che per tre secoli sarà la residenza della famiglia per eccellenza e di cui ancora oggi rimane la cosiddetta Torre Caetani, sull'isola Tiberina.
Nel marzo del 1302 il cardinale Francesco Caetani, nipote del papa, acquistò da diversi proprietari il mausoleo di Cecilia Metella (I sec. aC) ed i terreni circostanti al III miglio della via Appia in località detta Capo di Bove, toponimo che si riferisce chiaramente ai teschi di bue scolpiti sulla muratura del mausoleo. Nel 1303 si concluse la costruzione del castrum, un insediamento fortificato, edificato a cavallo della via Appia, che comprendeva stalle, abitazioni e magazzini in legno: di questo complesso, si possono vedere ancora oggi tratti del muro di cinta (originariamente intervallato da 19 torrette), la chiesa di San Nicola, il palazzo e la tomba di Cecilia Metella, trasformata dai Caetani in torrione difensivo. La tomba - a cui venne addossato il palazzo - divenne anzi il punto di forza del sistema difensivo.

Ricostruzione di Alfredo Corrao
 
Sono invece completamente scomparsi i due archi che sottendevano il percorso della via Appia negli accessi al castrum da Roma e da sud, ancora visibili quando l'abate benedettino Angelo Uggeri nel 1804 descriveva e riproduceva in alcune vedute i ruderi dell’insediamento.

da Angelo Uggeri, Journées pittoresques des édifices de Rome ancienne, 1800-1814 
 
Il palazzo signorile era costruito su tre livelli: piano terra, primo e secondo piano.
L’ingresso originario del palazzo era costituito da una porta ad arco, chiusa nel corso dei restauri ottocenteschi, sita accanto all’entrata odierna.
 
 
Al di sopra della porta del XIV secolo è ancora possibile osservare una lastra marmorea con incisa al centro una testa di bue fiancheggiata dagli stemmi della famiglia Caetani. Fu murato da Luigi Canina intorno alla metà del XIX secolo per sistemarvi una mostra di alcuni pezzi marmorei erratici appartenenti a monumenti presenti sulla via Appia.
 
L'ingresso originale del palazzo oggi murato
 
La facciata che guarda sulla via termina triangolarmente con una specie di timpano, come se la copertura fosse stata a capanna, e ha inferiormente due finestre rettangolari che davano luce al pianterreno.
Il piano in cui risiedevano i signori era il primo, come dimostrano i resti dei camini e delle bifore decorate con stile e materiali raffinati, che ben si distinguono dal resto delle scarne murature del castello. A quest'altezza sul lato della via si aprono due finestre bifore ad arco acuto, le cui mostre di marmo furono fatte fare dal Muñoz sul calco di una antica, posta sul lato che guarda la campagna.
Sul lato della campagna si aprono altre due bifore e un elegante balcone sorretto su archetti acuti di tufo e marmo.
 

La corte interna, a sinistra la cucina all'aperto
 
Dal cortile del palazzo (dove oggi si trova la biglietteria), si accedeva a quattro ambienti: il torrione-tomba, una stanza probabilmente adibita a cucina all’aperto contenente un pozzo ora interrato, ed altre due stanze, la più grande avente forse la funzione di sala di rappresentanza.
Per accedere ai piani superiori del palazzo, era stata approntata una scala lignea, di cui oggi rimangono solamente un pilastrino di sostegno in muratura ed alcuni fori nelle pareti usati come alloggiamento delle travi della scala. Dalla cima di questa scala si potevano raggiungere sia le altre stanze del palazzo che i ballatoi lignei che consentivano alle guardie di raggiungere i camminamenti attorno ed in cima alla tomba romana. Dal palazzo, tramite scale lignee rimovibili ed una botola, si poteva accedere alla torretta angolare opposta alla tomba di Cecilia Metella.
 
La merlatura a coda di rondine edificata a coronamento della tomba di Cecilia Metella
 
Ancora oggi, al primo piano della torre, è visibile la seduta di una latrina, dotata di un canale di scolo collegato ad una fossa biologica sotterranea.
 
L'insediamento era racchiuso da una cinta muraria a pianta rettangolare ma di dimensioni irregolari (lati lunghi circa m. 240, corti m. 98), dotata di 16 torri rettangolari (ne rimangono in piedi 8) sporgenti dal perimetro e coronate da una merlatura a coda di rondine come il resto delle mura, e che inglobava un tratto del tracciato della via Appia antica.
 
I resti di una delle torrette che intervallavano la cinta difensiva
 
La strada, che taglia in due parti tutto il recinto fortificato, dal lato di Roma penetrava nel recinto stesso per mezzo di un grande arco in laterizio, di cui rimangono ancora sul lato destro lo stipite e il principio dell'imposta.
 
Lo stipite dell'arco che scavalcava l'Appia sul lato verso Roma 
 
La muratura della cinta è ‘a sacco’ con paramenti in blocchetti di tufo e bozze e bozzette di materiali di reimpiego come marmo, lava, calcare, travertino, che portano spesso impressi sulle facce a vista i segni delle lavorazioni dei blocchi originari (1).
 
 
La chiesa di San Nicola
 
Sul lato dell'Appia opposto al palazzo sorge la chiesa di San Nicola. Consacrata il 12 maggio del 1303, presenta una pianta a navata unica, con una facciata rettilinea sormontata da un campanile a vela conservatosi per metà.
 
 
Sulla facciata si apre un semplice portale con cornice marmorea, al di sopra del quale è posto un oculus. i fianchi sono contrastati da otto contrafforti per lato, fra i quali si alternano monofore sormontate da archi ogivali con profilo marmoreo trilobato. L’abside è ampia e sporgente sul fronte posteriore.
 
 
L'interno era partito in sette campate da sei archi acuti trasversali dei quali rimangono soltanto lungo le pareti le mensole in peperino, decorate con un motivo lanceolato di foglie che emergono da un piccolo fiore che conclude inferiormente l’elemento, su cui s'impostavano le costolature. Della copertura lignea a doppia falda rimangono solo le impronte sul prospetto interno della facciata.
Si tratta dell'unico esempio presente a Roma di architettura gotico cistercense.
 
 
Marina Righetti Tosti-Croce ha inoltre sottolineato delle corrispondenze con stilemi che ricorrono in alcune architetture angione, come il motivo del profilo trilobato con lobo superiore più alto rispetto ai laterali, di derivazione francese e riscontrabile anche nella chiesa napoletana di Santa Chiara (1310-1340), la tipologia della contraffortatura o la particolare soluzione stilistica dei peducci d’appoggio dei costoloni (2). Si ha inoltre notizia dell'esistenza all'interno del borgo fortificato un altro edificio di culto, dedicato a San Biagio e di cui non resta alcuna traccia. Questo ha fatto pensare che la chiesa di San Nicola potesse avere la funzione di cappella palatina.
 

 
Con la morte di Bonifacio VIII le fortune dei Caetani declinarono rapidamente e già nel 1305 il castello passa nelle mani dei Savelli. A tal proposito si è anche avanzata l'ipotesi, vista la somiglianza tra la cinta muraria di Capo di Bove e quella della rocca dei Savelli sull'Aventino, che alcune pertinenze delle fortificazioni vadano attribuite al periodo in cui questi tennero il castello.
Nel 1312, Giovanni Savelli si schierò contro l'imperatore Enrico VII a fianco di papa Clemente V. Per ritorsione l'imperatore fece prendere d'assalto Capo di Bove e il piccolo borgo fu dato alle fiamme. Alla morte di Enrico VII (1313) si scatenò una vera e propria guerra per il possesso del castello che terminò con la vittoria dei Colonna.
All'inizio del XV secolo troviamo gli Orsini come proprietari, anche se il fortilizio sembra da questo momento utilizzato soprattutto come luogo di accampamento per le truppe in marcia verso Roma.
 
Note:
 
(1) Questa tipologia di muratura, che comincia a diffondersi in Italia a partire dal IX secolo e diviene caratteristica dell'epoca bassa, fu definita da Piranesi opera saracinesca, a significare sia l'imbarbarimento delle tecniche costruttive romane sia il fatto che cominciò appunto a diffondersi con le invasioni saracene.
(2) M.Righetti Tosti-Croce, Un'ipotesi per Roma angioina : la cappella di S. Nicola nel castello di Capo Bove in Roma anno 1300, 1983.








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