I santi Quattro
Coronati erano quattro soldati romani (Severo, Severino, Carpoforo e Vittoriano) che per ordine di Diocleziano furono battuti a morte a Roma, con
flagelli terminanti in pallottole di piombo, per essersi rifiutati di
adorare gli idoli pagani. Per molto tempo i loro nomi restarono
sconosciuti, ma furono poi rivelati dal Signore, nel 310 papa
Melchiade diede loro l'appellativo di Quatuor
Coronati e la loro festa fu fissata
insieme a quella di cinque altri martiri Claudio, Nicostrato,
Simproniano, Castorio e Simplicio che subirono il martirio due anni
dopo. (Jacopo da Varagine, Legenda aurea)
Questi ultimi erano
scalpellini cristiani – forse fratelli - che lavoravano nelle
grandi cave di marmo e di porfido a nord di Sirmium (l'attuale
Sremska Mitrovica in Serbia).
I cinque tagliapietre erano
i migliori artigiani tra i molti che lavoravano nelle cave della
Pannonia. Tanto bravi, che i compagni, nella loro ignoranza, li
credevano aiutati dalla magia. Formule magiche sarebbero stati i
segni di croce che essi tracciavano prima di intraprendere il lavoro;
formule magiche le preghiere e i cantici ripetuti insieme durante
l'opera.
Diocleziano – che nel 305
si era ritirato a vita privata nel palazzo di Spalato dei cui
abbellimenti si occupava personalmente - visitava spesso le cave
della Pannonia. Sceglieva i blocchi di materiali e commissionava
volta per volta il lavoro desiderato. Pertanto conosceva benissimo i
cinque scalpellini e ne apprezzava l'opera. Ragione per la quale
nessuno, tra i compagni di lavoro e tra i superiori, osava denunziare
come cristiani gli ottimi tagliapietre.
Fin quando Diocleziano non
commissionò loro genietti e vittorie, amorini e figure mitologiche.
Tra queste, un simulacro di Esculapio. Per il giorno fissato,
genietti e amorini furono pronti, ma non la statua di Esculapio.
Diocleziano pazientò, ordinando ancora aquile e leoni, che furono
presto realizzati. Non fu fatto, però, il simulacro di Esculapio
giacchè i cinque scalpellini si rifiutavano di scolpire un simulacro
pagano.
Venne imbastito il processo,
e la macchina della legge, messa in moto quasi contro la volontà
imperiale, travolse gli artefici cristiani, che vennero gettati nel
Danubio, chiusi entro botti di piombo.
Poco dopo, le loro reliquie
furono portate a Roma, e i nove martiri furono sepolti insieme.La basilica
Nel 310 papa Melchiade fece
erigere il nucleo originario della basilica ad essi dedicata (1), del
quale sopravvive ancora l'abside ed alcuni resti situati al di sotto
della basilica attuale; nel VII secolo papa Onorio I ricostruì ed
ampliò la chiesa che poi nel IX secolo Leone IV sottopose a radicale
restauro. Distrutta dai Normanni di Roberto il Guiscardo nel 1084, la
chiesa fu ricostruita in forme ridotte da Pasquale II (1099-1118)
all'inizio del XII secolo: in questa occasione la parte anteriore fu
trasformata in cortile, la navata centrale originaria divisa in tre
navate tramite due file di colonne e le navate laterali originarie
trasformate in chiostro l'una (quella di sn.) ed in refettorio
l'altra (quella di ds.).
Ingresso
L'ingresso al complesso
avviene attraverso un portale ad arco sovrastato dalla massiccia
torre campanaria del IX secolo (fortemente rimaneggiata nel XVII
sec.), la più antica superstite di Roma: molto semplice e tozza, è
costruita in cortina e presenta un loggiato con quadrifore sovrastato
da una semplice cornice costituita da mensolette in marmo prive di
decorazione.
Oltrepassato il portale si
accede ad un primo cortile, con arcate tardocinquecentesche,
corrispondente all'antico atrio della basilica leonina:
sopra l'arco d'ingresso da notare un'iscrizione metrica in caratteri
gotici relativa al restauro effettuato dal cardinale Alfonso de
Carillo nel XV secolo.
Il primo cortile con la facciata posteriore della torre campanaria e lo stemma del cardinale de Carrillo incassato sopra l'arco d'ingresso
Il primo cortile con il porticato che introduce all'ingresso del secondo
Attraverso un architrave si
passa quindi in un altro cortile a cielo aperto, corrispondente alla parte
anteriore dell'antica basilica, trasformata appunto in cortile nella
ricostruzione di Pasquale II: da qui, attraverso un portico
costituito da colonne con capitelli ionici e corinzi, si giunge
all'ingresso della chiesa.
Il secondo cortile con il porticato che precede l'ingresso alla chiesa
L'interno della
basilica - il cui impianto attuale risale alla ricostruzione di
Pasquale II - si presenta attualmente a tre navate divise da quattro
colonne per lato con capitelli corinzi che sostengono le arcate. Due
grandi pilastri rettangolari raccolgono le ultime arcate e sostengono
l'arco trionfale che immette nel transetto. Sopra le navatelle
corrono due gallerie aperte verso la navata centrale da due trifore
per lato con colonne ioniche e parapetti di marmo. L'abside è ancora
quella dell'aula tardoantica, ricostruita parzialmente da Leone IV, e
questo spiega le sue ampie proporzioni inadeguate al resto
dell'interno.
Veduta esterna dell'abside
La basilica è arricchita da un pavimento precosmatesco
nel quale sono state riutilizzate molte iscrizioni provenienti da un
antico cimitero cristiano. Lungo le pareti laterali si notano -
incassate nella muratura – alcune delle colonne che separavano la
nave della basilica originaria dalle navate laterali.
Il soffitto ligneo presenta
lo stemma del donatore, il cardinale Enrico di Portogallo (1580) –
figlio cadetto di Manuele I del Portogallo, regnò a sua volta per un
breve periodo, dal 1578 al 1580, anno della sua morte. Fu anche detto
il cardinale re.
1. Ingresso
2. Torre campanaria
3. Primo cortile (atrio della basilica
leoniana)
4. Oratorio di S.Silvestro
5. Secondo cortile (parte anteriore
della basilica leoniana)
6. Navata laterale ds. della basilica
leoniana, successivamente trasformata in refettorio
7. Navata laterale sn.della basilica
leoniana, successivamente incorporata nel chiostro.
8. Chiostro (edificato nel 1220)
9. Transetto della basilica attuale
10. Nave della basilica attuale
11. Navate laterali della basilica
attuale
Dalla navata di sinistra si
accede al chiostro del monastero fondato da Pasquale II
costruito intorno al 1220, nell'area precedentemente occupata dalla
navata. A pianta rettangolare, presenta reperti paleocristiani e
romani alle pareti e quattro gallerie divise in due campate da
pilastrini sui quali sono scolpite paraste scanalate e rudentate. Le
campate sono formate da una serie di otto archetti nei lati lunghi e
di sei nei corti. Tutti gli archetti hanno la doppia ghiera e sono
sostenuti da colonnine binate, con capitelli a nenufari e basi con
foglie protezionali d'angolo, che poggiano sullo stilobate. La parte
medioevale termina con una trabeazione in laterizio, composta da
corsi di mattoni lisci ed a denti di sega alternati, intramezzati da
una zona di marmo dove compare una decorazione a mosaico, formata da
rombi che inscrivono stelle, croci e quadrati. Il cortile interno,
tenuto a giardino, presenta al centro un "cantharus",
ovvero un vaso per le abluzioni, del tempo di Pasquale II.
Il Palazzo cardinalizio
Forse già all'epoca di
Leone IV al lato destro della basilica fu addossato un edificio
destinato al clero e in particolare al cardinale titolare. Fu
comunque notevolmente ampliato ed arricchito dal cardinale Stefano
Conti (2), titolare di S. Maria in Trastevere,
nel XIII secolo. Egli fece costruire un' imponente struttura
fortificata sul lato nord della basilica, che al piano terra contiene
l'Oratorio di S. Silvestro.
La struttura fortificata fatta costruire dal cardinale Conti vista dall'esterno
Al primo piano della cosiddetta Torre
Maggiore si trova invece l’ambiente più vasto e prestigioso del
palazzo cardinalizio, detto Aula gotica dalla forma a sesto acuto
delle volte che lo ricoprono. Qui si svolgevano banchetti,
ricevimenti e si amministrava la giustizia.
L'Oratorio di S.Silvestro
Si presenta come una
piccola stanza rettangolare con volta a botte, mentre sul lato
opposto all’entrata è stato ricavato nel XVI secolo un piccolo
presbiterio. Venne consacrato nel 1247 dal cardinale Stefano Conti e
ornato da pregevoli affreschi, opera di maestri bizantini.
Il ciclo di affreschi
illustra in undici scene, che partendo da quelle poste sopra
l’entrata, proseguono sulla destra e si concludono sulla parete di
sinistra, la leggenda del battesimo di Costantino e della cosiddetta
Donazione di Costantino (3)
come narrati negli Acta Silvestri.
Partendo dalla parete d’ingresso,
abbiamo i primi tre riquadri:
1) Costantino colpito dalla lebbra.
Secondo gli Acta Costantino
contrasse la lebbra nel corso di un'epidemia che imperversava
sulla città di Roma. I sacerdoti di corte (Capitolii Pontifices),
raccolti attorno al suo capezzale, sentenziarono che l'imperatore si
sarebbe salvato bagnandosi nel sangue caldo di 300 fanciulli. I
soldati cominciano a sequestrare i fanciulli ma, dinanzi al pianto
delle madri, l'imperatore si commuove e da ordine di rilasciarli.
2) Pietro e Paolo appaiono in sogno
a Costantino malato e lo esortano ad affidarsi a papa Silvestro.
3) I messi imperiali si dirigono al
monte Soratte per incontrare Silvestro.
Al di sopra di questi 3 riquadri è raffigurato il Giudizio Universale,
con al centro il Cristo in trono affiancato dalla Vergine e dal
Battista. Ai loro lati, quasi protesi, con le mani e gli sguardi
verso Cristo, ci sono gli apostoli divisi in due gruppi guidati
rispettivamente da Pietro e Paolo. Più in alto due angeli, uno
raffigurato nell'atto di arrotolare la volta celeste - E
il cielo si ritirò come un volume che si arrotola
(Apocalisse, VI,14) - e l'altro mentre suona la tromba del giudizio
- Il primo suonò la tromba, e grandine e
fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra (Apocalisse,
VIII,7).
Passando alla parete di destra (quella
senza finestre), abbiamo:
4) I messi di Costantino salgono sul
monte Soratte.
I messi sono tre come i Re Magi e
rappresentati in una posizione di supplica verso Silvestro, così
come questi venivano rappresentati al cospetto di Gesù bambino.
Anche la stella dipinta al centro della chioma dell'albero a sinistra
richiama la cometa che guidò i Magi.
5) Silvestro rientra a Roma e mostra
a Costantino un icona con i volti di Pietro e Paolo.
Molto particolare è il taglio
prospettico dato alla scena: Mentre le figure del clero, incluso
S.Silvestro, e dei dignitari sono disposte su un piano frontale,
Costantino è inquadrato come visto dall'alto.
Costantino che con una mano consegna la
tiara (simbolo della dignità pontificia) ed il sinichio (4) a San
Silvestro e con l’altra tiene le redini del suo cavallo. Il tutto
lo esegue senza indossare la sua corona, in segno di rispetto e come
si fa di fronte ad una autorità superiore. Allo stesso tempo Papa
Silvestro, tiene anche lui con una mano la tiara e con l’altra
benedice Costantino e il suo gesto di umiltà ed ubbidienza.
8) Silvestro a cavallo, in corteo, è accompagnato da Costantino.
8) Silvestro a cavallo, in corteo, è accompagnato da Costantino.
L'imperatore, a piedi,
tiene le redini del cavallo di Papa Silvestro e lo conduce in città.
Conducendo il cavallo come fa
un paggio, un servitore, Costantino riconosce la superiorità
dell’autorità morale su quella temporale. Si può notare come
Costantino sia disarmato, la sua spada è tenuta da un servo che è
posto all’inizio del corteo. Ma non è tenuta per l’impugnatura
ma per la lama. E’ alzata in alto facendola assomigliare più ad
una croce. E per ultimo, la croce quella vera rispetto alla spada,
entra prima in città, a ribadire ulteriormente il primato religioso
e temporale del papa rispetto all'imperatore.
Il ciclo si conclude nella parete
sinistra con:
9) Silvestro risuscita il toro
ucciso dal sacerdote ebreo.
E' raffigurato l'episodio della disputa
tra Papa Silvestro e 12 rabbini per stabilire la supremazia di una
religione sull'altra. Un rabbino sussurra in un orecchio di un toro
la parola “Jahvè” e lo uccide sul colpo. Silvestro gli sussurra
la parola “Cristo” e lo resuscita.
10) Elena, madre di Costantino,
ritrova la vera Croce (5).
11) Silvestro libera il popolo
romano da un drago.
Gli Acta narrano di un
drago che si era rintanato in una grotta nei pressi della Rupe
Tarpea. Con il suo alito pestilenziale, il drago uccideva chiunque si
trovava a passare nelle vicinanze. Papa Silvestro si recò presso la
tana del mostro in compagnia di due diaconi e discese i 365 gradini
che lo separavano dal drago completamente disarmato, brandendo il
solo Crocifisso. Alla vista del sacro simbolo, mentre Silvestro
invocava l’aiuto del Cristo e della Vergine, il drago divenne
immediatamente mansueto, al punto che il Papa lo poté legare con un
filo della sua veste e portare al guinzaglio al cospetto della folla
che lo attendeva in superficie e da cui il mostro fu ucciso.
Nel 1570 l'oratorio fu
acquistato dalla Confraternita dei Marmorari (6) che aveva come patroni i
santi Quattro, il presbiterio fu trasformato nella forma attuale e
affrescato probabilmente da Raffaellino da Reggio; i membri della
Confraternita commissionarono anche gli affreschi adiacenti
all'ingresso laterale dell'oratorio, sotto il portico ovest del primo
cortile, raffiguranti la Visitazione di Maria e la Natività con la
data del 1588 nonchè quello posto al di sopra della porta di
ingresso che raffigura i santi Quattro.
Nel XIV secolo il palazzo
cardinalizio fu in parte abbandonato a causa del trasferimento della
Curia ad Avignone. Al ritorno a Roma di Martino V il cardinale
Alfonso Carillo (1423-1434) fece importanti lavori di restauro, ma il
trasferimento della sede pontificia dal Laterano al Vaticano influí
negativamente sull'importanza del complesso. Così nel 1564 Pio IV
affidó la chiesa e tutti gli edifici annessi all'Arciconfraternita
di S. Maria della Visitazione degli orfani perché li
trasformasse in un monastero destinato ad accogliere le fanciulle
romane orfane, vigilate da monache agostiniane.
L'Arciconfraternita tra il XVI
e il XVII secolo provvide ad adattare le strutture alla nuova
funzione.
Le modifiche furono però più
esteriori che sostanziali e i muri medievali costituiscono ancor oggi
gran parte dell'ossatura muraria. Tra gli interventi va ricordato
l'ammodernamento dei due cortili. Nel primo nel 1632 sui lati nord e
ovest furono realizzati due porticati a volte su pilastri cruciformi
sormontati da un altro piano. Tutti gli ambienti che affacciano sul
cortile furono trasformati in dormitori per le orfane. Nel secondo
cortile davanti all'ingresso della basilica fu costruito un profondo
porticato, che probabilmente riutilizza strutture del tempo di
Pasquale II, al di sopra del quale fu realizzato il coro per la
monache.
L'orfanotrofio fu soppresso
alla fine dell'800 e il complesso fu diviso in due parti, assegnate a
diversi ordini religiosi femminili.La zona ovest rimase sempre
affidata alle Monache agostiniane, mentre quella est dopo vari
passaggi è attualmente occupata dalle Piccole Sorelle dell'Agnello.
Note:
(1) Con l'andar del tempo
i cinque scalpellini vennero dimenticati mentre i Quatuor
Coronati divennero i protettori dell’arte
del costruire in sostituzione degli altri cinque la cui professione
venne unita al nome dei quattro.
(2) Stefano Conti, nipote
di Innocenzo III da cui fu elevato alla porpora cardinalizia, fu
Vicarius Urbis
mentre papa Innocenzo IV si trovava a Lione per il Concilio nel quale
fu deposto Federico II (1245). Alto funzionario della corte e del
tribunale curiale, fu una figura di grande mediatore, tanto che
quando divenne vicario della città di Roma, Federico II ne fu
contento. In realtà fu uno strenuo difensore del primato della
chiesa romana.
(3) Si tratta di un documento apocrifo, la Constitutum Constantini - fabbricato probabilmente nel periodo 750-850 a Roma o a S. Denis come dimostrato dall'umanista Lorenzo Valla nel XV secolo - che pretende di essere l'atto con il quale l'imperatore Costantino avrebbe donato nel 314 al papa Silvestro I la giurisdizione civile su Roma, sull'Italia e sull'intero Occidente; e avrebbe onorato la Chiesa romana attribuendole i poteri e le dignità dell'Impero sì che il pontefice potesse portare insegne imperiali. La Constitutum Constantini venne utilizzata dalla Chiesa medioevale per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale e universalistico.
Dante Alighieri, che pure riteneva autentico il documento, così lo stigmatizza nella Divina Commedia: Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! (Inferno, Canto XIX, 115-117).
(4) Il sinichio o ombrellino rituale è il peculiare gonfalone o bandiera che, se aperto, segnala la presenza del papa.
(5) L'episodio è raffigurato anche nel ciclo della Leggenda della vera croce realizzato da Piero della Francesca nella basilica francescana di Arezzo (vedi qui)
(6) Questa confraternita, il cui motto era esporre segretamente e dimostrare silenziosamente, viene considerata un antecedente della Massoneria. Significativamente uno dei Santi Quattro raffigurati nell'affresco sembra infatti impugnare un compasso.
(3) Si tratta di un documento apocrifo, la Constitutum Constantini - fabbricato probabilmente nel periodo 750-850 a Roma o a S. Denis come dimostrato dall'umanista Lorenzo Valla nel XV secolo - che pretende di essere l'atto con il quale l'imperatore Costantino avrebbe donato nel 314 al papa Silvestro I la giurisdizione civile su Roma, sull'Italia e sull'intero Occidente; e avrebbe onorato la Chiesa romana attribuendole i poteri e le dignità dell'Impero sì che il pontefice potesse portare insegne imperiali. La Constitutum Constantini venne utilizzata dalla Chiesa medioevale per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale e universalistico.
Dante Alighieri, che pure riteneva autentico il documento, così lo stigmatizza nella Divina Commedia: Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! (Inferno, Canto XIX, 115-117).
(4) Il sinichio o ombrellino rituale è il peculiare gonfalone o bandiera che, se aperto, segnala la presenza del papa.
(5) L'episodio è raffigurato anche nel ciclo della Leggenda della vera croce realizzato da Piero della Francesca nella basilica francescana di Arezzo (vedi qui)
(6) Questa confraternita, il cui motto era esporre segretamente e dimostrare silenziosamente, viene considerata un antecedente della Massoneria. Significativamente uno dei Santi Quattro raffigurati nell'affresco sembra infatti impugnare un compasso.
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