A capo della crociata viene inizialmente posto il conte Tebaldo di Champagne e la meta doveva essere l’Egitto da cui poi procedere verso la Terrasanta.
Nel 1201 viene siglato un accordo con i veneziani che avrebbero fornito le navi per trasportare l’esercito in cambio di 87.000 marchi.
Alla morte di Tebaldo di Champagne a seguito di malattia, il comando fu affidato al marchese Bonifacio di Monferrato.
Nel Natale del 1201 si reca alla corte di Filippo di Svevia dove sopraggiunge anche Alessio Angelo, figlio dello spodestato Isacco II, e pretendente al trono imperiale di Bisanzio. (cfr. l'albero genealogico degli Angeli).
Nella Pasqua del 1202 i crociati cominciano ad affluire a Venezia.
Nell’estate tuttavia si erano raccolti solo 11.000 uomini anziché i 33.000 previsti quando era stato stipulato il contratto con i veneziani. La raccolta di denaro inoltre non superò i 50.000 marchi.
Il doge Enrico Dandolo propose allora di dilazionare il pagamento della somma restante se i crociati avessero aiutato i veneziani a riprendere Zara che era passata al regno d’Ungheria. Nonostante l’opposizione del papa Innocenzo III, i crociati accettarono.
Il 10 ottobre la flotta salpa.
Zara è raggiunta tra il 10 e l’11 novembre e subito viene posto l’assedio.
Il 24 novembre la città cade e viene spartita tra crociati e veneziani. Il papa reagisce scomunicando i responsabili anche perché avevano attaccato il re d’Ungheria, unico monarca ad aver aderito alla crociata. Successivamente ritira la scomunica ai crociati lasciandola solo ai veneziani ritenuti i maggiori responsabili.
A questo punto Alessio Angelo avanza la sua offerta: se i crociati avessero deviato su Costantinopoli e avessero reinsediato suo padre Isacco, si sarebbe impegnato a pagare i debiti con i veneziani, a finanziare la spedizione in Egitto, ad armare 10.000 uomini e a riconoscere il primato della chiesa di Roma.
Domenico Tintoretto, il doge Enrico Dandolo, Sala del Maggior Consiglio, Palazzo ducale, Venezia, seconda metà del XVI sec.
La proposta viene accolta e il 23 giugno 1203 la flotta crociata è in vista di Costantinopoli.
Il 24 l’esercito crociato sbarca a Calcedonia.
Il 26 occupa Crisopoli (Scutari) praticamente senza incontrare resistenza.
Il 6 luglio viene spezzata la catena che chiude il porto e la flotta entra nel Corno d’oro mentre l’esercito si accampa sulla sponda settentrionale, di fronte al palazzo imperiale delle Blacherne.
Il 17 luglio viene lanciato l'attacco e
i veneziani, spronati dall'ottuagenario doge Enrico Dandolo,
conquistano d'impeto un tratto delle mura marittime lungo il Corno
d'oro mentre Teodoro Lascaris riesce a contenere l'assalto crociato
guidato da Baldovino di Fiandre alla Porta delle Blacherne, Alessio
III, nonostante la città potesse ancora essere difesa, fugge via
mare in compagnia della figlia Irene e ripara in Tracia, prima a
Zagora e poi a Mosynopolis.
Rimasti senza imperatore i notabili bizantini reinsediano il cieco Isacco II comunicando ai crociati che non c’è più ragione di continuare la lotta. I crociati replicano che gli attacchi sarebbero cessati solo se Alessio Angelo fosse stato nominato coimperatore.
Rimasti senza imperatore i notabili bizantini reinsediano il cieco Isacco II comunicando ai crociati che non c’è più ragione di continuare la lotta. I crociati replicano che gli attacchi sarebbero cessati solo se Alessio Angelo fosse stato nominato coimperatore.
Il 1 agosto in S.Sofia alla presenza dei baroni crociati Alessio viene proclamato coimperatore con il nome di Alessio IV.
Nonostante
l'imposizione di nuove tasse e le confische Alessio IV non fu in
grado di onorare gli impegni presi nei confronti dei crociati e finì
per inimicarsi sia il popolo che i suoi alleati latini.
Il 25 gennaio del 1204 scoppiò una rivolta che dichiarò deposti Isacco e Alessio. Tre giorni dopo un'assemblea di senatori, ecclesiastici e popolo offrì la corona ad un giovane nobile, Nicola Kanabus. Nella notte tra il 7 e l'8 febbraio, assicuratosi l'appoggio della guardia variaga per mezzo dei denari dispensati dal responsabile del Tesoro imperiale, l'eunuco Costantino Philopatès, il protovestiario Alessio Dukas detto Murzuflo ("dalle folte sopracciglia") penetra nel palazzo delle Blacherne e fa arrestare Alessio IV mentre il padre Isacco II, già infermo, muore la stessa notte di morte naturale. Il giorno successivo, nonostante la resistenza del partito che ancora appoggiava Nicola Kanabus, Murzuflo fu proclamato imperatore con il nome di Alessio V. Lo stesso giorno fece strangolare in carcere Alessio IV.
Il 1 di aprile, per rafforzare la sua posizione, Murzuflo sposò Eudocia Angelina, una delle tre figlie di Alessio III.
Ormai liberi da vincoli il 6 aprile 1204 i crociati attaccano nuovamente la città ma vengono respinti. Il 12 aprile viene lanciato un'altro attacco.
Alessio IV Angelo
miniatura tratta dal codice gr.122, XV sec.
Biblioteca Estense di Modena (1)
Il 25 gennaio del 1204 scoppiò una rivolta che dichiarò deposti Isacco e Alessio. Tre giorni dopo un'assemblea di senatori, ecclesiastici e popolo offrì la corona ad un giovane nobile, Nicola Kanabus. Nella notte tra il 7 e l'8 febbraio, assicuratosi l'appoggio della guardia variaga per mezzo dei denari dispensati dal responsabile del Tesoro imperiale, l'eunuco Costantino Philopatès, il protovestiario Alessio Dukas detto Murzuflo ("dalle folte sopracciglia") penetra nel palazzo delle Blacherne e fa arrestare Alessio IV mentre il padre Isacco II, già infermo, muore la stessa notte di morte naturale. Il giorno successivo, nonostante la resistenza del partito che ancora appoggiava Nicola Kanabus, Murzuflo fu proclamato imperatore con il nome di Alessio V. Lo stesso giorno fece strangolare in carcere Alessio IV.
Il 1 di aprile, per rafforzare la sua posizione, Murzuflo sposò Eudocia Angelina, una delle tre figlie di Alessio III.
Ormai liberi da vincoli il 6 aprile 1204 i crociati attaccano nuovamente la città ma vengono respinti. Il 12 aprile viene lanciato un'altro attacco.
Sia il 17 luglio che il 6 ed il12 aprile,
l'attacco crociato alle mura marittime si concentrò nel tratto
compreso tra la Porta Phanar e la Porta di Petrion. Qui la linea
difensiva era formata da un doppio muro che racchiudeva uno spazio
detto Castrum Petri dal nome di un alto dignitario di epoca
giustinianea.
Dopo il fallimento dell'attacco del 6 aprile, i crociati si resero conto che una nave sola era insufficiente per attaccare una torre e disposero di lanciare contro ogni torre una coppia di navi.
Le truppe imbarcate sulla Pellegrina e la Paradiso, che inalberavano i vessilli dei vescovi di Soissons e Troyes - rispettivamente Nivelone, che era anche l'ecclesiastico decano dell'armata crociata, e Garniero - riuscirono a prendere una torre dove si costituì la testa di ponte. Furono quindi forzate tre porte a colpi d'ariete e l'esercito crociato penetrò in città.
Dopo il fallimento dell'attacco del 6 aprile, i crociati si resero conto che una nave sola era insufficiente per attaccare una torre e disposero di lanciare contro ogni torre una coppia di navi.
Le truppe imbarcate sulla Pellegrina e la Paradiso, che inalberavano i vessilli dei vescovi di Soissons e Troyes - rispettivamente Nivelone, che era anche l'ecclesiastico decano dell'armata crociata, e Garniero - riuscirono a prendere una torre dove si costituì la testa di ponte. Furono quindi forzate tre porte a colpi d'ariete e l'esercito crociato penetrò in città.
La presa di Costantinopoli
miniatura tratta da David Aubert, Chronique abregee, 1461-1462
Bibliothèque nationale de France, Arsenal, Parigi.
Nella miniatura si notano le due direttrici principali dell'attacco crociato, l'una diretta contro le mura marittime e l'altra contro la Porta delle Blacherne. Sulla sinistra Alessio V Murzuflo osserva l'andamento della battaglia dalla tenda scarlatta che aveva fatto erigere su uno dei colli della città (2).
Alessio V insieme alla moglie e alla suocera Eufrosine riesce a fuggire e a riparare a Mosynopolis presso il suocero. Successivamente catturato dai crociati viene fatto giustiziare da Enrico Dandolo, che lo fa precipitare dalla colonna di Teodosio.
Bonifacio di Monferrato s’installa nel Palazzo di Bucoleone, Baldovino di Fiandre in quello delle Blachernae.
Il 9 maggio 1204 Baldovino di Fiandre viene eletto imperatore latino di Costantinopoli da una commissione formata da sei principi crociati e sei veneziani.
Antonio Vassilacchi, Il
doge Enrico Dandolo incorona Baldovino I di Fiandre imperatore di
Costantinopoli, Sala del Maggior Consiglio, Palazzo Ducale, Venezia,
1587 c.ca.
Il 12 maggio viene incoronato in Santa Sofia. Il veneziano Tommaso Morosini viene invece eletto al seggio patriarcale. La Serenissima ottenne il dominio sulla quarta parte e mezza dei possedimenti bizantini e si assicurò il possesso nel Mediterraneo orientale di scali commerciali e vere e properie colonie.
Armi dell'Impero latino di Costantinopoli
1204-1205 Baldovino I di Fiandre. Nel febbraio del 1205 i feudatari greci di Tracia si ribellarono ed offrirono allo zar bulgaro Kalojan la corona imperiale in cambio dell'aiuto per la riconquista di Costantinopoli e la cacciata dei latini. La guarnigione latina fu espulsa da Adrianopoli. Baldovino allora marciò sulla città e si accinse ad assediarla.
Battaglia di Adrianopoli (13-14 aprile 1205)
Lo zar diede ordine alla cavalleria cumana di provocare il nemico fin nei suoi accampamenti e di portare allo scoperto la cavalleria pesante latina. I comandanti crociati, prevedendo tale pericolo, diedero l'ordine di non uscire uscire dal campo fortificato.
Ma quando i Cumani apparvero alle porte del campo gli stessi comandanti crociati, dimentichi dei loro stessi ordini, si mossero per attaccarli. I primi ad uscire dal campo furono l’Imperatore Baldovino ed il conte Luigi di Blois i quali, avventatisi sui barbari, li misero in fuga e li inseguirono per due leghe; ma improvvisamente piombarono su di loro altri Cumani e quelli che fuggivano tornarono al contrattacco.
I crociati dovettero ripiegare e disporsi a difesa del campo mentre la fanteria bulgara li circondava. Il conte di Blois e molti altri cavalieri persero la vita nel tentativo di difendere il loro imperatore che alla fine cadde prigioniero dei bulgari e fu successivamente giustiziato.
Il doge Enrico Dandolo, che era rimasto a guardia del campo crociato, riportò le truppe rimaste a Costantinopoli e si preparò ad un eventuale assedio, in attesa del ritorno di Enrico di Fiandra, impegnato in Asia contro l'impero di Nicea. La notizia della morte di Baldovino raggiunse Costantinopoli verso la metà di luglio ed il 20 di agosto venne incoronato imperatore suo fratello Enrico.
Jean Joseph Jaquet, Baldovino I di Fiandre, 1864
Mons, Belgio
1205-1216 Enrico di Fiandra, fratello di Baldovino, fronteggiò efficacemente gli attacchi congiunti dei bulgari di Kalojan e dell'impero niceno di Teodoro Lascaris.
Armi di Enrico di Fiandra
Nel 1207 sposò Agnese di Monferrato, figlia di Bonifacio, confermando al suocero i suoi diritti sul regno di Tessalonica come vassallo. Nello stesso anno la morte dello zar Kalojan pose fine alle incursioni bulgare.
Nel 1214 firmò a Ninfeo, un trattato di pace con Teodoro Lascaris che marcava i confini dei due imperi. Il trattato dava ai latini la parte nord-occidentale dell'Asia Minore fino a Adriamittio e ai bizantini le terre che si estendevano al di là di questo confine fino alla frontiera del sultanato di Iconio.
Alle sue innegabili capacità militari Enrico univa grandi doti politico-diplomatiche e un innato senso di giustizia che gli valse l'appoggio dell'aristocrazia bizantina e la fiducia dei ceti più bassi.
Rimasto vedovo della prima moglie, si risposò nel 1213 con Maria di Bulgaria, la figlia di Kalojan, da cui fu probabilmente avvelenato.
1217 Pietro di Courteney, marito di Jolanda di Fiandra, sorella dei due precedenti imperatori. Fu catturato da Teodoro I Ducas Comeno, Despota d'Epiro, mentre cercava di raggiungere Costantinopoli e molto probabilmente fatto uccidere. La moglie Jolanda assunse la reggenza.
1217-1219 Jolanda di Fiandra. Siglò la pace con Teodoro Lascaris a cui diede in sposa la figlia Maria.
1219-1221 sede vacante. Jolanda muore ne 1219 e Roberto de Courteney rimane in Francia fino al 1221. Viene nominato reggente Conone di Béthune che muore poco dopo la nomina.
1221-1228 Roberto di Courteney, secondogenito di Jolanda (il primogenito Filippo rifiutò il trono). Fu incoronato in Santa Sofia il 25 marzo 1221.
battaglia di Poimanenon: alla morte di Teodoro I Laskaris, salì al trono di Nicea il genero Giovanni III Ducas Vatatzes ma i fratelli di Teodoro – i sebastokrator Alessio e Isacco – insorsero contro di lui e chiesero il sostegno dell'Impero latino. Agli inizi del 1224, i due fratelli affiancati da truppe dell'impero latino si scontrarono con l'esercito niceno guidato dal suo imperatore nei pressi di Poimanenon (l'attuale Esky Manyas), a sud del Mar di Marmara. La vittoria nicena fu netta, i due fratelli furono catturati e accecati, e causò all'impero latino la perdita di tutti i territori dell'Asia minore ad eccezione della città di Nikomedia e del suo circondario.
Nello stesso anno Tessalonica veniva occupata dalle forze di Teodoro I Dukas Comneno, despota d'Epiro, che poneva fine al regno latino dei Monferrato.
L'Impero latino dopo la battaglia di Poimanenon e la caduta di Tessalonica
Nel 1227 sposò la signora de Neuville, già promessa ad un nobiluomo burgundo di cui non si conosce il nome. Questi sollevò i cavalieri franchi contro l'imperatore. L'imperatrice e la madre furono catturate e vennero tagliate loro le labbra ed il naso, mentre Roberto fuggiva a Roma per chiedere il sostegno di papa Gregorio IX.
Nel 1228, durante il viaggio di ritorno, mentre si trovava presso la corte del principe d'Acaia Goffredo II di Villerdhouin, cadde ammalato e morì.
1228-1261 Baldovino II, fratello minore di Roberto, aveva solo 11 anni quando ereditò il trono. I baroni scelsero come reggente Giovanni di Brienne (+ 1237) di cui Baldovino sposerà la figlia Maria.
Al momento della sua ascesa al trono, i latini controllavano praticamente la sola Costantinopoli ed il territorio immediatamente limitrofo. Baldovino intraprese numerosi viaggi presso le corti europee per procacciarsi denari - che a volte otteneva in cambio di reliquie - e sostegni.
Sigillo di Baldovino II, 1240-1261
L'imperatore latino è raffigurato su entrambe le facce, in trono e a cavallo
Nel gennaio del 1260, l'imperatore niceno Michele VIII Paleologo conquistò alcune città latine nelle vicinanze di Costantinopoli, tra cui Selimbria, e pose l'assedio a Costantinopoli e Galata. L'imperatore contava di prendere Galata per poter tagliare la catena che sbarrava l'accesso al Corno d'oro e sulla complicità di un traditore latino – Asel – che gli avrebbe aperto le porte della città. Tuttavia gli abitanti del Galata resistettero più del previsto e Asel non aprì le porte. Incapace di fare qualche progresso, Michele in aprile levò l'assedio.
Nell'agosto del 1260 fu firmato un armistizio tra Michele VIII e Baldovino II, che prevedeva un anno di pace; Michele comunque continuò a fare piani per un nuovo assedio. Nel marzo del 1261 Michele firmò il trattato di Ninfeo con i genovesi, che si impegnarono a fornirgli appoggio navale per riconquistare Costantinopoli, in cambio di diritti commerciali.
La fine dell'Impero latino
Ormai padrone della città, Strategopulo inviò a Michele VIII le insegne abbandonate da Baldovino durante la fuga.
Il 15 agosto Michele VIII Paleologo fece il suo ingresso trionfale in Costantinopoli attraverso la Porta d’Oro e percorse la Città a piedi, preceduto dall’icona della Hodegetria, fermandosi al monastero di Studion, fino alla basilica di Santa Sofia, riconsacrata dal vescovo di Cizico, in assenza del Patriarca Arsenio, il quale in settembre incoronò solennemente nella Grande Chiesa Michele e suo figlio Andronico.
La fine dell'Impero latino
Nel luglio del 1261 Michele VIII inviò
in Tracia il megas domestikos Alessio Strategopulo con un
piccolo esercito di circa 800 uomini, quasi tutti mercenari cumani,
con il compito di condurre piccole azioni di disturbo contro i latini
e saggiare le difese di Costantinopoli. Alessio doveva anche andare
sulla frontiera bulgara per fare una dimostrazione di forza nei
confronti dello zar bulgaro Costantino Tich Asen (1257-1277) che era
impegnato nel tentativo di impedire ai niceni la riconquista di
Costantinopoli. Quando Alessio arrivò a Selimbria, venne a sapere
dai contadini del luogo (thelematarioi), che l'intera
guarnigione latina insieme alla flotta veneziana era partita per
attaccare l'isola di Dafnusio che dominava l'accesso al Bosforo dal
Mar Nero, appartenente all'impero di Nicea. I suoi informatori gli
indicarono anche una posterla, attraverso la quale un manipolo di
soldati poteva entrare facilmente senza essere notato. Inizialmente
riluttante – il generale bizantino temeva che un rapido rientro in
città della guarnigione avrebbe spazzato via il suo modesto
contingente e che in caso d'insuccesso, avendo intrapreso un'azione
non autorizzata, ne avrebbe pagato le conseguenze a caro prezzo –
Alessio decise alla fine di tentare il colpo che l'avrebbe consegnato
alla Storia.
La Porta di Pege
Nella notte del 25
luglio appostò il grosso del suo esercito nei pressi del monastero
della Zoodochos di Pege
a circa mezzo miglio dalla Porta di Pege (3). Quindi inviò un piccolo
distaccamento a cui i thelematarioi di
Selimbria mostrarono il passaggio segreto (secondo alcuni autori si
trattava di un cunicolo sotterraneo) attraverso il quale oltrepassare
le mura senza essere notati. Una volta entrati, i soldati di Alessio
ebbero facilmente ragione delle guardie e aprirono la porta di Pege
da cui il resto dell'esercito penetrò in città acclamando
l'imperatore Michele VIII e travolgendo i pochi soldati latini
presenti in città. La popolazione greca si unì alle acclamazioni
mentre l'imperatore latino Baldovino II si asserragliò nel palazzo
della Blachernae e inviò un messaggero alla guarnigione e alla
flotta che stavano assediando Dafnusio ordinandogli di rientrare
immediatamente.
Verso
la fine della giornata la flotta veneziana apparve all'imboccatura
del Bosforo e Alessio Strategopulo diede l'ordine di incendiare il
quartiere veneziano affinchè i veneziani più che a combattere si
preoccupassero di porre in salvo la propria gente ed i propri beni,
cosa che puntualmente avvenne. Lo stesso Baldovino II raggiunse il
Gran palazzo e riuscì ad imbarcarsi sulle navi veneziane dirette
verso l'isola di Eubea insieme ad altri 3.000 profughi.Ormai padrone della città, Strategopulo inviò a Michele VIII le insegne abbandonate da Baldovino durante la fuga.
Il 15 agosto Michele VIII Paleologo fece il suo ingresso trionfale in Costantinopoli attraverso la Porta d’Oro e percorse la Città a piedi, preceduto dall’icona della Hodegetria, fermandosi al monastero di Studion, fino alla basilica di Santa Sofia, riconsacrata dal vescovo di Cizico, in assenza del Patriarca Arsenio, il quale in settembre incoronò solennemente nella Grande Chiesa Michele e suo figlio Andronico.
L'Impero latino cessava di esistere.
Note:
(2) La tenda fatta erigere da Murzuflo si trovava sul IV colle della città, nei pressi del monastero di Cristo Pantepoptes (l'attuale Eski Imaret Cami).
(3) Il nome di Porta di Pege le derivava dalla vicinanza, circa mezzo miglio ad ovest della cinta muraria, del monastero della Zoodochos pege. Con questo nome è indicata in un'iscrizione murata nella parte posteriore della torre meridionale che ricorda i restauri fatti eseguire a spese di Manuele Briennio Leontari (1433 o 1438). Nel 1376 sempre attraverso questa porta fece il suo ingresso in città, dopo 32 giorni di assedio, Andronico IV che usurpò il trono del padre Giovanni V dal 1376 al 1379.
Dopo la conquista ottomana cominciò ad essere chiamata Porta di Selimbria (Selivri kapi) perchè da qui partiva la strada per questa città.
Note:
(1) Il Codice gr.122 conservato nella
Biblioteca Estense di Modena è una copia manoscritta realizzata nel
XV sec. della Epitome delle storie di Giovanni Zonara che
abbraccia un periodo compreso tra la creazione del mondo e la morte
di Alessio I Comneno (1118). In questa redazione del XV secolo è
stata aggiunta una lista - accompagnata a margine dai relativi
ritratti - degli imperatori e delle loro consorti saliti sul trono
dopo Alessio I fino alla caduta dell'Impero.
(2) La tenda fatta erigere da Murzuflo si trovava sul IV colle della città, nei pressi del monastero di Cristo Pantepoptes (l'attuale Eski Imaret Cami).
(3) Il nome di Porta di Pege le derivava dalla vicinanza, circa mezzo miglio ad ovest della cinta muraria, del monastero della Zoodochos pege. Con questo nome è indicata in un'iscrizione murata nella parte posteriore della torre meridionale che ricorda i restauri fatti eseguire a spese di Manuele Briennio Leontari (1433 o 1438). Nel 1376 sempre attraverso questa porta fece il suo ingresso in città, dopo 32 giorni di assedio, Andronico IV che usurpò il trono del padre Giovanni V dal 1376 al 1379.
Dopo la conquista ottomana cominciò ad essere chiamata Porta di Selimbria (Selivri kapi) perchè da qui partiva la strada per questa città.
Nessun commento:
Posta un commento