martedì 8 agosto 2023

Chiesa di San Giovanni Evangelista, Ravenna

 Chiesa di San Giovanni Evangelista, Ravenna

La chiesa venne costruita per volontà di Galla Placidia in seguito ad un voto fatto all'evangelista durante la perigliosa traversata che da Costantinopoli la ricondusse a Ravenna nel 424: viste le pessime condizioni atmosferiche, l'augusta promise che, se avesse toccato terra, avrebbe costruito una chiesa dedicata a Giovanni nel luogo dello sbarco. La costruzione iniziò nel 425 e terminò nel 434, si tratta quindi della più antica basilica ravennate.
Verso l’anno Mille venne costruito sulla destra della chiesa un monastero e la chiesa fu affidata ai monaci benedettini che vi si stabilirono.
planimetria della chiesa originaria

La chiesa originaria era a tre navate ed era preceduta da nartece, poi inglobato – tra VIII e X secolo - dalle navate. Traccie dell’antico nartece si troverebbero nei grandi archi tamponati visibili sulle pareti nord e sud in prossimità della facciata. Tramite essi si accedeva probabilmente ad ambienti laterali annessi al nartece stesso, forse deputati ad assolvere la funzione dei pastoforia, non presenti al tempo della prima edificazione ma realizzati successivamente, durante l'episcopato di Mariniano (595-618).
Nel 1316 – grazie ad un generoso lascito testamentario - vennero apportate modifiche alla chiesa e al monastero inserendo elementi gotici di cui resta il portale con la strombatura ogivale. Fu anche costruito un quadriportico antistante alla basilica distrutto durante i bombardamenti della II guerra mondiale.
Nel 1459 la basilica fu affidata ai Canonici Regolari di San Salvatore.
Nel 1568 l'abate Teseo Aldrovandi fece ristrutturare e abbellire la chiesa. Molto probabilmente le ultime tracce dei mosaici di epoca placidiana furono distrutte durante i lavori di ampliamento del presbiterio voluti dall'abate. A questo scopo venne inoltre murato un arco su ogni lato della navata e nelle lunette l'abate commissionò a Roberto Longhi due affreschi raffiguranti rispettivamente Galla Placidia nella tempesta e il miracolo del sandalo. 

L'affresco raffigurante Galla Placidia nella tempesta nella sua collocazione originaria

Lo stesso affresco come si può osservare oggi al Museo Nazionale di Ravenna

Nel corso delle trasformazioni settecentesche cui fu sottoposta la basilica, le lunette vennero scialbate e rimasero invisibili fino ai restauri novecenteschi, quando gli affreschi vennero strappati e le tamponature degli archi rimosse. Oggi i due affreschi sono conservati nel Museo Nazionale di Ravenna.
In occasione del VI centenario dantesco celebrato a Ravenna nel 1921, la basilica fu oggetto di un importante piano di recupero volto all'eliminazione di tutte le sovrapposizioni settecentesche.
Tra gli interventi principali – oltre alla già citata rimozione della tamponatura degli archi prossimi alll'abside - si annoverano: l’apertura della loggia al secondo livello dell’abside (prima tamponata), l'oscuramento della bifora rinascimentale di facciata, il rifacimento del soffitto, il recupero dei mosaici del piano pavimentale del 1213 (già scoperto parzialmente nel Settecento), il restauro degli affreschi della volta della cappella trecentesca (detta anche “giottesca”), la liberazione del corpo esterno della chiesa con l’abbattimento di alcuni fabbricati pertinenti l’ospedale insediato nell’Ottocento, il restauro del campanile.
planimetria della chiesa attuale

Il portale trecentesco è oggi addossato al muro occidentale dello spazio racchiuso che introduce alla basilica. E' riccamente decorato con statue e bassorilievi: nella lunetta, è raffigurata l'Apparizione di San Giovanni a Galla Placidia, affiancata da due gruppi di angeli; ai lati della strombatura, vi è l'Annunciazione; nel timpano, invece, al centro c'è il bassorilievo con San Giovanni e un imperatore (probabilmente Valentiniano III), alla sua sinistra San Barbaziano (1) con sacerdoti, alla sua destra Galla Placidia con soldati e, sopra, il Redentore.


La facciata della basilica è molto semplice, con un alto protiro ad arco medievale con pilastrini in mattoni. Sotto il protiro si trovano il portale d'ingresso e una monofora.

All'interno la chiesa presenta attualmente una pianta a tre navate con abside poligonale all'esterno e circolare all'interno, traforato da sette monofore intervallate da colonnine di marmo. 


Abside

Le navate sono scandite da due filari di 12 colonne di marmo proconnesio.


Nella navata sinistra, sono appesi alla parete i frammenti musivi che provengono dalla decorazione pavimentale ordinata dall’abate Guglielmo nel 1213, come emerge da una lacunosa iscrizione (2). Dieci di questi frammenti celebrano le gesta della quarta crociata e la nascita dell'impero latino di Costantinopoli. Il tema – del tutto inconsueto, anche perché i crociati furono inizialmente scomunicati da papa Innocenzo III per aver rivolto le armi contro altri cristiani – è svolto con estrema aderenza alla realtà storica (come nel pannello in cui si vedono i crociati addossare le scale alle mura marittime direttamente dalle navi come realmente avvenne), sì da originare un variegato ventaglio di ipotesi circa le ragioni che potrebbero aver spinto l'abate a questa rappresentazione apologetica (3).  


I crociati assaltano le mura marittime di Costantinopoli

La resa di Costantinopoli

Altri lacerti musivi rappresentano invece temi medievali classici, un frammento dei mesi, scene di caccia e soprattutto animali fantastici e favolistici.
All'incirca a metà della navata sinistra si apre poi una cappella di forma quadrata aperta nel XIV secolo. E' voltata a crociera e presenta affreschi di scuola giottesca che raffigurano Santi, Dottori della Chiesa (S.Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e S.Gregorio), e gli Evangelisti con i loro simboli. Sull'altare un affresco della Maddalena che tende le braccia verso la croce.


Ricostruzione ipotetica dei mosaici absidali di epoca placidiana


L’ipotesi ricostruttiva della decorazione di epoca imperiale della zona absidale, si basa principalmente su quattro sermoni e su descrizioni lasciate da artisti e antiquari che ebbero modo di vederli e prevede la presenza della cattedra vescovile dietro la quale la parete era rivestita in marmo. Al di sopra si sviluppavano i mosaici in cinque fasce orizzontali.
Nella prima, in corrispondenza della cattedra, San Pietro Crisologo celebrante con l’angelo, sulla sinistra le figure di Arcadio e Eudossia, e sulla destra Teodosio II ed Eudocia.
Nella seconda fascia l’iscrizione:

CONFIRMA HOC DEVS QVOD OPERATVS ES IN NOBIS A TEMPLO SANCTO TVO, QVOD EST IN IERVSALEM. TIBI OFFERENT REGES MVNERA.

La terza fascia era interrotta da una loggetta centrale, composta da sette arcate, ai cui lati si presuppone la raffigurazione dei quattro evangelisti.
Nella quarta fascia l’iscrizione:

SANCTO AC BEATISSIMO APOSTOLO IOHANNI EVANGELISTAE GALLA PLACIDIA AVGVSTA CVM FILIO SVO PLACIDO VANTINIANO AVGVSTO EF FIALIA SUA IVSTA GRATA HONORIA AVGVSTA LIBERATIONIS PERICVCVM MARIS VOTVM SOLVENT. 

Nell’ultima fascia, corrispondente al catino absidale, era rappresentato il Salvatore con il Vangelo aperto nella mano sinistra. Alla sommità dell’arco di trionfo, al centro la figura del Redentore che consegna il libro a San Giovanni Evangelista e a destra e sinistra era ripetuta la scena di Galla Placidia con la prole guidati dal santo sulla barca in tempesta.
Dai peducci dell’arco partiva l’iscrizione:

AMORE CHRISTI NOBILIS ET FILIVS TORNITVI SANCTVS IOHANNES ARCANA VIDIT. GALLA PLACIDIA AVGVSTA PROSE ET HIS OMNIBVS HOC VOTVM SOLVIT

Sottostante la scritta le immagini, forse clipeate, di antenati e parenti di Galla Placidia. A sinistra Valentiniano I, Graziano – nonno e zio dell'augusta - il marito Costanzo e i fratelli, morti in tenera età, Graziano e Giovanni. A destra Costantino, il padre Teodosio I, i fratellastri Arcadio e Onorio e il figlio avuto da Ataulfo, Teodosio.
Con questo particolare programma iconografico, l'augusta, da poco insediatasi sul trono d'Occidente come reggente del figlio Valentiniano, sembra volerne ribadire la legittimità in forza della sua appartenenza a pieno titolo alla dinastia teodosiana regnante in Oriente.


Note:

(1) sacerdote di origini antiochene, si recò a Roma dove gli furono attribuiti diversi miracoli. Galla Placidia lo fece venire alla corte dio Ravenna dove divenne il suo padre spirituale.

(2) All’interno di un circolo un tempo visibile sul pavimento in mosaico della navata centrale, erano indicati sia il nome del committente che l’anno di esecuzione dell’intera opera: «Dnus Abbas Guilielmus hoc op [...] anno millesimo ducentesimo tertio decimo».  

(3) Una esauriente disamina di queste ipotesi si trova in Gianantonio Tassinari, San Giovanni Evangelista e i mosaici della Quarta crociata. Considerazioni araldiche in Ravenna Studi e Ricerche, n. XXIV, 2018