venerdì 24 aprile 2020

Castel Terracena, Salerno

Castel Terracena, Salerno



Il Castello o Palazzo Terracena fu fatto edificare da Roberto il Guiscardo e dalla moglie Sichelgaita in un periodo che va dal 1076 al 1080. Si trovava a ridosso delle mura orientali di Salerno, sulla sommità di un'altura ad est della cattedrale di san Matteo e la sua costruzione doveva assolvere alla doppia funzione di rafforzare le difese della città in quel settore e dotare i nuovi sovrani di una residenza diversa da quella del potere longobardo (il Palazzo di Arechi II).
La zona dove si può ancora oggi riconoscere il complesso di Castel Terracena (anche se ci sono dubbi sul reale sito del complesso), per quanto gravemente manomesso e deturpato dalle successive stratificazioni, è quella che, dall'attuale Museo archeologico, giunge alle absidi della cattedrale, in via Genovesi, per poi continuare su via dei Canapari e via Mario Iannelli. 

Fig.1

In questo complesso sono chiaramente riconoscibili alcune torri decorate a tarsie di tufo giallo e grigio. 
La sua esistenza fu breve, avendo avuto termine, in circostanze misteriose, fra il 1251 (data della sua ultima citazione nelle fonti scritte) e il 1261, anno della morte di papa Alessandro IV che donò ai monaci benedettini il suolo sul quale era stato edificato.

L’individuazione del castello di Terracena è confermato dal ritrovamento di due torri, di un camminamento con cisterna e di diversi elementi architettonici.
Si possono rinvenire alcune decorazioni originarie della Reggia in due dei prospetti interni della casa-torre che si affaccia sulla piazzetta Cerenza (A, B).

Fig.2 Ingrandimento dell'area cerchiata in rosso in Fig.1.

Qui, nella parte alta, si trovano ricchi motivi a tarsia policroma. In particolare, si noti il tema dell’arco maggiore a tutto sesto, all’interno del quale si sviluppa una bifora. 

Prospetto B

I materiali utilizzati per ottenere l’effetto policromo sono il tufo giallo, il tufo grigio e il cotto. L’area tra l’arco maggiore e gli archetti minori è occupata da una decorazione raffigurante una stella a sei punte incorniciata nel tufo grigio. Sono presenti, inoltre, larghe fasce decorate a losanghe gialle e grigie. 

Prospetto B (particolare)

Le mezze losanghe tagliate lungo i bordi delle fasce, poi, recano al centro un disco giallo.
Le tarsie variopinte accomunano questo episodio ad altre decorazioni di architetture salernitane risalenti ai secoli XI e XII; tra di esse: l’atrio del Duomo, il portale di Palazzo Fruscione e la Curia Arcivescovile.  

L'inserto di ceramica superstite al centro del rosone  nel prospetto A

Il prospetto orientale del castello conserva, inoltre, un raro esemplare decorativo che testimonia dell’uso di ceramica colorata in età bizantina per creare luminosità nei prospetti. Il rosone al di sopra di una delle bifore, infatti, ha al centro un catino di ceramica, unico esemplare rimasto a Salerno. L’unico altro elemento simile è rimasto sulla facciata di Palazzo Verniero a Sorrento.
Ancora in uso alla fine del XII secolo - quando vi soggiornò l'imperatrice Costanza d'Altavilla, moglie di Enrico VI e madre di Federico II, dapprima come ospite e quindi assediata e fatta prigioniera dai partigiani di Tancredi di Sicilia - la residenza fu probabilmente distrutta dal fortissimo terremoto del 1275. Sul suo lato meridionale sorse il Castelnuovo che ospitò nel secolo XV la regina Margherita di Durazzo.


L’imperatrice Costanza d’Altavilla (1154c.-1198) raffigurata mentre si rivolge ai Salernitani che assediano Castel Terracena, dove era giunta nella prima metà del 1191.
miniatura tratta da
Pietro da Eboli, Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis, 1195-1197
Codex 120 2, Burgerbibliothek di Berna.

Durante il secondo conflitto mondiale, Castel Terracena era diventata un edificio chiave per le forze americane ed inglesi e un vero e proprio confine oltre il quale non era consigliabile spostarsi. Ecco che i soldati dipinsero la scritta Out of Bounds (C), proprio per indicare il limite da non superare per non incorrere nel pericolo di forze ostili. Recentemente restaurata, la scritta viene protetta da una teca in vetro.




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