domenica 30 agosto 2015

Santa Maria della croce, Casarano

Santa Maria della croce, Casarano

Facciata occidentale

La chiesa di Santa Maria della croce è ubicata nella parte più antica di Casarano conosciuta come Casaranello.
La chiesa presenta attualmente una pianta a tre navate che termina con un santuario tripartito. Molto probabilmente la pianta originaria – che dovrebbe risalire al V-VI secolo – era a croce latina con un'unica navata (1). Non è chiaro però in quale periodo il braccio occidentale della croce sia stato demolito per dar luogo alle tre navate.
La piccola finestra rotonda che si apre nell'attuale facciata, circondata da una fusarola e da una specie di dentellatura consistente in gruppi di tre orecchioni, suggerisce una datazione al XII-XIII secolo.
Le tre navate sono voltate a botte come anche i tre bracci superstiti della croce, mentre alla loro intersezione si eleva una bassa cupola impostata su pennacchi che appare deformata e quasi ellissoidale.

La cupola

Cupola: decorata a mosaico, presenta al centro una croce di colore giallo che campeggia su un fondo verde-mare circondata da un'ampia fascia blu.
Tutta la superficie della cupola è punteggiata di stelle a sei raggi, che finiscono in punti. Le stelle formano cinque cerchi, nel cerchio verde-mare esse sono gialle e bianche, nella zona blu soltanto bianche. L'intera cupola è infine circondata da un'iride formata di piccoli rombi scintillanti di porpora, giallo, bianco e verde. La decorazione richiama molto da vicino quella della calotta del mausoleo di Galla Placidia e, in misura minore, quella del battistero di S.Giovanni in fonte. Ma, mentre a Ravenna il cielo è monocromatico e le stelle lo riempiono senza ordine e senza lasciare il centro libero per la croce, qui il cielo è distinto in due zone da diverse tonalità di colore e le stelle si dispongono in ordini concentrici. Il mosaico ravennate dà quindi una rappresentazione naturalistica del firmamento, quello di S.Maria della croce intrepreta la concezione del cielo dell'astronomia bizantina ripartendolo in due zone: il cielo propriamente detto e lo spazio aereo (stereoma).
Anche lo stile delle forme – dure e sistematiche – delle girali d'acanto nei pennacchi, che non trovano analogie nelle decorazioni musive del mausoleo e del battistero precedentemente citati, sembrano rimandare all'influenza di esempi orientali (2).

I mosaici della volta del braccio orientale sono divisi in tre compartimenti rettangolari, circondati da cinque fregi ornamentali. Il primo ad imitazione di perle e pietre preziose, il secondo costituito da una intrecciatura, il terzo da una specie di dentellatura, il quarto dalla cosiddetta voluta di Vitruvio, il quinto che ripete il motivo del primo.
Il compartimento mediano è inoltre coperto di un ornamento a squame, i due laterali sono decorati da due nastri, l'annodamento dei nastri forma dei cerchi grandi e piccoli, nei quali sono inserite diverse figure. Nei compartimenti laterali si osserva centralmente una piccola croce e nei diversi cerchi e pennacchi sono raffigurate delle anitre, degli uccelli acquatici a gambe lunghe, un pesce, una lepre, un grappolo d'uva, ecc.

Affreschi:
Sul secondo pilastro di destra (ora staccato e spostato sulla parete sud) è ritratto papa Urbano VI (1378-1389) - il predecessore di papa Bonifacio IX (1389-1404) che era originario di Casarano, ed è molto probabilmente riferibile a quest'epoca - ma era sovrapposto ad affreschi del X-XI secolo (la Santa Barbara riportata in luce sul pilastro) come evidente anche nel pilastro di faccia dove, al di sotto dell'intonaco caduto, è appasa una Madonna in trono con il Bambino.
Su quest'ultimo affresco compaiono diverse iscrizioni, purtroppo in parte mutile.
Una in particolare - composta di 15 righe e situata nella parte sinistra - riporta, anche se in maniera incompleta, la data di riconsacrazione della chiesa e il nome del vescovo di Gallipoli che la riconsacrò. La notizia incisa dal prete Acindino non dovrebbe essere, secondo Jacob (1988), molto più recente dell’affresco stesso e la sua datazione collocarsi tra il 988 e il 1033.

San Nicola e San Demetrio (?)

Al X-XI secolo dovrebbe appartenere anche il dittico sito nell'abside con un santo vescovo e un santo militare: il santo vescovo, è senza dubbio san Nicola, grazie alla scoperta dell'iscrizione esegetica a lato (Stefano Cortese, 2004); l'altro santo indossa la clamide, ha uno scudo, forse san Demetrio o san Sebastiano. Recenti studi hanno attribuito a questo primo ciclo di affreschi anche la santa ubicata in controfacciata (Sabato 2011), vicino la porta d'ingresso, identificata come santa Paraskevi (3).

Nel registro inferiore: L'Ultima cena ed il Tradimento di Giuda; in quello superiore, scene del ciclo di Santa Caterina d'Alessandria.

Alla prima metà del XIII secolo appartengono i frammenti superstiti del Dodekaorton campito lungo la navata centrale: le 4 scene sopravvissute sono il Tradimento di Giuda e l'Uultima cena a sinistra, fronteggiate dall'Anastasis e dalle Pie donne al sepolcro. L'episodio dell'Ultima cena, in particolare,
appare fortemente improntato a stilemi iconografici bizantini (il tavolo a forma di sigma, il parapetasma – la tenda attorcigliata al bastone - che fa da sfondo alla scena e la disposizione del Cristo all’estrema sinistra del tavolo).

Deesis

Allo stesso periodo dovrebbe risalire anche la Deesis posta originariamente nell'abside e ora ubicata nella navata meridionale: la singolarità dell'opera è data dal fatto che non è formata dalla consueta triade con il Cristo in trono (benedicente alla greca e con il vangelo aperto) tra la Vergine e san Giovanni Evangelista: in questo caso, compare infatti una quarta figura a sé stante, forse Santa Caterina o Santa Margherita di Antiochia (Falla Castelfranchi, 2004).
Qualche decennio più tardi vengono affrescati, sempre nella navata centrale ma nell'emivolta, i cicli agiografici di Santa Caterina d'Alessandria a sinistra e Santa Margherita di Antiochia a destra, attribuiti ad un pittore di epoca sveva e databili attorno al 1250-1260. Il primo scorre da ovest verso est, mentre il secondo procede in direzione opposta.

Scene del ciclo di Santa Caterina

Scene del ciclo di Santa Margherita di Antiochia

Al tardo XIV secolo va invece riferito l'affresco – peraltro fortemente rimaneggiato nel corso del tempo - una volta collocato nell'abside ed oggi posto nelle vicinanze della sagrestia e raffigurante la Vergine con il braccio il Bambino a cui offre un fiore. In basso a destra s'intravede il volto di un uomo, probabilmente il committente dell'opera.


Note:

(1) Due chiese siciliane nei pressi di S.Croce di Camerina studiate dal D'Orsi e riferibili al VI-VIII secolo presentano anch'esse – come lo stesso mausoleo di Galla Placidia - una pianta a croce latina sormontata da cupola paragonabile a quella di S.Maria della Croce.


(2) Cfr. le bordure del cosiddetto mosaico di Orfeo rinvenuto in una tomba gerosolimitana ed oggi conservato nel Museo archeologico di Istanbul e ritenuto riferibile al IV-V secolo ed il fregio del pavimento musivo della cosiddetta Casa bruciata di Madaba e riferibile al VI-VII sec.).

Mosaico di Orfeo
Museo archeologico di Istanbul

(3) L'identificazione con la santa è suggerita da un confronto con la sua raffigurazione presente nella chiesa di Santa Maria dell'Idri a Nociglia.


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