sabato 11 ottobre 2025

Grotta del Crocefisso, colle Metapiccola, Carlentini

 Grotta del Crocefisso, colle Metapiccola, Carlentini



Le notizie documentarie sulla chiesa del Crocefisso sono scarsissime se si esclude il
graffito con data 1764 posto sulla porta d’ingresso alla grotta e dovuto ad una risistemazione della stessa ad opera di eremiti laici locali. Antecedentemente, probabilmente nel XVI secolo, il vano era stato adibito a sepolcreto, come risulterebbe dalla lettura del pavimento e del vano sottostante quest’ultimo, riconoscibile come ossario. A questo periodo, probabilmente, risalgono anche ingenti lavori di ristrutturazione dello spazio sacro, con l’apertura di due varchi tra i due vani principali del complesso e del listello di roccia che divide il vano dedicato al culto e, infine, con l’escavazione di un ambiente atto a rendere più profondo l’invaso principale. A seguito di questi lavori si attuò una sorta di ribaltamento dell’asse della chiesa con il posizionamento dell’altare di fronte all’ingresso, dedicato alla Vergine, come attesterebbe un affresco cinquecentesco ancora tardo gotico.


Attualmente la grotta risulta composta da almeno due ambienti quadrangolari simmetrici, comunicanti attraverso un varco. Il vano di destra appare leggermente più ampio dell’altro e, per la presenza di un’abside scavata immediatamente a destra dell’ingresso ad Est, si configura come la vera e propria chiesa. Il vano di sinistra, invece, che adesso ha un ingresso autonomo, probabilmente in origine una finestra, sembra frutto di una ricostruzione settecentesca che lo adibì al culto.


La presenza di un cenobio sopra la grotta conferma inoltre la rilevanza spirituale e culturale di questo sito nel tempo. 


All'interno si notano un nicchione ad arco con altare, due ossari (XV sec. circa), mentre, al di sotto di una grata sul pavimento, troviamo una cripta (putridarium) (1) con 16 sedili sepolcrali con purificatori (XVI-XVII sec.).

particolare del putridarium

Apparato iconografico

La chiesa del Crocifisso presenta il più complesso apparato iconografico della Sicilia rupestre. In essa, infatti, è testimoniata la continuità del culto del luogo con la presenza di almeno cinque fasi decorative che non possono essere definite semplici pitture votive ma, almeno per quanto riguarda i dipinti del secondo strato (nel catino absidale e lungo le pareti della chiesa, con la presentazione della teoria dei santi), fanno parte di un vero e proprio programma iconografico rinnovato in tempi diversi. La cattiva leggibilità degli affreschi non permette una sicura ipotesi circa la datazione degli stessi; essa può essere solo accennata su base archeologica e, solo dove i lacerti pittorici lo permettono, su analisi stilistiche.

Apparterrebbero ad una prima fase di frequentazione della grotta (XII sec) piccole tracce di affreschi posti lungo la parete meridionale del vano maggiore, coperti da pannelli di poco più recenti. Essi sono distribuiti in formelle disposte su almeno tre ordini e rappresenterebbero scene del Giudizio Universale riprendendo un tema iconografico molto comune nel mondo medioevale.
Al XIII secolo sono riferibili porzioni di affreschi organizzati per pannelli isolati; essi occupano la parete e la conca absidale ad est e rappresentano: la Crocifissione e il Cristo Pantocrator. La Crocifissione è, purtroppo, molto frammentaria tanto da permettere l’identificazione solo del Cristo con la testa reclinata e della Vergine. 




L'affresco raffigurante il Cristo Pantocrator recentemente restaurato (contrassegnato da una stella bianca nella pianta) si trova nel catino absidale al di sotto del quale era originariamente collocato l'altare. Il Cristo è racchiuso in una mandorla decorata con crocette bicrome rosse e nere, assiso in trono e affiancato da due coppie di angeli che sostengono la mandorla. La mano destra è alzata nell'atto della benedizione mentre la sinistra tiene il libro delle Scritture, i piedi nudi poggiano su un tappeto ornato di rosso. L’iconografia del Cristo affine a quella del Duomo di Cefalù e altri particolari, permettono di ravvisare forti analogie con la pittura bizantina dell’inizio del XIII secolo.

Polittico di San Leonardo

Cronologicamente vicini al Cristo Pantocrator sembrano i pannelli del cosiddetto “Polittico di San Leonardo”, che da sinistra a destra raffigurano rispettivamente: Santa Elisabetta, la Mater Domini, San Leonardo, San Giovanni Battista e un santo vescovo. La parte bassa dell'affresco è andata in gran parte perduta per realizzare l'apertura di comunicazione tra i due vani.


Dall'analisi dell'apparato iconografico si può dedurre che originariamente la grotta fosse dedicata alla Vergine (in tal modo si spiegherebbe l’affresco cinquecentesco posto sull’altare di fronte all’ingresso) e l’intera decorazione della parete nord, con pannelli legati al culto mariano. È possibile, inoltre, che in tale grotta fosse localizzato il culto di Santa Maria della Cava, cui era intitolata la prima cattedrale di Lentini. Riguardo la nuova denominazione di “grotta del Crocifisso” è possibile che essa fosse legata alla rappresentazione di un Crocifisso a sinistra dell’abside, probabilmente, di epoca secentesca.

Note:

(1) Il putridarium è una camera sepolcrale “provvisoria” in cui i cadaveri venivano adagiati su dei sedili in attesa che il processo di putrefazione liberasse le ossa che venivano poi lavate e riposte negli ossari. I sedili presentavano un foro centrale al di sotto del quale veniva posto un vaso che raccoglieva i liquidi corporei e i prodotti di disfacimento. Usati nel medioevo in particolare per monaci e monache, erano diffusi soprattutto nel meridione.







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