Grotta del Crocefisso, colle Metapiccola, Carlentini
graffito con data 1764 posto sulla porta d’ingresso alla grotta e dovuto ad una risistemazione della stessa ad opera di eremiti laici locali. Antecedentemente, probabilmente nel XVI secolo, il vano era stato adibito a sepolcreto, come risulterebbe dalla lettura del pavimento e del vano sottostante quest’ultimo, riconoscibile come ossario. A questo periodo, probabilmente, risalgono anche ingenti lavori di ristrutturazione dello spazio sacro, con l’apertura di due varchi tra i due vani principali del complesso e del listello di roccia che divide il vano dedicato al culto e, infine, con l’escavazione di un ambiente atto a rendere più profondo l’invaso principale. A seguito di questi lavori si attuò una sorta di ribaltamento dell’asse della chiesa con il posizionamento dell’altare di fronte all’ingresso, dedicato alla Vergine, come attesterebbe un affresco cinquecentesco ancora tardo gotico.
Attualmente la grotta risulta composta da almeno due ambienti quadrangolari simmetrici, comunicanti attraverso un varco. Il vano di destra appare leggermente più ampio dell’altro e, per la presenza di un’abside scavata immediatamente a destra dell’ingresso ad Est, si configura come la vera e propria chiesa. Il vano di sinistra, invece, che adesso ha un ingresso autonomo, probabilmente in origine una finestra, sembra frutto di una ricostruzione settecentesca che lo adibì al culto.
Apparato iconografico
La chiesa del Crocifisso presenta il più complesso apparato iconografico della Sicilia rupestre. In essa, infatti, è testimoniata la continuità del culto del luogo con la presenza di almeno cinque fasi decorative che non possono essere definite semplici pitture votive ma, almeno per quanto riguarda i dipinti del secondo strato (nel catino absidale e lungo le pareti della chiesa, con la presentazione della teoria dei santi), fanno parte di un vero e proprio programma iconografico rinnovato in tempi diversi. La cattiva leggibilità degli affreschi non permette una sicura ipotesi circa la datazione degli stessi; essa può essere solo accennata su base archeologica e, solo dove i lacerti pittorici lo permettono, su analisi stilistiche.
Cronologicamente vicini al Cristo Pantocrator sembrano i pannelli del cosiddetto “Polittico di San Leonardo”, che da sinistra a destra raffigurano rispettivamente: Santa Elisabetta, la Mater Domini, San Leonardo, San Giovanni Battista e un santo vescovo. La parte bassa dell'affresco è andata in gran parte perduta per realizzare l'apertura di comunicazione tra i due vani.
(1) Il putridarium è una camera sepolcrale “provvisoria” in cui i cadaveri venivano adagiati su dei sedili in attesa che il processo di putrefazione liberasse le ossa che venivano poi lavate e riposte negli ossari. I sedili presentavano un foro centrale al di sotto del quale veniva posto un vaso che raccoglieva i liquidi corporei e i prodotti di disfacimento. Usati nel medioevo in particolare per monaci e monache, erano diffusi soprattutto nel meridione.