La chiesa di “Santa
Passera”, Roma
La chiesa, di cui si ha
notizia già nell'VIII secolo, deriva dalla trasformazione di un
sepolcro a tempietto di epoca romana (II-III secolo) che si può
ancora intuire negli ampi lacerti di muro in laterizi ancora visibili
e nelle due finestrelle decorate con cornici fittili ai lati della
porta d'ingresso. Ampliato nel XIII secolo con l'aggiunta di un timpano e l'inserimento di una finestra chiusa da una grata di marmo traforato al di sopra della porta d'ingresso, nella facciata anteriore, e di un abside semicircolare al cui centro si apriva una bifora in quella posteriore, l'edificio appare oggi
caratterizzato da tre unità architettoniche sovrapposte:
1. La chiesa superiore (C
nella pianta), a navata unica e pianta quadrangolare che, nella sua forma attuale, risale al
XIII secolo;
2. La chiesa inferiore
(B), già trasformata in oratorio nel V secolo;
3. La cripta ipogea.
In basso, lungo il lato settentrionale si notano ancora, inoltre, i resti delle arcate del portico - successivamente tamponate per creare la sagrestia- che era stato addossato alla chiesa.
Purtroppo la decorazione
parietale, presente in tutti e tre i livelli, è molto malridotta a
causa dell'incuria e delle piene del fiume che, nel corso dei secoli,
l'hanno gravemente danneggiata.
La chiesa affaccia infatti
sul Tevere e ha, come detto, una facciata in laterizi sopravanzata da
una piccola terrazza rettangolare a cui si accede per mezzo di una
doppia rampa di scale simmetriche.
Nella chiesa superiore,
nel catino absidale, è raffigurato il Cristo benedicente contornato
dai santi Paolo, Pietro, Giovanni Evangelista e Giovanni Battista;
nel registro inferiore abbiamo invece a destra un affresco con Cristo
tra i santi Ciro e Giovanni
ed a sinistra un
pannello con la Vergine ed il Bambino affiancati dall'Arcangelo
Michele da un lato, e dall'altro da San Giacomo (identificato dalla
conchiglia) e San Francesco che pongono la mano in segno di
protezione sulla testa di due figure più piccole inginocchiate che
raffigurano i patroni della chiesa.
È stato
ipotizzato che nella figura femminile ai piedi del poverello di
Assisi si possa identificare Jacopa de Settesoli, vedova di Graziano
Frangipane, che, nel 1213 ospitò proprio San Francesco all’interno
della Torre della Moletta al Circo Massimo e nella figura maschile,
il figlio Giacomo, protetto appunto dall’omonimo santo.
Probabilmente la chiesa doveva un tempo essere connessa alle
proprietà dei Frangipane e la nobildonna volle farsi effigiare
assieme al figlio sotto la protezione dei santi a cui erano
fortemente devoti.
L'arco trionfale presenta al centro l'agnus dei affiancato da ciò che resta
dei simboli dei quattro evangelisti mentre nei piedritti – in delle
false nicchie – sono raffigurate le
sante Prassede e Pudenziana.Nella parete
sinistra sono infine visibili due pannelli: uno raffigura una teoria
di santi orientali e l'altro figure devozionali.
La "chiesa
inferiore", cui si accede da una porta esterna oggi sotto
elevata rispetto al terreno, sorge su un oratorio fatto realizzare
dalla matrona Teodora nel V secolo, è costituita da un'aula
quadrangolare (i cui affreschi rappresentano tre vescovi, i cui nomi
sono evocati da un'epigrafe). La porta esterna introduce ad un vano che fu costruito davanti alla chiesa per arginare le piene del fiume.
Sull'architrave della porta (subito dietro la porta di ferro che oggi chiude la chiesa inferiore) è ancora leggibile
l'iscrizione:
«CORPORA
SANCTI CYRI RENITENT HIC ATQVEE IOANNIS QVOÆ QUONDAM ROMÆ DEDIT
ALEXANDRIA MAGNA. »
(Qui
risplendono i santi corpi di Ciro e Giovanni che un giorno la grande
Alessandria dette a Roma)
Da una stanzetta rettangolare più piccola si accede alla "cripta ipogea" tramite una stretta scala.
Il caratteristico nome di "Santa Passera" preso nel corso del
tempo dalla chiesa, originariamente dedicata ai
santi Ciro e Giovanni, due martiri uccisi in Egitto durante la persecuzione di
Diocleziano, sembra derivare dalla storpiatura dalle parole "Abba
Cyrus" (Padre Ciro), deformate poi in "Abbacìro" -
"Appacìro" - "Appacèro" - "Pacèro" -
"Pàcera" - "Passera".
La tradizione vuole
infatti che i corpi dei due martiri(un medico di Alessandria ed un
soldato, suo discepolo) siano stati sepolti nella la cripta ipogea
dopo essere stati decapitati in Egitto nel 303. In particolare i due
corpi sembra fossero stati fatti traslare da San Cirillo, Patriarca
di Alessandria, in un primo tempo a Menouthis, dove sorse un
importante santuario loro dedicato; in seguito, nel 407, due monaci (Grimoaldo e Arnolfo),
spinti da un sogno premonitore, per paura di un'imminente invasione
araba trasportarono i due corpi a Roma e, sotto indicazione di una
ricca vedova, Teodora, li seppellirono in un fondo di suo possesso,
lungo le rive del Tevere, fondo in cui aveva fatto edificare un
piccolo oratorio dedicato a Santa Prassede.
Facciata posteriore della chiesa con l'abside aggettante
Una stretta
scalinata conduce dalla chiesa inferiore alla cripta ipogea dove, su
un fondo d'intonaco chiaro delimitato da fascioni, si intravedono
partiture semicircolari e quadranti rossi, con soggetti di repertorio
funerario riferibili al III secolo. Nella parete settentrionale sono
rappresentati una figura femminile – probabilmente la dea della
Giustizia (Dike) – che tiene in mano una stadera, un uccello e un
pugile. La volta presenta grandi stelle a 6 e 8 punte e motivi
decorativi. Sulla controparete alla fine XIII sec. fu dipinta una
Vergine con Bambino, poi rubata nel 1968.
L'ipogeo,
interrato dopo il 1706, è stato riscoperto solo nel 1904.