Facciata absidale
Il monasterodi San Saba sull'Aventino fu probabilmente fondato da un gruppo di monaci provenienti da una lavra della Giudea dedicata allo stesso San Saba. I monaci s'insediarono su un terreno appartenente a Santa Silvia, la madre del pontefice Gegorio Magno (590-604). Inizialmente il monastero fu infatti noto con il nome di Cella Nova in ricordo della Lavra Nova, il famoso monastero gerosolimitano.
Scavi dei primi del '900 hanno riportato alla luce un piccolo oratorio absidato (detto Oratorio di Santa Silvia) che risale a questo periodo e di cui è stato individuato anche l'ingresso preceduto da due colonne e da polifore.
Alla fine del VII secolo o agli inizi dell'VIII il pavimento di questo oratorio (normalmente non aperto al pubblico) venne rialzato di 65 centimetri e sorse la chiesa per le cui pareti furono realizzati gli affreschi – accompagnati da iscrizioni in greco - oggi raccolti nei locali a destra della chiesa attuale (1). Il piano preesistente venne quindi adibito ad area di sepoltura.
In rosso il perimetro dell' Oratorio di Santa Silvia sottostante alla chiesa attuale
La datazione della chiesa attuale è
controversa. L'ipotesi più accreditata la fa risalire al pontificato
di Lucio II (1144-1145) che diede il monastero in uso ai cluniacensi.
Venne comunque edificata riutilizzando ampiamente materiali di
spoglio provenienti dalla precedente e presenta una pianta basilicale
a tre navate - spartite da 14 colonne di spoglio - ciascuna delle
quali termina con una abside. Sul lato sinistro della chiesa esiste
una sorta di quarta navata che si ritiene essere stata
originariamente piuttosto un portico che prolungava la chiesa verso
il chiostro. In questo periodo la chiesa venne anche dotata di
campanile.
Nel XIII secolo venne infine aggiunto
il portale d'ingresso e messi in opera il pavimento e la schola
cantorum (parte della quale è oggi incassata nella parete della
navata destra) decorata a motivi cosmateschi.
Frammento della schola cantorum
Attraverso un protiro sostenuto da colonne ioniche realizzato nel XIII secolo, si accede alla corte dove si trova la chiesa. Nella lunetta è affrescata un'immagine della Vergine fiancheggiata da San Saba e Sant'Andrea.
La primitiva facciata della chiesa è
attualmente occultata fin quasi alla sommità da un corpo di fabbrica
con portico, a sua volta sovrastato da un loggiato eretto nel 1463.
Il portico attuale è scandito da rozzi pilastri in laterizio del
sec. XVIII, che sostituiscono le originali quattro colonne di marmo
di Numidia e le due colonne centrali di porfido rosso che poggiavano
su leoni stilofori, risalenti alla ristrutturazione voluta dal
cardinale Francesco Todeschini Piccolomini (il futuro papa Pio III)
verso la metà del Quattrocento. Le cinque finestre che danno luce
all'ambiente superiore sono posteriori e sostituiscono le due bifore
e le due monofore originarie, oggi tamponate. Gli spioventi del
timpano della facciata e la parte superiore delle absidi sono
decorate da una cornice a denti di sega in cotto.
Sulla parete lunga del portico si apre
l'ingresso alla chiesa, affiancato dalle arcate di due varchi
tamponati. Tutti e tre segnalano il sito delle originarie entrate
dell'oratorio del VII sec., benché la porta centrale sia stata
rialzata e dotata di una cornice cosmatesca a tessere oro, rosso e
blu, in cui corre un'iscrizione del tempo di Innocenzo III: + Ad
honorem domini nostri IHV XPI, Anno VII pontificatvs domini
Innocentii III pp., hoc opus domino Iohanne abbate iubente factvm est
per manvs magistri Iacobi.
Le pitture in cattivo stato al di sopra
del portale risalgono all'intervento promosso da papa Gregorio XIII
in occasione del giubileo del 1575.
Nel portico sono raccolti numerosi
reperti archeologici: fra gli arredi scultorei provenienti
dall'oratorio altomedioevale si annoverano un Uomo con bastone
(forse del sec. VII); un Cavaliere con falco (sec. VIII); un
grosso frammento di architrave in marmo bianco ornato da una
decorazione scadente forse pertinente alla porta principale
dell'oratorio; un pilastro in marmo bianco che doveva probabilmente
costituire il tramezzo di una bifora.
Cavaliere con falco, VII sec. c.ca
Affreschi:
All'interno della chiesa la parete della cosiddetta quarta navata presenta
affreschi riconducibili alla fine del XIII secolo. Al centro della
parete è raffigurato un ben noto episodio della vita di San Nicola
di Mira. Venuto a sapere che il padre di tre fanciulle se la passava
male e che, disperando di poter provvedere ad una dote per condurle
al matrimonio, aveva cominciato ad insinuare in loro l'idea di
prostituirsi pr raccogliere il denaro necessario, Nicola, di famiglia
benestante, decise di compiere un atto di carità nei loro confronti.
Desiderando però che il suo gesto rimanesse anonimo, si avvicinò
nottetempo ad una finestra della loro casa e gettò dentro tre palle
d'oro (tre sacchetti colmi di monete).
San Nicola e le tre fanciulle nubili
Un'altro affresco raffigura una Madonna
con Bambino fiancheggiata da S.Saba, con in una mano il pastorale e
nell'altra il libro della regola monastica, e da S.Andrea.
Un terzo affresco mostra S.Gregorio
Magno in trono tra due santi (uno forse è S.Benedetto).
Si attribuiscono a un pittore vicino a
Jacopo Torriti (ma non manca chi vi ha voluto riconoscere la
mano del Torriti stesso), detto il Maestro di S. Saba.
L'abside - piuttosto alta e stretta -
ebbe probabilmente in origine una decorazione a mosaico, della quale
gli affreschi del 1575 ricalcano forse il soggetto. Subito sotto,
sopra la cattedra epicopale, si trova un grande Crocifissione fra la
Vergine e S. Giovanni dipinta nel sec. XIV (ma poi molto ritoccata
nei secoli successivi).
Abside
Nei locali a destra della chiesa sono
stati raccolti i frammenti di affresco recuperati dalla decorazione
parietale dell'oratorio altomediovale.
Il frammento più grande raffigura la
scena della Guarigione del paralitico che viene calato nella
casa dinanzi a Gesù, dopo che ne è stato scoperchiato il tetto.
Faceva probabilmente parte di un più esteso ciclo cristologico che
occupava la parete destra dell'oratorio. Viene fatto risalire agli
anni del pontificato di Gregorio III (731-741). L’iscrizione greca
recita: “Qui il Signore guarì il paralitico”, “evtha o
K(urio)s iasato ton [para]lut[ikon]”.
A destra di questo è collocato un
frammento più piccolo che conserva i nomi degli apostoli Giovanni e
Giacomo.
C'è poi un frammento molto bello che
raggruppa sette teste di monaci. E' di un'epoca successiva – metà
del IX secolo circa – ed apparteneva forse ad un ciclo che narrava
la vita di San Saba. Nel tardo X secolo il monastero venne comunque
officiato da monaci benedettini e vi furono affrescate scene inerenti
alla vita di san Benedetto, alcuni dei frammenti recuperati, tra cui
quello appena citato, potrebbero quindi appartenere ad un ambito già
latino.
Nel 646, fuggendo dalla Tunisia
travolta dall'invasione araba, si stabilì nel monastero di San Saba,
in compagnia di alcuni discepoli, il teologo bizantino Massimo il
confessore - fiero oppositore del monotelismo per cui propendeva
invece la corte imperiale – e vi rimase fino al 653, quando fu
arrestato e condotto a Costantinopoli insieme a papa Martino I.
Nel 768 vi fu imprigionato l'antipapa
Costantino (768) prima di essere accecato.
Note:
(1) Le murature della chiesa precedente
vennero riutilizzate ed innalzate nell’erezione della chiesa
attuale e pertanto, in alcune zone, è stato poi possibile recuperare
resti degli affreschi.
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