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Fu fatto edificare da
Goffredo I di Villehardouin tra il 1220 ed il 1223 a conclusione di
un contenzioso che lo aveva contrapposto al clero. Il clero era
proprietario di circa un terzo delle terre del Principato d'Acaia ma
era esentato dal servizio militare, quindi il principe chiese loro di
aumentare le donazioni a favore delle spese per la difesa. Al rifiuto
del clero, il principe rispose confiscando i beni della chiesa e con
questi fondi diede inizio alla costruzione della fortezza.
Il nome di Clermont deriva
probabilmente dalla corruzione del locale Chlemoutsi mentre nelle
fonti italiane, a partire dal XV secolo compare come Castel Tornese,
probabilmente confondendo la collocazione della zecca del principato
che si trovava invece nella vicina Clarentza.Il castello fu eretto sulla collina di Chelonata in una posizione strategica da cui controllava sia la città di Clarentza, il principale porto commerciale del Principato, che quella di Andravida, sede del potere amministrativo.
A dispetto del ruolo strategico della sua posizione e della sua imponenza non fu mai oggetto di importanti operazioni militari e svolse prevalentemente la funzione di prigione per detenuti di alto lignaggio come il generale bizantino Alessio Philes che, catturato dopo la battaglia di Makryplagi (1263), vi morì poco dopo esservi stato rinchiuso.
Alla morte di Guglielmo II Villehardouin (1278), in forza del trattato siglato a Viterbo nel 1267 tra l'imperatore latino di Costantinopoli Baldovino II e Carlo d'Angiò, il Principato passò sotto il controllo angioino ma il castello di Clermont rimase come lascito ereditario, insieme alla baronia di Kalamata, alla vedova Anna (Agnese) Angelina Comnena d'Epiro, terza moglie di Guglielmo II e figlia del despota epirota Michele II.
Nel 1280 Anna si risposò con il barone Nicola II di Saint Homer, signore della metà di Tebe, e l'anno successivo fu raggiunto un accordo con gli angioni in base al quale il castello passò sotto il loro controllo. Negli anni '90 vi fu detenuto come ostaggio il futuro despota d'Epiro Tommaso I Ducas Comneno.
Nel 1314 vi fu imprigionata Margherita di Villehardouin, figlia di Guglielmo II Villehardouin e Anna Angelina Comnena, che rivendicava i suoi diritti sul principato e che vi morì l'anno seguente. Nel giugno del 1315 il castello fu conquistato da suo genero Ferdinando di Majorca prima di essere sconfitto e ucciso nella battaglia di Manolada (5 luglio 1316) da Luigi di Borgogna, secondo marito di Matilde d'Hainault - figlia di Florent d'Hainault e della figlia maggiore di Guglielmo II Villehardouin, Isabella - che reclamava anch'egli il diritto alla successione.
Nel 1418 il castello passò sotto il controllo del despota epirota Carlo I Tocco e nel 1428 fu ceduto all'allora despota di Morea Costantino Dragaze come parte della dote nuziale di Maddalena Tocco.
Nel 1446 Tommaso Paleologo vi fece rinchiudere il figlio illegittimo di Centurione II – Giovanni Asen Zaccaria – che reclamava il titolo del padre e che riuscì a evadere nel 1453 ponendosi a capo di una rivolta.
Con la conquista ottomana (1460) il castello perse la sua importanza strategica.
Rimasto in mano ai veneziani al termine della guerra di Morea (1699), nel 1701 il provveditore generale di Morea, Francesco Grimani, ne propose lo smantellamento perchè troppo lontano dal mare.
Nel 1825 parte delle mura furono bombardate dalle artiglierie di Ibrahim Pascià per impedire agli insorti greci di utilizzarlo.
Rispetto alla conformazione originale, nel corso del tempo, le uniche trasformazioni furono realizzate dagli ottomani, principalmente per adeguare le difese al fuoco d'artiglieria.
Il cuore del castello
presenta la forma di un esagono irregolare a cui si addossa sul lato
occidentale, dove il pendio è meno scosceso, un'opera poligonale, le
cui mura abbracciano un'ampia corte centrale.
L'ingresso principale alla
cinta esterna si trovava originariamente al termine di un recesso del
muro di NO sbarrato da una saracinesca. Il recesso fu riempito dagli
ottomani per ripristinare la continuità della muratura. Furono anche
aggiunti dei contrafforti dove le nuove mura si congiungevano alle
vecchie mentre fu lasciato a cielo aperto lo spazio tra la nuova
porta e quella originaria.
L'ingresso principale come si presenta attualmente
Sul lato interno, sono addossati alle mura una serie di edifici, quello meglio conservato si trova in prossimità della porta, che erano adibiti a caserme e stallaggi o magazzini e che risalgono alla fondazione del castello. Il parapetto merlato con cui culminano le mura risale invece ad epoca ottomana.
L'ingresso principale visto dall'interno
Le mura del lato a sinistra
dell'ingresso, nel punto dove si congiungono con quelle della
fortezza interna, presentano una posterla ed all'interno, quasi in
corrispondenza ad essa una scalinata di pietra che conduce al cammino
di ronda. Sul lato opposto, presentano invece un'unica torre
semicircolare, molto probabilmente un'aggiunta ottomana, così come
il terrapieno costruito all'interno delle mura in corrispondenza
dell'angolo SO e destinato ad accogliere una batteria di artiglieria.
La torre circolare di epoca ottomana
Dietro l'edificio in primo piano, la piazzola per l'artiglieria costruita in epoca ottomana
Il tratto meridionale delle mura presenta una rientranza di 5 m
all'incirca a metà del suo decorso, dove si apre un'altra posterla.
Questo tratto di mura presenta inoltre evidenti tracce di riparazioni
(con frammenti di tegole e corsi di pietra) di epoca ottocentesca
perchè nel 1825 furono cannoneggiate da Ibrahim Pascià.
La fortezza interna ha una
cinta a pianta esagonale, rafforzata sul lato occidentale da due
torri circolari (ma con la base a pianta quadrata).
Le due torri circolari che rafforzano il tratto occidentale delle mura della fortezza interna
L'ingresso si trova in un
avancorpo sul lato settentrionale ed è formato da un passaggio a
volta che attraverso una doppia porta introduce alla corte interna.
L'ingresso alla fortezza interna. Sulla sinistra s'intravedono la posterla aperta nelle mura della fortezza esterna e la scalinata che conduceva al camminamento di ronda
A
sinistra della prima porta e a livello del piano superiore si nota
una piccola abside che apparteneva alla cappella che era dedicata a
Santa Sofia. La cappella era un tempo interamente affrescata ed era
illuminata da quattro ampie finestre ad arco acuto che si aprivano
sulla corte.
L'abside della cappella
All'interno, attorno alla
corte centrale, si dispone una serie continua di edifici a due piani,
separati da un solaio di legno, oggi in gran parte crollato, un tempo
sostenuto da archi traversi impostati su pilastri laterali addossati
alle pareti e su una serie di pilastri centrali. Il piano superiore
era costituito da una serie di gallerie coperte da una volta a ogiva,
interrotte ogni 7-10 m. da muri traversi, mentre ampie finestre si
aprivano verso la corte interna.
La corte della fortezza interna
Nell'ala a destra
dell'ingresso (circa 300 mq.), si svolgevano le funzioni pubbliche
(le udienze del principe, la sua proclamazione, i banchetti, etc.).
L'accesso al piano superiore di quest'ala – che aveva un'estensione
continua, priva cioè dei muri traversi di separazione che si trovano
in corrispondenza dei piani superiori degli altri settori - avveniva
per mezzo di una scalinata di pietra che terminava con un'ampia
balconata che dominava la corte.
Resti della scalinata che conduceva alla sala delle udienze
La fortezza interna è stata
assai meno rimaneggiata di quella esterna in epoca ottomana e
rappresenta tuttora un esempio abbastanza tipico dell'architettura
militare occidentale del XII sec. trapiantata in Grecia. Mancando
però gli elementi caratteristici del gotico, la si direbbe più che
altro una forma di transizione dal romanico.
Nel museo: in alcune sale
del castello è allestita una mostra permanente che raccoglie
interessanti reperti provenienti dagli edifici di matrice latina
della regione dell'Elide. Tra questi segnaliamo:
- la pietra tombale di Anna
Angelina Comnena ritrovata nella chiesa di S.Sofia di Andravida (cfr.
scheda);
- un capitello proveniente
dalla stessa chiesa in cui sono scolpite le armi dei Villerhardouin
(è forse l'unico esempio ritrovato di queste armi);
- due cornici di finestre
gotiche ed un affresco raffigurante un santo militare a cavallo
provenienti dalla chiesa di San Francesco a Clarentza;
- un capitello proveniente
dal monastero di Isova.
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