domenica 21 giugno 2015

Santa Caterina d'Alessandria e Ipazia

Santa Caterina d'Alessandria e Ipazia


Santa Caterina d'Alessandria

Santa Caterina d'Alessandria
Basilica di Santa Caterina, prima metà del XV sec., Galatina
La prima passio che riferisce le vicende della sua vita è piuttosto tarda e risale all' XI secolo.
Nata nel 287 in una famiglia nobile e agiata, rimase orfana di entrambi i genitori in giovane età, cresciuta indipendente e nella possibilità di scegliere la propria vita, si dedicò allo studio, circondandosi di sapienti ed eruditi, diventando dottissima soprattutto nella filosofia e nella religione. Era, oltre che di grande ingegno, una giovane bellissima, richiesta in sposa dagli uomini più importanti della città d'Alessandria.
Nel 305 Massimino Daia, insignito da Galerio del titolo di Cesare, fu investito del governo della Siria e dell'Egitto.
Giunto ad Alessandria, Massimino Daia ordinò di sacrificare animali agli dei. Caterina, seguita dallo stuolo dei suoi sapienti, regalmente vestita e nel fulgore della sua bellezza, gli si presentò davanti, contestandogli il diritto di fare una simile imposizione e esortandolo a riconoscere invece Gesù Cristo come redentore dell’umanità. Massimino, soggiogato dalla grazia di Caterina, decise che la donna sostenesse le sue idee davanti a una commissione di cinquanta filosofi alessandrini.
Ma nel corso di questo incontro Caterina, oltre a controbattere i loro ragionamenti, riuscì a convertirli in blocco alla fede cristiana. Per questa conversione così pronta, Massimino li fece immediatamente mettere al rogo. Poi richiamò Caterina e le propose di sposarla. Dinanzi al netto rifiuto della Santa ne ordinò la fustigazione ma ella persistette nel rifiutare le nozze ribadendo la sua fede in Cristo suo sposo. Allora Massimino ordinò che fosse sottoposta al supplizio delle ruote dentate ma gli uncini e le lame si piegarono sulle tenere carni di Caterina, le ruote s'infransero e la Santa non ebbe la minima scalfitura.
Caterina fu allora imprigionata e tenuta senza mangiare e senza bere ma una colomba bianca le portava ogni giorno ciò di cui aveva bisogno, tanto che, quando la prelevarono da quell'orrido carcere, stava bene come quando vi era entrata. Allora Massimino dispose che venisse decapitata. Quando la spada del carnefice spiccò la testa dal suo collo, dalla ferita, anzichè il rosso sangue sprizzò invece olio miracoloso (1). Dio non permise che il suo corpo venisse deturpato e una schiera di angeli ne prese le spoglie e ricompostele le sollevò in volo andandole a deporre sul monte Sinai, dove ancora oggi l’altura vicina a Gebel Musa (Montagna di Mosè) è chiamata Gebel Katherin. Agli inizi del IX secolo, i monaci del monastero fondato nel 328 da Sant'Elena ai piedi del Gebel Musa ritrovarono i suoi resti e li traslarono nella chiesa del monastero che venne ridedicato alla Santa.

Santa Caterina d'Alessandria 
Basilica di S.Lorenzo fuori le mura, seconda metà dell'VIII secolo, Roma

Quasi coeva al ritrovamento dei resti della Santa è la sua prima raffigurazione conosciuta, testimonianza del culto a lei tributato: la santa compare infatti accanto a S.Andrea, S.Giovanni evangelista e S.Lorenzo in un affresco rinvenuto nella basilica romana di San Lorenzo e riferibile alla seconda metà dell'VIII secolo. Della figura della santa si è conservata solo parte del volto e la parte superiore del corpo ma è identificata esplicitamente come S.Caterina dalla didascalia che corre in verticale. Un'iscrizione posta alla base dell'affresco ne ricorda il committente (Iohannes qui Maximus pr[es]b[iter] et monachus) e l'autore (Crescentius infelix pictor).

Ipazia
Nata ad Alessandria, probabilmente nel 370, fu allieva e collaboratrice del padre, il filosofo, matematico e astronomo Teone (non è invece noto il nome della madre) di cui proseguì gli studi. Fin dal 393 risulta a capo della comunità scientifica alessandrina, erede del Museion fondato da Tolomeo I nel 305 a.C. e distrutto insieme alla famosa Biblioteca nel corso della guerra tra Aureliano e la regina Zenobia (270 c.ca).
I cosiddetti Decreti teodosiani – emessi tra il 391 ed il 392 in attuazione dell'Editto di Tessalonica del 380 che riconosceva il Cristianesimo come religione di Stato – avevano decretato la soppressione dei culti pagani e la chiusura di tutti i templi ad essi dedicati. Ad Alessandria il vescovo Teofilo era riuscito a farsi assegnare il tempio di Dioniso per trasformarlo in chiesa. Questa decisione scatenò la ribellione dei pagani che si scontrarono nelle strade con i cristiani, dopo che questi ultimi avevano malmenato, torturato e ucciso i sacerdoti del tempio di Dioniso. I pagani si asserragliarono quindi nel Serapeo e, sotto la guida di Olimpio - il sacerdote del tempio – che li esortava a morire piuttosto che rinnegare la fede dei padri, si prepararono a resistere all'attacco della guarnigione imperiale e dei fanatici cristiani agli ordini del vescovo. Nonostante lo stesso imperatore Teodosio scrivesse a Teofilo chiedendogli di concedere il perdono ai pagani, questi ordinò il loro massacro e la distruzione del Serapeo.

Il vescovo Teofilo, con il Vangelo aperto nella mano sinistra e la destra alzata, poggia i piedi sulle rovine del Serapeo al cui interno si riconosce la statua della divinità per il caratteristico modius che porta sulla testa.
Miniatura tratta dal Papiro Goleniscev, redatto ad Alessandria d'Egitto probabilmente ai primi del V secolo e contenente una Storia del mondo, folio VI verso B.

Non è noto l'atteggiamento tenuto da Ipazia durante questi eventi, nè i rapporti che intercorsero tra lei ed il vescovo. La fama di Ipazia e l'affermazione del suo prestigio intellettuale – che si tradussero anche in influenza politica – cominciarono a crescere infatti immediatamente dopo il verificarsi di questi drammatici fatti.
Nel 412, alla morte di Teofilo, gli successe sul trono episcopale il nipote Cirillo che prese a dominare la cosa pubblica oltre il limite consentito all’ordine episcopale entrando in conflitto con il prefetto imperiale Oreste.

Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene (particolare)
Stanza della Segnatura, Palazzi apostolici, Città del Vaticano
 1509-1511
Secondo alcuni autori in questa giovane stante e biancovestita Raffaello avrebbe raffigurato Ipazia

Nel 414, durante un'assemblea popolare, alcuni ebrei denunciarono al prefetto quale seminatore di discordie il maestro Ierace, un sostenitore del vescovo Cirillo, che fu arrestato e torturato. La reazione del vescovo fu durissima: espulse tutti gli ebrei da Alessandria, confiscandone i beni e trasformando in chiese le sinagoghe. Oreste, per quanto indignato, non potè prendere provvedimenti contro il vescovo poichè il clero era soggetto soltanto al foro ecclesiastico.
Un folto gruppo di Parabolani (2) circondò il carro del prefetto mentre passava per le vie di Alessandria ed iniziò ad insultarlo finchè uno di loro, un certo Ammonio, non scagliò una pietra che colpì in testa il prefetto. Ammonio fu arrestato e torturato a morte nel corso di un regolare processo.
Cirillo rispose facendo trasportare il corpo di Ammonio in una chiesa e lo elevò al rango di martire, come se fosse morto per difendere la sua fede.
L'assassinio di Ipazia maturò nel pieno del conflitto tra il prefetto ed il vescovo. Ipazia era infatti uno dei più ascoltati consiglieri di Oreste con cui si incontrava molto frequentemente. Oreste era riuscito anche ad ottenere dal prefetto del pretorio Antemio – che teneva la reggenza dell'impero d'Oriente durante la minore età di Teodosio II – che fossero riassegnati alla scuola di Ipazia i sussidi governativi sospesi da un precedente decreto caldeggiato da Cirillo.
Il vescovo, da questo momento, cominciò a tuonare ogni giorno dal pulpito della cattedrale cristiana del Cesareion contro questa donna che non la smetteva di dedicarsi ai numeri, alla musica e agli astrolabi. Nel marzo del 415 un gruppo di parabolani, guidati da un predicatore di nome Pietro il Lettore, assaltarono la lettiga che riportava Ipazia a casa e la trascinarono nella cattedrale. Qui Pietro il Lettore la denudò e le cavò gli occhi consegnandola ai parabolani che la fecero letteralmente a pezzi usando dei gusci di conchiglia affilati. Poi misero i suoi poveri resti in dei sacchi di iuta e li portarono esultanti al Cinereon dove li bruciarono insieme alla spazzatura.
Nessuno degli scritti di Ipazia è giunto sino a noi.

Le analogie ed i parallelismi tra la biografia di Santa Caterina e quella di Ipazia, nonchè la scarsità di notizie storiche sulla santa (3) - mentre, viceversa, le vicende di Ipazia sono ben documentate negli scritti degli storici dell'epoca (cfr. Socrate scolastico, Historia Ecclesiastica; Damascio, Vita Isidori) – hanno fatto pensare ad una "cristianizzazione" postuma della figura della scienziata e filosofa alessandrina, che comunque morì pagana, in quella di Santa Caterina.

Note:


(1) Per questa ragione, oltre alla ruota dentata simbolo del martirio, la santa è a volte raffigurata con in mano un'ampolla vitrea. Inoltre i monaci del monastero del Sinai a lei dedicato distribuivano ai pellegrini fiale del liquore capitis Sanctae Caterinae da usare a fini terapeutici. La cappella del Tesoro di Palermo conserva una fiala del XII secolo che reca appunto questa dicitura.

Santa Caterina con in mano l'ampolla vitrea
ambiente ipogeo del Palazzo di Arechi II, Salerno, metà XII sec.

(2) I Parabolani (dal greco Παράβολοι o Παραβολᾶνοι, che deriva da παραβάλλεσθαι τὴν ζωήν, che significa letteralmente "coloro che rischiano la vita") furono i membri di una confraternita cristiana che nella Chiesa delle origini si dedicavano sotto giuramento alla cura dei malati, specie degli appestati, e alla sepoltura dei morti, sperando così di morire per Cristo.
La confraternita nacque durante la peste di Alessandria sotto l'episcopato di Dionisio di Alessandria (seconda metà del III secolo). In questo evento sta la giustificazione del loro nome: essi rischiarono la vita (παραβάλλεσθαι τὴν ζωήν) per esporsi a malattie contagiose. Oltre a svolgere opere di misericordia essi costituirono successivamente anche una milizia privata agli ordini diretti del vescovo. All'epoca di Cirillo erano in numero di circa seicento.

(3) Nel 1969 la commemorazione della Santa venne soppressa dai revisori del Calendario liturgico con questa motivazione: "Si elimina la commemorazione di Santa Caterina, iscritta nel Calendario Romano del secolo XIII. Non solo la Passione di Santa Caterina è interamente leggendaria, ma sul suo conto non si può affermare nulla di sicuro”.







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