lunedì 18 agosto 2014

Il castello di Melfi

Il castello di Melfi


La prima fortificazione della città di Melfi fu opera del catapano bizantino Basilio Boiannes (1017-1027) che strappò la città al dominio longobardo. La cinta muraria bizantina, risalente al 1018, circondava il primo agglomerato urbano sorto intorno all’antica chiesa di San Lorenzo. Di essa si conserva un tratto munito di contrafforti, che dall’attuale castello scende fino alla Porta Calcinaia, la più antica porta cittadina (cfr. Mura e porte di Melfi).
Nel 1041, con l’arrivo dei Normanni, iniziò la costruzione sulla sommità della collina di un fortilizio sul modello delle motte et baileys tipiche dell’architettura militare normanna. La motta (dal francese motte) era una collinetta rialzata di terra, solitamente artificiale, sormontata da una struttura di legno o di pietra. La terra per elevare la collinetta veniva presa da una fossato, scavato intorno alla stessa motta. La superficie esterna era di solito rinforzata con supporti di legno. Il bailey era invece un cortile chiuso, circondato da una recinzione di legno.
Su questo primo provvisorio impianto venne poi costruito il primo manufatto in pietra, con funzione di palazzo ducale, su iniziativa di Roberto il Guiscardo. Il palazzo aveva pianta quadrata ed era munito di quattro torri negli angoli, tre delle quali tuttora riconoscibili anche se inglobate nel palazzo baronale dei Doria, con una costruzione posticcia che ospita oggi la biglietteria del museo e la sovrastante saletta.
Federico II, tra il 1223 ed il 1225, dotò il castello di una prima cinta muraria separata dal palazzo, che si chiudeva tra due torri esterne con funzione di carcere e di maschio o dongione, cioè di ultima roccaforte tipica dei castelli di cultura normanna. La prima torre si trova sul lato orientale ed è detta di Marcangione, riconoscibile dalla finestra a bifora. L’altra si trova sul lato settentrionale ed è detta dei Sette venti, successivamente collegata al corpo centrale da uno spalto che avrebbe ospitato gli appartamenti di re Carlo d’Angiò.
L'avvento degli Angioini comportò un ulteriore ampliamento del castello che, con il completamento della cinta esterna e del fossato, l’aggiunta delle tre torri pentagonali, di altre tre rettangolari e il completamento della maestosa cisterna assunse l’attuale fisionomia, progettata dall’architetto militare Pierre d’Agincourt tra il 1277 e il 1280.
L’appartamento del re, piuttosto modesto e oggi in parte crollato, fu realizzato in un angolo appartato lontano dal palazzo centrale, addossato alla Torre dei Sette venti che veniva usata come studium, dotato di una privata (servizi igienici) e collegato al corpo delle segrete, a sua volta sopraelevato con l’inserimento di contrafforti per edificare un vasto salone di rappresentanza oggi noto come “sala del trono”. Successive modifiche furono apportate da Giovanni II Caracciolo (1456-1460) e dai Doria (1549-1590). Da ciò deriva una mancanza di fisionomia unitaria e la difficoltà di individuare con sicurezza i corpi di fabbrica riferibili sia ai normanni sia a Federico II.

 
1) Torre dell'orologio.
2) Torre dei cipressi, a pianta pentagonale. Era anche detta Torre della Galleria o Baluardo dello Stendardo.
3) Torre della Segreteria o della Terrazza.
4) Baluardo del Leone (Torre ovest), a pianta pentagonale domina e difende quello che in epoca angioina era l'ingresso principale. In essa è presente un incavo dove si narra ci fosse il nido dell'Aquila reale di Federico II.
5) Torre dei Sette venti, a pianta quadrata, così denominata perchè, essendo la più avanzata verso la campagna era anche la più esposta ai venti. E' anche la torre più imponente e fu fatta costruire da Federico II.
6) Torre Parvula. Molto probabilmente da ricondurre anch'essa alla ristrutturazione federiciana.
7) Torre di Marcangione (Torre delle carceri), a pianta quadrangolare e di epoca federiciana. Prende il nome da un brigante che vi fu detenuto nel '600.
8) Torre della cappella gentilizia (torre della chiesa).
 
Da sinistra a destra: la torre dell'orologio, quella della cappella, quella di Marcangione (caratterizzata dalla finestra a bifora) e la torre detta parvula.
 
9-11) Palazzo baronale dei Doria. Insiste sul probabile primo nucleo normanno costituito da quattro torri quadrangolari che racchiudevano al piano terra due enormi locali a volta e su di essi altri due saloni, uno dei quali è il Salone delle Scodelle in cui furono proclamate nel 1231 le Costituzioni Melfitane.
12) Corpo di guardia (XVII sec.)
 
 
13) Cappella gentilizia dei Doria (XVI sec.). Il portale d'accesso è sormontato dalle armi dei Doria: l'aquila coronata ad ali spiegate.
 
 
14) Atrio con lo Scalone d'onore (XVI sec.)
15) Cortile della Cisterna o dell'Imperatore.
 

16) Corte principale
17) Sala del trono (epoca angioina)
18) Spalto.
19) Ponte.
 
 
20) Torre normanna inglobata nel palazzo baronale dei Doria.
21 ) Resti dell'antica cappella di epoca sveva.
22) Scuderie
 
Nella cinta muraria si aprono quattro ingressi, uno solo dei quali attualmente agibile:
a) Il primo, situato a nord est vicino alla Torre Parvula, era collegato direttamente con la campagna ed attualmente è murato;
b) il secondo, anch'esso murato e collocato nei pressi della Torre della Chiesa (8), si apre nello spalto;
c) il terzo a sud ovest, vicino al Baluardo del Leone (4), era l'ingresso principale nell'epoca angioina e permetteva di raggiungere il fossato e la città;
 
L'ingresso principale al castello in epoca angioina. A destra il baluardo del leone, con (in alto sullo spigolo esterno) il supposto nido dell'aquila di Federico II. Sullo sfondo la torre dei sette venti.
 
d) Il quarto, l'unico attivo, fu aperto dai Doria e funge da accesso al paese attraverso un ponte (19), in tempi remoti levatoio.

Ingresso principale attuale
 
Superato il ponte d’ingresso (19), si riconosce a destra la Torre dell’orologio (1), a pianta pentagonale, che costituisce il punto più avanzato della cerchia difensiva angioina.
Si entra nella cerchia di mura attraverso un portale rinascimentale sovrastato da un'epigrafe dedicatoria Ai prìncipi coniugi D Zenobia e Gianandrea Doria, grande pronotaio di questo regno e prefetto delle flotte di Filippo Cattolico Re della Spagna Melfi Fedele eresse. La Zenobia a cui fa riferimento l'epigrafe della lapide è Zenobia del Carretto che aveva sposato nel 1558 Gianandrea Doria che aveva ereditato da suo zio, il grande ammiraglio genovese Andrea Doria, il titolo di principe di Melfi concessogli nel 1531 da Carlo V d'Asburgo come ricompensa per i servigi prestati in suo favore.
La corte principale è chiusa sul fondo dal palazzo baronale dei Doria (9-11), che è costituito su tre ordini e nel cui prospetto sono visibili frammenti lapidei pertinenti alla rocca normanno-sveva. A destra della facciata si apre un’arcata, sotto la quale, ancora a destra, è l’accesso della cappella gentilizia (13). Superato un cortile, si è nell’atrio (14), da cui una scala a sinistra – detta scalone d'onore - porta al museo e un’altra scende al cortile della cisterna (15): il fabbricato sulla destra è la sala del trono (17).
 
Interno del palazzo baronale dei Doria
 
Tra il 1041 ed il 1042 nel castello di Melfi venne detenuto il catapano bizantino Exaugusto Boiannes, catturato dai normanni dopo la sconfitta di Montepeloso (3 settembre 1041).
Tra il 1059 e il 1137 vi si tennero cinque concili ecumenici, organizzati da cinque diversi Pontefici.
Nell'estate del 1059 Papa Niccolò II vi soggiornò facendolo diventare centro di importanti avvenimenti: in giugno stipulò il Trattato di Melfi, dal 3 agosto al 25 agosto celebrò il I Concilio di Melfi ed infine con il Concordato di Melfi riconobbe il diritto dei Normanni sui territori dell'Italia meridionale strappati ai bizantini.
Nel 1089, nel corso del II Concilio di Melfi, il papa Urbano II indisse la Prima crociata in Terra Santa.
Il 5 novembre del 1130 l'antipapa Anacleto II - nell'ambito di un concilio da lui convocato che, in quanto non riconosciuto dalla Chiesa cattolica, non rientra nella numerazione ufficiale - istituì la corona del Regno di Sicilia di cui fu investito Ruggero II d'Altavilla.
Durante il periodo svevo fu dimora di Federico II che nel 1231 vi promulgò le famose Costituzioni di Melfi, codice legislativo del Regno di Sicilia.
Nel 1232, Federico II ospitò al castello il marchese di Monferrato e la nipote Bianca Lancia, che divenne sua moglie e da cui ebbe il figlio Manfredi.
Con la caduta degli svevi e l'arrivo dei nuovi dominatori angioini (battaglia di Benevento, 1266), il castello di Melfi subì massicci ampliamenti e restaurazioni, oltre ad essere eletto da Carlo II d'Angiò residenza ufficiale di sua moglie Maria d'Ungheria nel 1284.
Nel 1348 la regina Giovanna I d'Angiò concesse al mercante fiorentino Nicolò Acciaiuoli il titolo di Conte di Melfi a titolo di ricompensa per la valorosa difesa che il figlio Lorenzo fece della città contro gli attacchi del re Luigi di Ungheria. Alla sua morte nel 1365 gli successe il figlio Angelo (1365-1380).
Nel 1418 la regina Giovanna II di Napoli lo concesse in feudo al suo amante Sergianni Caracciolo.
Nel 1531 infine Carlo V d'Asburgo lo diede in feudo all'ammiraglio genovese Andrea Doria come ricompensa per i suoi servigi.
Nel 1851 e nel 1930 il castello subì due violenti terremoti ma, a differenza di altri monumenti di Melfi che furono gravemente danneggiati, ne uscì quasi indenne. Rimase di proprietà della famiglia Doria fino al 1950 quando fu donato allo Stato italiano. Attualmente ospita il Museo archeologico nazionale del Melfese, inaugurato nel 1976 .









 


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