Il 29 agosto del 1463 il Guardian
grando della Scuola grande della Carità (1), Marco da Costa, e altri
confratelli si erano recati al monastero veneziano di San Giorgio
Maggiore da Bessarione per nominarlo confratello d’onore al posto
del cardinale Prospero Colonna da poco deceduto. In segno di
riconoscenza, Bessarione donò alla Scuola un prezioso reliquiario
contenente frammenti della vera croce e della veste di Cristo, già
appartenuto a una principessa della famiglia imperiale e poi donato
negli anni ‘30 da Giovanni VIII (1425-1448) al suo confessore
Gregorio Mammas, futuro patriarca di Costantinopoli (1443-1450).
Deposto dagli antiunionisti nel 1450, Gregorio III Mammas, riparò a
Roma e donò a sua volta il reliquiario a Bessarione in punto di
morte (1459). Bessarione stese l’atto di
donazione del reliquiario con la precisazione che lo avrebbe tenuto
con sé fino alla sua morte.
Nove anni piu tardi,
sentendo prossima la fine e dovendo affrontare un viaggio duro e
faticoso in Francia in qualità di legato pontificio, il cardinale
dispose che il reliquiario venisse consegnato da tre suoi emissari
che lo avrebbero portato da Bologna a Venezia. Fu così che il 24
maggio 1472 il reliquiario giunse in laguna e fu accolto prima in San
Marco e poi con solenne processione portatonella chiesa di Santa Maria della Carità e da qui nella sala dell’albergo della Scuola stessa.
Nella missiva con cui Bessarione comunicava ai confratelli la sua decisione dichiarava anche che Ornandam curavi argento quo est conclusa: et adhibendam astam, ut ad gestationem in supplicationibus sit accomodata.
Il cardinale si era quindi premurato di impreziosire il manufatto e renderlo adatto a un uso processionale dotandolo di asta d’argento; l’intervento rinascimentale è da collocare, pertanto, in un momento precedente l’arrivo dell’oggetto a Venezia e da attribuire probabilmente a maestranze centroitaliane.
L’importante donazione fu onorata dalla Scuola della Carità con la realizzazione di un tabernacolo che la potesse degnamente custodire e a chiusura dello stesso venne commissionato a Gentile Bellini un dipinto che costituiva una sorta di pala feriale in grado di evocare l’oggetto sacro quando non era esposto.
Nella tavola, oggi conservata alla National Gallery di Londra, compare il cardinale Bessarione assieme a due confratelli inginocchiati ai piedi della stauroteca raffigurata in primo piano e di proporzioni maggiori del reale.
Gentile Bellini,
Il cardinale Bessarione e due membri della Scuola della Carità
in preghiera davanti al Reliquiario, 1472
National Gallery, Londra
Il reliquiario è formato di una croce
a triplice trasversa col Crocifisso e piccoli dischi in smalto verde,
incassata in una tavoletta smaltata a stelle d'oro entro la quale
sono pure quattro piccole teche contenenti altrettante reliquie, due
targhette in argento dorato con due mezze figure a sbalzo degli
arcangeli Michele e Gabriele e due immagini di Elena e Costantino
dipinte su vetro.
La croce a triplice traversa smontata ed aperta
La parte centrale anteriore è mobile, a saracinesca. Anteriormente è in legno con una parte fissa formante cornice ed una al centro mobile a guisa di saracinesca. Sui tre lati della cornice sono dipinte sette scene della Passione (la Cattura, la Derisione di Cristo, la Flagellazione, la Salita al Calvario, la Salita alla croce, la Deposizione dalla croce e la Deposizione nel sepolcro), separate da fasce di gemme e filigrana. Nella tavola di centro, mobile, è la scena della Crocifissione, con Gesù in croce tra il gruppo delle Marie da un lato (con la Vergine con il capo nimbato), San Giovanni, il buon centurione e i soldati dall'altro.
Il reliquiario con la tavoletta centrale inserita
La tavola rettangolare così
composta è completata da un’asta d’argento di fattura
rinascimentale, che si raccorda al resto del
reliquiario con un sostegno a foglie e volute; il retro, infine, è
ricoperto da una lamina, sempre in
argento, divisa in due parti con una targa celebrativa del dono fatto
alla Scuola Grande di Santa Maria della Carità da Bessarione,
vescovo di Sabina, metropolita di Nicea e patriarca di
Costantinopoli.
Il reliquiario senza la tavoletta centrale
Eccezion fatta per
l'intervento d'innesto del reliquario sull'asta d'argento fatto
realizzare dal cardinale in Italia, la stauroteca è interamente
opera di maestranze costantinopolitane.
Lungo il bordo esterno della
croce centrale una prima iscrizione recita:
Questo tipo della croce
adorata in tutto il mondo viene adornato in argento da Irene
Paleologina, figlia del fratello dell’imperatore, per la salvezza e
remissione dei peccati.
Irene Paleologina è identificata con
la figlia di Demetrio Paleologo, il più giovane dei figli di
Andronico II e Teodora Comnena – fratello quindi di Michele IX
co-imperatore dal 1295 alla sua morte nel 1320 - che fu despota di
Tessalonica dal 1322 alla sua morte (1340 c.ca). Nel 1340 sposò
Matteo Cantacuzeno, figlio dell'imperatore Giovanni VI Cantacuzeno,
che fu nominato co-imperatore dal padre nel 1354 e persistette nel
rivendicare il trono anche dopo l'abdicazione del padre (nel novembre
dello stesso anno) fin quando non fu definitivamente sconfitto nel
1357 e si ritirò a Mistrà presso la corte del fratello Manuele,
despota di Morea. Alla morte del fratello (1380) ne ereditò il
titolo che mantenne fino alla sua morte (1383).
Il fatto che
nell'iscrizione non vi sia alcun riferimento al marito, né al suo
status di imperatrice, lascia supporre che il lavoro fatto eseguire e
celebrato da Irene sia precedente al 1354.
Una seconda iscrizione
indica Gregorio Confessore.
Per la maggior parte della critica si tratta di un'aggiunta
posteriore che indica il patriarca Gregorio III Mammas a cui la
stauroteca fu donata dall'imperatore Giovanni VIII di cui era appunto
il confessore.
Soppressa la Scuola della
Carità con il decreto napoleonico del 1806, il prezioso reliquiario fu
dapprima acquisito dal conte Luigi Savorgnan e poi dall’abate
Celotti e da questi ceduto, nel 1821, all’imperatore Francesco I
d’Austria.
Rientrata in Italia in
seguito alle restituzioni conseguenti alla guerra del 1915-1918, la
stauroteca
del cardinale Bessarione fu
assegnata alle Gallerie dell’Accademia che nel frattempo avevano
trovato sede proprio nell’antico complesso della Carità, venendo
nuovamente collocata nel locale che fu l’antica sala dell’Albergo
della Scuola.
Note:
Nel 1806, a causa del noto editto napoleonico, anche questa scuola, così come le altre, venne soppressa e destinata, insieme alla Chiesa e al monastero, prima a sede dell'Accademia di Belle Arti e poi delle Gallerie dell'Accademia.
Note:
(1) La Scuola della Carità, fondata nel
1260, era una delle più antiche tra le istituzioni laico-religiose
di Venezia nonché la prima ad aver ricevuto l'appellativo di
“grande” (tali erano solo le Scuole dei Battuti ovvero quelle
che, come tipo di penitenza, imponevano ai propri fedeli la
flagellazione).
Le vicende della Scuola, soprattutto
economiche, permisero ai suoi sostenitori di acquistare nel corso dei
secoli gran parte dell’area di proprietà del monastero adiacente,
dando così la possibilità di erigere l’Albergo, nel quale
ospitare i bisognosi, nonché di servirsi dei terreni vicini.Nel 1806, a causa del noto editto napoleonico, anche questa scuola, così come le altre, venne soppressa e destinata, insieme alla Chiesa e al monastero, prima a sede dell'Accademia di Belle Arti e poi delle Gallerie dell'Accademia.
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