E' l'unico anfiteatro romano a tre ordini, in tutto il mondo antico, che abbia conservato integro il suo mantello esterno; infatti né il Colosseo né l'Arena di Verona sono ancora in possesso del loro perimetro esterno. E' anche l'unico che abbia quattro torri scalarie, sporgenti da essa al centro di ogni quadrante.
torre scalaria
Venne costruito tra il 2 a.C. ed il 14 d.C. sotto l’imperatore Augusto, prelevando il materiale dalle note cave di pietra situate alla periferia della città ed ancora oggi esistenti.
In seguito, l’imperatore Vespasiano, che aveva commissionato il Colosseo a Roma, lo fece ampliare (secondo la leggenda, egli voleva rendere omaggio ad una sua amante del luogo).
Come il Colosseo, veniva utilizzato prevalentemente per combattimenti di gladiatori o per naumachie.
Si presume che sia rimasto intatto, seppure in uno stato di sempre maggiore trascuratezza ed abbandono, fino al XV secolo. In seguito sarebbe stato saltuariamente utilizzato come cava di pietra per alcune costruzioni della Repubblica di Venezia, oltreché degli abitanti locali. Fu oggetto di ampio restauro durante l'epoca napoleonica.
Salì all'onore delle cronache nel 1583 quando al Senato veneziano, versando Pola in uno stato di sempre maggior decadenza e desolazione, si propose di smontare l'Arena pezzo per pezzo e di ricostruirla a Venezia. A sventare tal proposito fu soprattutto l'azione del senatore veneziano Gabriele Emo e per questo suo impegno, nell'anno successivo la città di Pola pose su una torre dell'Arena, lato mare, una lapide a perenne memoria e gratitudine.
In pietra calcarea bianca, è articolato in tre ordini grazie alla sovrapposizione di due serie di archi; una parete alleggerita da aperture quadrangolari corona l’edificio formando il terzo ordine.
Dopo l'ampliamento di Vespasiano, l'ovale della pianta raggiunse le dimensioni di 132,5 m x 105. Visto dal litorale, ha un'altezza di 32,5 m, ma dato che la costruzione si erge su un pendio, il lato opposto al mare (ad est) è di altezza notevolmente ridotta: presenta solo il secondo ordine, di 72 arcate. Sempre a causa della pendenza del terreno, dalla parte del litorale gli ordini si appoggiano su un massiccio basamento.
Degli avancorpi distribuiti sulla circonferenza danno ritmo alla costruzione.
In origine la cavea, divisa in due meniani, comprendeva quaranta gradini per ospitare fino a 23.000 spettatori che si spingevano sino alla cornice tra il II ed il III ordine, al di sopra si elevava una loggia in legno.
Sopra la gronda erano infisse lunghe travi che reggevano il velario formato da spicchi di tela. Le quattro torri contenevano una doppia serie di scale di legno con transenne in pietra; sopra ogni torre vi erano due cisterne la cui acqua alimentava una fontana, faceva funzionare gli organi idraulici ed era usata per far zampillare spruzzi di acqua profumata. Le scale sono state ricostruite nella torre di nord-ovest. Sotto l'arena che aveva quindici ingressi era stata realizzata una grande fossa dalla quale, a mezzo di elevatori, si portavano all'esterno belve, persone e scene dei ludi. Sotto le gradinate si trovavano tutta una serie di magazzini, negozi e sale di ritrovo.
resti delle botteghe che si trovavano al di sotto delle gradinate
L'anfiteatro mantenne la sua funzione fino al V secolo circa, allorché l'imperatore Onorio vietò i giochi sanguinari ed i combattimenti fra gladiatori; nel V secolo iniziò quindi lo smantellamento delle opere in ferro, dei cancelli di bronzo e delle pietre dei gradini.
Nel XIII secolo il patriarca d'Aquileia emanò severe disposizioni e pene fino a 100 bisanti d'oro per ogni pietra asportata dall'Arena o dal teatro di monte Zaro. Gli ultimi prelievi di materiale dell'Arena avvennero nel 1709 per le fondazioni del campanile del Duomo.
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