domenica 24 marzo 2024

Il ritorno a Gerusalemme della vera croce di Miguel Ximenez e Martin Bernat

 Il ritorno a Gerusalemme della vera croce di Miguel Ximenez e Martin Bernat

Eraclio riporta a Gerusalemme la vera croce
olio su tavola, cm.195x115, 1481-1487
Museo di Saragozza, Spagna

Nel 614 i Persiani conquistarono Gerusalemme e la vera croce su cui il Cristo era stato crocefisso, ritrovata da Sant'Elena circa trecento anni prima e custodita nella basilica del Santo Sepolcro, fu trasportata in Persia dal re Cosroe II come bottino di guerra.
Il 12 dicembre 627 l'imperatore Eraclio I(610-641) sconfisse l'esercito di Cosroe nella decisiva battaglia di Ninive. Cosroe venne deposto e ucciso ed il suo successore, Kavadh II, accettò nel 628 la pace proposta da Eraclio e si ritirò dai territori occupati dai Sasanidi nel corso della guerra, restituendo la reliquia della vera croce. Lo stesso anno Eraclio riportò la reliquia nella basilica gerosolimitana da cui era stata predata.
La pala d'altare dipinta tra il 1481 ed il 1487 da Miguel Ximenez e Martin Bernat per la chiesa della Santa Croce del paesino di Blesa – oggi conservata nel Museo di Saragozza – illustra l'episodio del ritorno della vera croce (restitutio Sanctae Crucis) come narrato nella Legenda Aurea.
Eraclio voleva ricondurre la croce in città in pompa magna, passando attraverso la Porta d'oro, la stessa da cui era entrato il Cristo la domenica delle Palme. Quando però il corteo giunse di fronte alla porta le sue pietre crollarono e formarono un muro invalicabile. Un angelo apparve al di sopra della porta e disse: Quando il re dei Cieli passò attraverso questa porta, non lo fece in pompa magna ma a dorso di un misero asino per lasciare ai suoi discepoli un esempio di umiltà.

Udite queste parole, Eraclio scese da cavallo e, spogliatosi dei simboli della dignità imperiale, prese la croce in spalla e si avviò verso la porta. Immediatamente le pietre tornarono nella posizione originaria, liberando il passo all'imperatore.
Nel dipinto accanto ad Eraclio cavalca l'imperatrice Sant'Elena – che tra le mani giunte tiene due chiodi della crocefissione - colei che per prima ritrovò la vera croce ma che, ovviamente, storicamente non potè presenziare fisicamente all'evento della restitutio.

sabato 9 marzo 2024

Niceforo II Foca (963-969)

 Niceforo II Foca (963-969)

Nato intorno al 912 in una famiglia di antiche tradizioni militari – sia il padre Barda, sia il nonno Niceforo raggiunsero il grado di Domestikos delle Scholae - fu avviato giovanissimo alla carriera militare. Nel 945, durante il regno di Costantino VII, diviene strategos del thema degli Anatolici, carica che di solito preludeva alla nomina a comandante in capo dell'esercito. Nel 954, infatti, subentra al padre Barda – che era stato ripetutamente sconfitto dagli arabi - al comando dell'esercito di Bisanzio e passa all'offensiva contro gli arabi dell'emirato di Aleppo.


Niceforo II Foca
katholikon del Monastero della Gran Lavra, 1535, 
Monte Athos

Nel 959 l'imperatore Romano II sdoppia il comando supremo militare affiancando a Niceforo il giovane fratello Leone Foca come Domestikos delle Scholae occidentali.

L'anno successivo gli viene affidato il comando della spedizione contro l'emirato di Creta.
Il 6 marzo 961, dopo nove mesi di assedio entra a Candia (l'attuale Iraklion) e poco dopo, riportata l'intera isola sotto controllo imperiale, rientra a Costantinopoli dove gli viene tributato non il trionfo ma un'ovazione nell'Ippodromo.

Niceforo II Foca
da Codex Mutinensis, Gr.122, fol.209, 1425 c.ca
Biblioteca Estense, Modena

Niceforo si spostò quindi sul fronte orientale e nel dicembre 962 prese e mise a sacco Aleppo infliggendo un duro colpo al prestigio dell'emiro hamanide.
Molto popolare tra i suoi soldati e temuto dai nemici – era soprannominato la morte bianca dei Saraceni - il 15 marzo del 963, fu raggiunto dalla notizia dell'improvvisa morta di Romano II mentre si trovava nella roccaforte dei Foca a Cesarea di Cappadocia, fu raggiunto dalla notizia dell'improvvisa morta di Romano II. Mentre a Costantinopoli la vedova di Romano, Teofano, assumeva la reggenza per i suoi figli Basilio II e Costantino VIII, Niceforo fu proclamato imperatore dalle truppe. Il 14 agosto, il generale entrò in città e, grazie anche all'appoggio del patriarca Polieucte e di Basilio Lecapeno (1), sbaragliò la resistenza opposta dal parakoimomenos Giuseppe Bringas e due giorni dopo fu incoronato in Santa Sofia.
Basilio Lecapeno riottenne la carica di parakoimomenos che già aveva ricoperto sotto Costantino VII e fu insignito del titolo di proedros, dignità assimilabile a quella di presidente del Senato, ma di fatto puramente rappresentativa. Il fratello Leone Foca mantiene il comando delle Scholae occidentali mentre al comando di quelle orientali, Niceforo promuove uno dei suoi più fidati luogotenenti, lo stratego del thema degli Anatolici, Giovanni Zimisce. Il 20 dicembre, infine, in cambio della promessa di garantire la successione ai suoi figli, sposa nella Nea Ekklesia la vedova di Romano II, Teofano, legittimando ulteriormente la sua posizione.

Oltre ad essere un grande soldato, Niceforo era un asceta – da giovane voleva farsi monaco e dormiva in terra – e un fanatico religioso (chiese alle autorità religiose, senza ottenerlo, che tutti i suoi soldati morti combattendo contro i musulmani fossero proclamati martiri della fede) che sognava la riconquista delle perdute provincie dell'Asia minore. Zimisce fu inviato sul fronte orientale con l'incarico di prendere Adana che cadde e fu rasa al suolo prima della fine dell'anno. L'anno seguente Niceforo guidò la campagna in prima persona e prese Mopsuestia e Tarso completando la riconquista della Cilicia che era in mano agli Arabi dal VII secolo. Sempre nel 964, una spedizione guidata da uno dei suoi generali, Niceta Chalkoutzis, riportò anche l'isola di Cipro nell'orbita imperiale.

Dopo la conquista della Cilicia, l'imperatore, per ragioni non del tutto chiare, perse del tutto la fiducia in Giovanni Zimisce che rimosse da tutte le cariche e confinò nei suoi possedimenti lontano dalla capitale.

Nel 966 riprese l'offensiva in Asia minore. L'imperatore assediò senza successo Antiochia ma conquistò altre piazzeforti e impose a Tripoli e Damasco il pagamento di un tributo. Nel 968 assediò nuovamente Antiochia ma, giacchè i tempi dell'assedio si protraevano, rientrò a Costantinopoli lasciando a Michele Bourtzas e allo statopedarca Petrus (2) il compito di prendere la città per fame. Il 28 ottobre del 969 finalmente la città si arrese.

L'estensione dell'impero bizantino dopo le conquiste di Niceforo II e del suo successore Giovanni I Zimisce

Poche settimane dopo la caduta di Antiochia – nel dicembre del 969 – Niceforo venne assassinato nella sua camera da letto da una congiura guidata da Giovanni Zimisce ma a cui non furono estranei l'imperatrice Teofano e il parakoimomenos Basilio Lecapeno. Fu sepolto nella chiesa dei SS.Apostoli.

Oltre che per le conquiste territoriali Niceforo Foca è ricordato anche per le sue fondazioni ecclesiastiche. Tra queste anche quella della Gran Lavra, il più antico monastero athonita. Dopo la conquista di Creta, Niceforo destinò parte del bottino di guerra alla fondazione del monastero ad opera del monaco Atanasio – a cui in seguito fu dedicato il katholikon – di cui era stato allievo e che lo aveva accompagnato nell'impresa.


Note:

(1) Figlio illegittimo dell'imperatore Romano I Lecapeno e di una sua concubina (forse una schiava di origini bulgare), Basilio Lecapeno era nato tra il 910 e il 920 e fu probabilmente castrato per ragioni politiche già in età infantile. Legatissimo alla sorellastra Elena – moglie di Costantino VII – durante il colpo di stato dei suoi fratellastri (944) si schierò dalla parte del cognato ricevendone in cambio titoli e cariche, tra cui quella di megas baioulos, cioè responsabile dell’educazione dell’erede al trono (nella fattispecie, del giovane figlio di Costantino ed Elena, Romano). Nel 947 divenne parakoimomenos, che letteralmente indicava “l’incaricato di proteggere il sonno dell’imperatore”, ma che in realtà all'epoca, dato il rapporto di prossimità con l'imperatore che implicava, era assimilabile a quella di gran ciambellano. Sostituito nella carica con Giuseppe Bringas da Romano II, appoggiò il colpo di stato di Niceforo mettendogli a disposizione tremila uomini armati da lui assoldati.

(2) Petrus era un eunuco al servizio dei Foca che, adottato dal fratello dell'imperatore Leone Foca, intraprese la carriera militare. La carica di "Statopedarca" fu inventata ad hoc giacchè, in quanto eunuco, non poteva accedere a quella di Domestikos delle Scholae.